Particolari di alcune vicende della vita del P. Fusco

 

1. Lavori fatti dal P. Fusco a Materdomini

Sotto il rettore P. Fusco si vedeva l’abbondanza, l’ospitale accoglienza e caritatevole trattamento che si prestava in vari rincontri a moltissime persone o benefattrici o conoscenti del Collegio.

Terminato il triennio, ed iniziati i lavori dei Restauri del Collegio, fu per un altro triennio in qualità di Ministro sotto il rettore P. Vittoria. Il 1° agosto 1848 prese di nuovo possesso da rettore.

Spese Duc. 36 per una Nuova Cantina; duc. 30 per 11 Porte allo Studentato; Duc. 11 per il Portone nel Giardino (dove ora è il Portone della Casa del Pellegrino); Duc. 13 per astrico e Focagna nell’Antica Cucina del Romitaggio (attuale Refettorio invernale o dei Forestieri sotto la Biblioteca).

Per il Muraglione di prospetto al Collegio e di sostegno verso il Campanile, pel Canalone di piombo di cantaia nuove sul tetto, per le Lamie di tutto sesto, pei nuovi pavimenti, pei Luoghi immondi, Lavamani, Finestre e Finestroni, Cancellate di ferro, Muro a mattoni che divide il corridoio dalle stanze, pel Prosieguo di Fabbrica dai due bassi (appresso l’Ufficio Postale ch’era l’Antica Cucina unita al Refettorio, ora Tipografia).

Per due stanze al 1° Piano, e la Sala Grande al 2° Piano, pei balconi e Loggia (che cadde) con Ringhiera, per la Nuova Cantina a Settentrione ricacciata nella roccia, per la nuova lamia [volta] nella Cucina vicina alla Cisterna; per la Cappella di S. Alfonso, volta, rigiale Altare di marmo venuto da Napoli, balaustrato di marmo all’Altare Maggiore, due altari di marmo a S. Vitale e S. Colomba ecc. ecc. Spese in tutto Duc. 7.877.50 (Architetto Luigi Ferretto).

(Cronaca di Materdomini pag. 433).

 

2. La persecuzione contro P. Fusco
al tempo della soppressione

Appena succeduto il cambiamento di Governo, il 25 giugno 1860, una ventina di sanfedisti di Caposele, di Laviano e di Colliano, uomini rotti ad ogni nequizia, e quasi tutti denunziati nel passato Governo, camuffandosi sotto la maschera di Liberali zelanti ed esaltati, formarono una combriccola nell’unico scopo di rapinare le proprietà ed i beni tutti del Collegio dei PP. Liguorini di Caposele.

Il P. Raffaele Fusco, rettore, si oppose energicamente al meditato ladroneggio con tutti i mezzi permessi dalle Leggi in vigore.

Giuseppe De Vecchis, Sindaco allora di Colliano che capitanava la sanfedista consorteria con mano armata, con violenza si era già impossessato del principale feudo dei Liguorini, detto «Bisignano», appropriandosi i frutti maturi, e saccheggiando la Casa rurale.

Il Rettore Fusco querelò il ladroneggio commesso dal De Vecchis coi suoi satelliti, e, mentre il Potere Giudiziario eseguiva il Processo, il Governatore della Provincia sospese il Sindaco suddetto senza mai più reintegrarlo.

Infrenata in tal guisa la cupidigia dei tristi, il loro odio scoppiò violento ed implacabile contro il P. Fusco e Gaudioso Fuselli, avvocato del Collegio dei Liguorini, amico e parente di P. Fusco.

Le più spudorate e calunniose denunzie furono tosto spiegate contro di Fusco e Fuselli, qualificandoli razionari e nemici dell’attuale Governo.

Con imponente forza armata fu subito spedito in Caposele il Giudice di Eboli, delegato ad eseguire una minuta e rigorosa perquisizione domiciliare nel Collegio dei Liguorini, e con ordine di arrestare il rettore Fusco, se si fosse trovato qualsiasi oggetto criminoso in detto Collegio.

Nulla fu rinvenuto con pieno trionfo della calunniata innocenza.

Dopo pochi giorni si ripeterono nuove denunzie di simile natura, per lo che fu sottoposto il rettore Fusco ad un rigoroso processo politico, compilato dal Giudice Istruttore Mundese, ma il risultato di detto processo comprovò luminosamente l’innocenza di P. Fusco.

Questa seconda sconfitta neppure scoraggiò i suoi nemici, che, prendendo motivo di un popolare disordine avvenuto in Valva, nel giorno della votazione del plebiscito, avanzarono nuove denunzie contro di Fusco e Fuselli, accusandoli per autori di quello sciocco e vituperevole attentato.

Un Giudice della Criminale Corte di Salerno fu tosto spedito sopra luogo per istruire un novello processo, e, benché il Magistrato Istruttore per circa un mese avesse alloggio in casa di Giuseppe De Vecchis, capo dei denunzianti, e nemico dichiarato di Fusco, pure il risultato di quest’altro processo fu una seconda e più splendida dimostrazione dell’innocenza di Fusco e Fuselli.

Fu allora che un grido generale di intere Popolazioni reclamarono la punizione dei ladri calunniatori, ma un troppo generoso perdono del Fusco fece restare impuniti i suoi nemici.

Questa nobile e religiosa condotta del P. Fusco lungi però dal fare arrossire i calunniatori ne accrebbe la temerità e l’audacia.

I conati di cospirazione borbonica ultimamente scoperta in Napoli con l’arresto del Duca di Caianello, fornì nuovo pretesto ai Sanfedisti di ripetere le antiche calunniose denunzie contro Fusco e Fuselli.

Disgraziatamente però in quest’ultimo assalto i calunniatori furono accorti di guadagnarsi ad allarmare, e trarre in inganno con ogni sorta di mezzi l’Intendente di Campagna ed il Delegato di Pubblica Sicurezza Giovanni De Vecchis.

Una nuova e più rigorosa perquisizione domiciliare fu eseguita nel Collegio dei Liguorini ed in casa di Gaudioso Fuselli in Laviano, e, benché nessuno oggetto criminoso si fosse trovato, come risulta dai rispettivi verbali; pure, calpestandosi ogni legge, furono arbitrariamente arrestati il rettore Fusco e Fuselli, e tradotti nelle Prigioni Centrali di Salerno il 13 aprile 1861.

I detenuti consci della loro innocenza e dell’illegalità dell’arresto reclamarono alle Autorità competenti. Fatto il Processo, risultarono innocenti perché false tutte le accuse.

[Quivi fu trattenuto per tre mesi in carcere, finché un Magistrato onesto, avendolo esaminato, non trovò nel Processo luogo, per assoluta mancanza di reità, a deliberare...].

 

3. Interrogatorio del Presidente al processo

 

D. Sapete la ragione del vostro arresto?

R. La ignoro, rispose il P. Fusco. Il 13 del passato Aprile si presentò al Collegio il Delegato di P. S. Sig.r Giov. Vecchi, e mi rese ostensiva una lettera ufficiale dell’Intendente di Campagna, colla quale si ordinava di farmi una visita domiciliare, e se nulla si fosse trovato di criminoso, fossi stato invitato di presentarmi al Governatore di Salerno. Ed infatti nulla si trovò, e nulla poteva trovarsi di criminoso, ed io per ubbidire agli ordini, mi recai in Salerno, e fui menato in carcere.

D. Voi siete incolpato di cospirazione contro l’attuale Governo ed a vantaggio del Borbonico, ed è perciò che promovete reazioni ed anche arruolamento. Che avete a dirmi?

R. È questa una calunnia, e debbo credere che mi venga da coloro che volevano impossessarsi dei beni del Collegio, tanto che il 15 settembre 1860, il Sindaco, allora di Colliano, Giuseppe De Vecchis cogli altri suoi aderenti Donato Gaudioso, Antonio Jannarella, Vito Strozzi.... s’impossessarono del cospicuo fondo del Collegio, denominato «Bisignano», scassinando la Casina ed appropriandosi di quanto nel detto fondo esisteva, e tutto ciò il fecero a mano armata.

Fui perciò costretto per adempimento dei miei doveri di chiamare i suddetti in Giudizio con citazione del 3 ottobre, ed essi allora consci della responsabilità dei fatti allusivi consumati, abbandonarono il fondo, ed io sospesi ogni altro giudiziario procedimento, benché fossero stati tenuti non solo di reato, ma anche di gravi danni, dei quali avrebbero dovuto indennizzare il Collegio.

Questa mia condotta doverosa mi fece dei nemici... Non ho mai cospirato, e non mi si doveva fare il torto di credermi così sciocco da cospirare. Ho sempre rispettato le Leggi ed il Governo, ed ora specialmente.

D. Conoscete D. Gaudioso Fuselli di Laviano e D. Giuseppe Gaetano Cardone di Colliano?

R. Conosco D. Gaudioso perché marito della sorella di D. Gaetano Cardone che ha sposata una mia nipote, ed è anche il Fuselli avvocato del Collegio, del quale assunse la difesa contro D. Giuseppe de Vecchis.

D. Voi siete stato in stretta familiarità con Ferdinando Borbone e col di lui figlio Francesco, si rende facile quindi il supporre, che voi possiate cospirare per i Borboni e contro l’attuale Governo.

R. Io non ho neanche una volta sola veduto Francesco. Dovetti vedere più volte dall’agosto 1850 Ferdinando, allora Re delle Due Sicilie, per una persecuzione sofferta ingiustamente, e fui sempre da lui accolto con benignità, ed in onore del vero debbo dire che mi fece rendere giustizia. Ritornato poi in Caposele nel 1854, non vidi più Ferdinando Borbone e non ebbi più niun altra ragione di vederlo.

È anche dunque una calunnia col dirsi che io era con lui in familiarità, e ciò si dice bugiardamente per far credere che io potessi cospirare contro il presente Governo, che rispetto come ne rispetto le leggi.

Chiedo in fine che venissero intesi sulla mia condotta politica e morale i seguenti testimoni D. Pasquale Notaio Russomanno, D. Achille Corona, Ufficiale della Guardia Nazionale, D. Carlo Corona, Sindaco. Tutti e tre di Caposele.

 

4. Sequestro ed esproprio del Collegio di Materdomini

Quando gli agenti del Governo si recarono nel Collegio dei Liguorini di Caposele per la presa di possesso, il P. Fusco Raffaele, Rettore di quella Comunità Religiosa, trovavasi assente.

Dimorava allora in Collegio il fu P. Isaia Marano, vecchio ottuagenario e quasi scimunito per l’infermità, e benché estraneo all’amministrazione delle rendite del Collegio, fu obbligato il povero vecchio a consegnare le chiavi dell’Archivio, e sottoscrivere materialmente verbali senza intenderne il contenuto e le conseguenze.

Consegnati, quindi, a casaccio, e senza chiarimenti, le scritture, i titoli, i libri di registro e tutto il rimanente dell’Archivio, gli equivoci ed errori si resero inevitabili in tutte le forme.

Tra le altre gravi inesattezze primeggia, (così scrive il P. Fusco), quella di essersi prese per base della rendita le ultime Scritture di locazione formulate in tempi calamitosi, quando cioè le numerose bande dei così detti «Garibaldini» sotto pretesti politici avevano depredate le proprietà dei Liguorini di Caposele, scassinando le porte delle case rurali, rubando i prodotti agricoli ivi contenuti coi frutti pendenti, e fin anche dividendosi arbitrariamente le terre.

In tali critiche circostanze si pensò a scegliere il male minore, fittando i principali terreni a prepotenti coloni per un tenuissimo estaglio, di talché si fu in necessità di dare a locazione ad un tale Gaetano Cardone di Colliano un fertilissimo fondo, detto «Bisignano», di moggia 90 pel meschino estaglio di annue L.500; mentre lo stesso fondo tenuto precedentemente in amministrazione rendette, complessivamente in un decennio, annue L. 3.500,00.

Non fa meraviglia se la rendita calcolata su tali erronei fattori, fu trovata insufficiente per l’assegno dell’intera Pensione Legale il 17 febbraio 1861.

 

5. Protezione di Maria SS.ma

In una delle escursioni fatte dal P. Fusco da Caposele a Furore, suo paese natio, avendo divisato fare la via di Mare, noleggiò un piccolo vascello a Salerno e vi s’imbarcò con altre persone.

Si era giunto presso la costa di Cetara, quando il mare alterossi talmente che più non si poteva andare né innanzi, né indietro col pericolo evidente di rovesciarsi la Barca in uno coi viaggiatori.

Il P. Fusco invocò l’aiuto di Maria SS. ed all’istante un’onda fortissima di acqua sbalzò la Barca sull’asciutta rena con spavento e terrore di tutti. Ognuno ne riportò qualche contusione, nulla però il pio e devoto P. Fusco. (Relazione di F.llo Rocco Petrucci)

 

6. Una fabbrica di cotone

Un certo Wenner, svizzero, padrone delle Fabbriche di cotone a Scafati, capitato una volta a Caposele, forse invitato dal P. Fusco a bella posta, osservò il magnifico fiume Sele, e la limpidezza delle sue purissime acque.

«Che peccato, discorrendo col P. Fusco, andava dicendo, avere un mezzo si opportuno all’industria e commercio, e non profittarne»!

«E quale idea avreste voi, disse Fusco al Wenner? - Io, riprese questi, volentieri vi fonderei uno Stabilimento su questo Fiume, purché avessi il Regio assenso di essere esente dalla Fondiaria per tre anni.

Ebbene, riprese il P. Fusco, datemi alcuni giorni di tempo che vi porterò il Regio assenso.

Dopo brevissimo tempo, P. Fusco fu a Napoli, ed ottenne più di quanto aveva chiesto, cioè il Regio assenso e l’esenzione dalla Fondiaria per 18 anni.

Però il popolo di Caposele vi si oppose, temendo la corruzione dei costumi e nulla si conchiuse. (Relazione del P. Popoli C. SS. R.)

 

7. Strada nuova da Caposele a Materdomini

Il Collegio di Materdomini mai ha goduto tanta stima, rispetto e venerazione quanto sotto il P. Fusco. Era questi in grande intimità coi ministri Ajassa e Gallotti, nonché col Re e con tutte le Autorità delle Due Sicilie civili ed ecclesiastiche. A tutti soleva far giungere della cacciagione; e perciò aveva per suo conto ben 14 cacciatori.

Un giorno, il Re Ferdinando II mostrò desiderio di venire una volta alla Tomba del Taumaturgo Fratello Gerardo; e allora fu che il P. Fusco diè subito principio ai restauri del Collegio, ed in pochi anni lo cambiò in una vera Reggia.

Ottenne altresì dal Re ben 40 mila ducati, (come mi diceva il P. Mautone Vincenzo) per fare la Strada Nuova, nel 1855, dal Ponte Sele a Materdomini; e molti altri favori.

Il Re aveva tale concetto di P. Fusco che un giorno si lasciò dire: «Vorrei avere un Ministro come P. Fusco». Voleva nominarlo Bibliotecario...