10 – Il Venerabile P. Vito Michele Di Netta
di P. Claudio Benedetti, 1903 – traduzione di P. Antonio Panariello, 1998.
Le date ufficiali
dal Catalogus Sodalium.
- Nascita = 26-feb-1787
- Morte = 03-dic-1849
- Professione = 29-gen-1806
- Professione ripetuta = 25-apr-1808
- Sacerdote = 30-mar-1811
- Eroicità virtù = 7-lug-1935 (Decreto di Pio XI)
Il profilo (le date sono state conformate a quelle ufficiali)
Il Venerabile P. Vito Michele di Netta, apostolo della Calabria, nacque a Vallata, città della Irpinia, il 26 febbraio 1787. Aveva, oltre alla mitezza e all’obbedienza verso i genitori, un’indole così incline alla pietà che era a tutti caro ed era chiamato santo. Ben presto si applicò alle lettere. I coetanei, vedendosi superati da lui e non riuscendo a frenare lo sdegno, gli rivolgevano parole offensive, alle quali egli opponeva sempre una grande calma.
Dopo aver appreso sufficientemente la lingua latina, fu accolto nel seminario di S. Angelo dei Lombardi e finché vi rimase, fu un modello, proposto agli altri, di pietà e di applicazione. Poi capì di essere chiamato nell’Istituto liguorino e non ebbe pace finché non raggiunse lo scopo. In quel tempo, però, a Napoli era stata approvata una legge che vietava ai superiori della Congregazione di Alfonso di accogliervi alunni senza il permesso del re. Ecco perché il servo di Dio fu accolto il 1° aprile del 1805 come membro dai Redentoristi della giurisdizione pontificia a S. Angelo a Cupolo, un centro vicino a Benevento. Qui fu rivestito dell’abito redentorista ed iniziò il noviziato e infine fu ammesso alla professione.
Ma da qui, passato appena un anno, per la nequizia dei tempi che cresceva di giorno in giorno, fu cacciato e dovette ritornare tra i suoi a Vallata. Dopo un anno, con l’aiuto di Dio, fu ammesso nel noviziato di Ciorani.
Appena vi arrivò, manifestò chiaramente che tendeva alla perfezione con passi da gigante. Traspariva in lui l’entusiasmo nell’obbedire, il rispetto meticoloso delle norme, il desiderio intenso di pregare. Alcuni mesi dopo fu mandato a Deliceto in Puglia, dove, professata per la seconda volta la regola scelta il 25 aprile del 1808, e terminato il corso di filosofia e di teologia, fu ordinato sacerdote il marzo 1811.
Allora il desiderio di propagare il nome di Dio, mai spento, divenne più vivo. Perciò decise di dedicarsi con tutte le forze al ministero apostolico ottenendone il permesso dai superiori. Fu inviato in Calabria e arrivatovi predicò le sante missioni. Aveva svolto un buon lavoro quando fu chiamato nel collegio di Ciorani a ricoprire l’incarico di Maestro dei novizi. Fa piacere sentire i novizi, ancora viventi, che ne lodano la guida assennata, il portamento modesto, la parola affabile, i dolci rimproveri e la preghiera instancabile.
Ma, nonostante la permanenza in Calabria fosse stata breve; l’invio di locali delegazioni ottenne che ritornasse a Tropea, da dove era andato via. Qui ripreso il ministero apostolico, passò predicando di città in città e lo fece sino alla morte: fu ritenuto un miracolo il fatto che una sola persona abbia affrontato tante fatiche. Per suo mezzo uomini violenti si convertirono e tornarono sulla buona strada; scomparvero scandali annosi ben radicati; fu arginata l’impudenza delle prostitute; tacquero le bestemmie contro Dio; furono distrutte le armi omicide; bruciati i libri fonte di corruzioni; la zizzania fu strappata dal campo del Signore; la religione e la pietà ricomparvero.
Nonostante la grande mole di lavoro apostolico, mai trascurò se stesso. Il suo tenero amore a Gesù e alla Vergine, la perseveranza nella preghiera, le penitenze fisiche, la carità inesausta, e lo splendore di altre virtù, lo fecero apparire un altro S. Alfonso.
Morì piamente a Tropea il 3 dicembre 1849.
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