In memoria di P. Alfonso Vitale redentorista (1937-2018) – Italia.
Carissimi,
nella prima mattinata di lunedì 19 marzo u.s., smetteva battere il cuore di P. Alfonso Vitale (1937-2018). La Chiesa celebrava la solennità di san Giuseppe, che la tradizione cristiana invoca come patrono della buona morte. Il confratello era ricoverato da qualche giorno nel reparto di cardiologia dell’ospedale San Leonardo in Salerno per esami di controllo, in vista di un possibile intervento, tutto da valutare. Una “anemia severa” era il dato clinico che faceva più preoccupare, ma nulla lasciava presagire che in breve tempo sarebbe avvenuto il decesso, per arresto cardiaco.
I funerali si sono svolti nel pomeriggio di mercoledì 21 marzo nella Basilica di sant’Alfonso in Pagani, con una straordinaria partecipazione del popolo di Dio. Ha presieduto l’eucarestia il Vicario Provinciale P. Antonio Perillo. Numerosi i confratelli presenti, in un ambiente a dir poco commosso, per un distacco tanto doloroso.
P. Alfonso ci ha lasciati “alla maniera sua”. Uomo schivo per eccellenza, non poteva smentirsi nell’ultimo atto della sua vita terrena. Se una costante dei suoi giorni era stata il non voler disturbare o allarmare nessuno, lui ci è riuscito fino alla fine, andandosene in punta di piedi.
P. Alfonso Vitale era nato il 5 gennaio 1937 ad Angri. Aveva quindi da poco compiuto 81 anni. Dopo aver emesso la professione temporanea il 29 settembre 1954 a Sant’Angelo a Cupolo e quella perpetua il 5 aprile 1958 a Ciorani, fu ordinato a Pagani per le mani di Mons. Zoppas il 18 marzo 1962: il giorno precedente la sua morte aveva dunque compiuto 56 anni di vita sacerdotale.
Assegnato come Assistente degli Aspiranti alla comunità di Lettere, qui trascorse ben sedici anni. Altra lunga permanenza la fece registrare a Colle Sant’Alfonso, dove ha risieduto per ben trentasette anni: dal 1978 al 2015, anno in cui, a causa di un persistente problema alle vie respiratorie, si è pensato di trasferirlo a Pagani. Fino all’ultimo si è reso disponibile alle esigenze della comunità, accettando l’impegno della prima celebrazione mattutina e facendosi presente per il sacramento della riconciliazione. Questa disponibilità egli l’aveva manifestato per tutta la sua vita, collaborando per anni alle celebrazioni domenicali nelle parrocchie vicine alle nostre case: a me sovviene ad esempio la pluriennale sua presenza alla parrocchia “Ave Gratia Plena” (o S. Maria della Neve) in Torre Annunziata.
Ma per la maggior parte di noi P. Alfonso rimarrà “il maestro”, “il compositore”. Presso il Conservatorio di Salerno ha insegnato per circa quaranta anni Armonia e Contrappunto. Ma instancabile è stata la sua attività nel comporre Cantate, Inni e Odi sacre per un utilizzo di volta in volta liturgico o devozionale, in gran parte nel solco della tradizione alfonsiana e redentorista. Innumerevoli i brani da lui composti, affidati in gran parte alla esecuzione del Coro Polifonico Alfonsiano e alla direzione del P. Paolo Saturno, il confratello con cui P. Alfonso ha allacciato un sodalizio straordinario quanto efficace, tutto al servizio della gloria di Dio e della valorizzazione di un “tesoro” proprio della nostra spiritualità.
Nel passaggio terreno del P. Alfonso, il mistero del Cristo Redentore ha avuto come delle “risonanze” – mi si permetta il ricorso al gergo musicale – tra le quali vorrei evidenziare le seguenti.
La responsabilità che abbiamo di fronte ai talenti, che Dio ci affida. P. Alfonso aveva la musica nel sangue, e ne ha fatto il suo modo precipuo di annunciare il vangelo. All’inizio gli è costato andare un po’ controcorrente, accettando qualche incomprensione per via del suo modo inusuale di essere Redentorista, e delle ore “fuori casa” che l’insegnamento gli richiedeva. Ma la sua integrità personale e la sua laboriosità gli hanno permesso di sfatare qualche diffidenza, e di proseguire per la sua strada, fatta di molti sacrifici ma anche di tanta creatività. Il suo amore a sant’Alfonso lo ha manifestato nella rielaborazione filologica del patrimonio musicale proprio del nostro fondatore, esibendo genialità creativa e al contempo un sesto senso di quelle che erano e sono le attese del popolo: lo stesso – oggi come nel XVIII secolo – per il quale il de Liguori spese energie e talento.
L’umiltà. Alle luci della ribalta, P. Alfonso preferiva l’aria di dietro le quinte. Chi non lo conosceva, si sorprendeva a vederlo come un membro qualsiasi del Coro Polifonico Alfonsiano, accanto a ragazzi alle prime armi o a persone più attempate che facevano della musica niente di più che un proprio diletto. Piccolo di statura, lo era anche nella sua volontà di apparire, anche se aveva tutte le carte in regola per rivendicare attenzione.
L’atteggiamento costruttivo. Non so se è vero quel che si dice di papa Francesco: che sulla porta del suo studio campeggia un cartello con su scritto Vietato lamentarsi. Se non è vero, è in linea col suo magistero, nel quale denuncia la sterilità della critica corrosiva o lo sport della lamentela, nel quale incappiamo spesso come singoli e come comunità. Personalmente non ho sentito mai P. Alfonso indulgere… in questo sport. Forse la musica gli aveva insegnato che quel che conta è “creare”, il resto può funzionare al massimo come rumore, e come tale va messo molto sullo sfondo, e possibilmente silenziato.
Sono certo che da qualche parte in paradiso P. Alfonso sarà chiamato a comporre e magari dirigere belle armonie. La sua testimonianza sia uno sprone in più perché questa armonia la cerchiamo, la componiamo e la riproduciamo nella nostra vita, al servizio del popolo di Dio e in primo luogo dei semplici e dei poveri.
Possano la Madonna del Perpetuo Soccorso, sant’Alfonso e tutti i nostri santi e beati accompagnare P. Alfonso all’abbraccio eterno dell’amore di Dio.
In Cristo Redentore
P. Serafino Fiore cssr
Superiore Provinciale
Prot. P026/2018
Ciorani, 29 marzo 2018
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