Vita Redentorista – Rubrica quotidiana – 28 dicembre
Questo giorno vissuto con spirito redentorista
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1. Dalle Costituzioni e statuti
Alcune parole fondamentali – Amore.
I Redentoristi proclamano l’amore del Padre che «ci ha amati per primo»; coltivano lo spirito di contemplazione per partecipare all’amore del Figlio verso il Padre e verso gli uomini; mossi dall’a. reciproco, si sforzano di attuare quanto è stato deciso dalla comunità. L’amore verso Dio e quello verso il prossimo sono una unica cosa. – Il divino Redentore e il suo Spirito di amore sono presenti nella comunità per formarla e sostenerla. La risposta di amore al Signore, che “ci ha amati per primo”, è alla base della professione religiosa. L’amore di Cristo verso la Chiesa è significato e contenuto nel voto di castità. L’amore fraterno è salvaguardia della castità.
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2. Pensiero e testimonianza sulla Virtù del mese: Amore alla Croce.
- È duro soffrire quando si soffre senza un fine. Ma la sofferenza è singolarmente addolcita quando si vede in essa un bene amabilissimo. E in questo modo la nostra Regola ci fa guardare la sofferenza. Essa vuole che noi portiamo la croce e ci predica l’amore di questa croce divina. (P. Desurmont).
- Testimonianza = P. Bernardo Apice. – Leggi tutto.
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3. Redentoristi nel Mondo
Redentoristi d’Italia – Napoli
2013 – Sant’Alfonso canta il Natale con la Chiesa
Nei suoi novantuno anni di vita sant’Alfonso è stato sempre in perfetta sintonia con la Chiesa. Ha scritto oltre centodieci opere. Tra queste giganteggiano la Teologia morale, Le glorie di Maria, le Visite al SS.mo Sacramento e a Maria santissima, la Pratica di amare Gesù Cristo, le Massime eterne e tante altre ancora. In tutte le sue opere, lette, studiate, passate meticolosamente al vaglio dai censori ecclesiastici per scovare qualche espressione oppure qualche frase che non fosse pienamente conforme agli insegnamenti della Chiesa, e quindi d’ostacolo al conferimento del titolo di Doctor zelantissimus, non si è mai trovato alcunché di discordante con l’autentica dottrina di Roma.
Eppure tale uniformità, almeno in un’ottica didattico-pedagogico – pastorale, non appare così emblematica come nella scelta della celebrazione del Natale.
Vediamone i motivi.
Chi sa o può dire in quale giorno dell’anno e in quale ora della giornata è nato Gesù? Nessuno. Quando si affrontò questo problema san Giuseppe era morto, la Madonna era stata assunta in cielo. Sicché, se attraverso san Luca conosciamo la circostanza della nascita del Redentore – il censimento ordinato da Ottaviano Augusto ed eseguito in Palestina per comando dal governatore Quirino – ne ignoriamo comunque giorno e ora. Anche l’anno preciso ci sfugge a causa dell’errato calcolo di Dionigi.
A fronte di queste premesse, la Chiesa che cosa ha fatto? Con un’intuizione veramente eccellente ha fissato tale data al 25 dicembre e alla mezzanotte di tale giorno. Perché mai? Perché in quell’ora di quel giorno l’umanità, che divide l’anno secondo il calendario solare, fissa l’inizio del nuovo percorso annuale. Infatti si sa che il 25 dicembre è il primo giorno dopo il solstizio d’inverno, cioè il giorno nel quale il sole rinasce per un novello corso di crescita fino al 21-24 giugno per poi decrescere fino al 21-24 dicembre.
Il paganesimo precristiano conosceva tutto ciò e celebrava il dies natalis invicti solis (il giorno di nascita del sole invincibile) con riti idolatri. Sull’esempio di Gesù, che affermò di non essere venuto ad abolire ma a perfezionare, la Chiesa non si scagliò contro la festa pagana ma, con acutezza psicologica e tatto pedagogico, trasformò pastoralmente il dato pagano in autenticità cristiana indicando in Cristo il nuovo e vero Sole di giustizia, di amore e di pace.
S. Alfonso per cantare il Natale, non crea una nuova melodia per intonare i versi del suo Tu scendi dalle stelle, ma ne utilizza una preesistente, patrimonio di gente comune. Le note della sua lirica pastorale avevano almeno tre secoli di vita. Le aveva già utilizzate nel Cinquecento Giovanni Pierluigi da Palestrina per il suo mottetto natalizio Dies sanctificatus riadoperato per la sua omonima messa parodia. La adopereranno successivamente Haendel e Domenico Scarlatti, ambedue contemporanei di Alfonso.
Nella scelta di quella melodia che cosa ha fatto, dunque, il Fondatore dei Redentoristi? Ha assunto la stessa strategia didattico – pedagogico – pastorale della Chiesa: è andato incontro al popolo, ne ha attinto una melodia, ne ha sublimato le note e l’ha restituita come prodotto uguale e diverso. Il popolo, da parte sua, l’ha riconosciuta come orgogliosamente propria, anche se abbellita e nobilitata. Dunque l’azione di Alfonso de Liguori, nella celebrazione del Natale, è sintonizzata appieno su quella della Chiesa.
È nato così “il canto, senza il quale- a dire di Giuseppe Verdi – Natale non è Natale”, o “il canto che fa il Natale”, come afferma il redentorista, p. Alfonso Amarante. Ma si potrebbe aggiungere anche il canto che si identifica con il Natale, come affermò Stelvio Cipriani.
Infatti, qualche tempo fa chiesi al noto autore della colonna sonora del film Anonimo veneziano, di rimusicare il testo alfonsiano. Mi rispose: “Posso solo riorchestrarlo o arrangiarlo, ma non posso neppure immaginare di rimusicarlo perché il Tu scendi dalle stelle è quello, e non può essere nessun altro, neanche con una musica più bella. È nato così e non potrà mai essere diverso da quello che è”.
La pastorale per eccellenza di sant’Alfonso M. de Liguori ormai è patrimonio dell’umanità. Le sue note riecheggiano nel Natale delle città e delle campagne, nella vita dei ricchi e dei poveri, nella storia dell’Europa e degli altri continenti con le stesse note, con le stesse parole.
Il Tu scendi dalle stelle alfonsiano è il simbolo del canto che affratella uomini di razze, religione e culture diverse; è l’inno natalizio che, per un giorno almeno, annulla le differenze, e abbraccia tutti nella stessa gioia: la gioia del Natale.
Pochi conosceranno l’oratorio di Lorenzo Perosi, il Natale del Redentore, o il Concerto per la notte di Natale di Arcangelo Corelli, ma tutti conoscono il Tu scendi dalle stelle come quegli indonesiani dell’isola di Flores raccolti nella chiesa delle Suore Sacramentine di Ruteng, davanti ai quali, nel febbraio del 2012, celebrando l’Eucaristia e non potendo spiegare con le parole chi ero, pensai di dire solo: “sono un redentorista figlio di quel Santo il quale ha composto Tu scendi dalle stelle”. E del quale subito dopo intonai le prime note. Esse furono accolte con uno scrosciante applauso seguito da cento voci inneggianti con il cuore di Alfonso a quella pace che cantarono una volta gli angeli sulla capanna di Betlemme nel terso cielo di Palestina.
Paolo Saturno C. Ss. R
(da “In cammino con San Gerardo, dicembre 2013, pp. 26-27.)
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4. Un Canto natalizio di S. Alfonso
Tu scendi dalle stelle
Tu scendi dalle stelle, o Re del Cielo,
e vieni in una grotta al freddo, al gelo.
O Bambino mio Divino,
io ti vedo qui tremar.
o Dio beato,
e quanto ti costò l’avermi amato!
Tu dormi, o Ninno mio, ma intanto il Core,
non dorme no, ma veglia a tutte l’ore:
deh mio bello e puro Agnello,
a che pensi dimmi Tu?
O Amore immenso,
a morire per te, rispondi, Io penso.
Dunque a morir per me Tu pensi, o Dio,
e ch’altro amar fuori di Te poss’io?
O Maria, Speranza mia,
s’io poc’amo il tuo Gesù,
non ti sdegnare,
amalo Tu per me, s’io nol so amare.
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5. Una immagine al giorno.