Vita Redentorista – Rubrica quotidiana – 27 dicembre
Questo giorno vissuto con spirito redentorista
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1. Dalle Costituzioni e statuti
Alcune parole fondamentali – Abbandonati.
Gli uomini più abbandonati, ai quali la Congregazione è inviata, sono coloro che non hanno potuto avere ancora dalla Chiesa i mezzi sufficienti di salvezza. Le altre categorie di abbandonati. (Cost. 3; 4; 14; 09; 010). Al tempo di
sant’Alfonso erano a abbandonati la gente di campagna.
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2. Pensiero e testimonianza sulla Virtù del mese: Amore alla Croce.
- La vita religiosa è vita di espiazione. Se spontaneamente ci siamo consacrati e dedicati al Signore. Egli può disporre di noi sua eredità e proprietà; secondo a Lui piacerà… a noi, membra viventi di Cristo, è riservata la sua stessa sorte. Egli ci comunica il grande privilegio di essere sulla terra le vittime espiatrici del genere umano. Beviamo dunque lo stesso calice della sua salutare passione… Rammenta l’alto onore di essere socia della Passione di Gesù! (P. Giuseppe Leone).
- Testimonianza = S. Clemente. – Leggi tutto.
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3. Redentoristi nel Mondo
Redentoristi d’Italia – Napoli
2013 – S. Alfonso e “Tu scendi dalle stelle”
Duemilatredici. Non solo l’Italia, ma tutto il mondo celebra il secondo centenario della nascita del compositore Giuseppe Verdi. Sì, va bene, ma perché iniziare un articolo su s. Alfonso proprio con questa memoria? Perché Verdi di s. Alfonso apprezzava non solo la Theologia Moralis e l’ascetica, ma anche la sua arte. La conferma la troviamo in un episodio della vita del Maestro di Busseto.
È l’anno 1890. Verdi ha già scritto molte delle sue opere e si trova a Genova, nel palazzo Doria. È Natale e partecipa alla s. Messa di mezzanotte. Ascolta attentamente il coro che esegue il Tu scendi dalle stelle e, al termine, esclama entusiasta: «Stupendo, stupendo… Senza questo canto di s. Alfonso Natale non sarebbe Natale! Tu scendi dalle stelle è il canto che fa il Natale!».
Il 25 dicembre 1223 a Greccio, in Umbria, con Francesco d’Assisi nasce il primo presepio vivente. Cinquecentotrentadue anni dopo, nel dicembre del 1755 a Nola, in Campania, nasce Tu scendi dalle stelle. L’affinità tra Francesco e Alfonso non è casuale. Anche le origini del celebre canto natalizio sembrano tratte dai Fioretti e sfumano tra brume magiche, prodigiose.
Ma come e dove è nato questo canto che fa il Natale?
Alfonso si trova a Nola per un corso di predicazione ed è ospite del sacerdote don Michele Zambadelli. Tra una sbirciata e l’altra, l’accogliente sacerdote si è accorto che il predicatore, per l’imminente Natale, ha preparato un canto davvero geniale, per parole e musica, e gli chiede il permesso di copiarlo. Tuttavia, l’autore si rifiuta di pubblicizzarlo prima che venga stampato e se ne va in chiesa, lasciando il prezioso manoscritto sul tavolo. A sera, Alfonso intona il nuovo canto davanti al popolo e a don Michele estasiati. Ma ecco che, ad un fratto, il cantore, fingendo di non ricordare alcuni versi, si rivolge al chierichetto che gli è accanto: «Va’ a chiedere a don Michele la copia della canzone. L’ha in tasca!».
Al messaggio don Michele diventa rosso e sta per consegnare il foglio, ma ormai il predicatore ha già ripreso il canto. Tornato a casa, Alfonso minaccia bonariamente don Michele, confuso e sconfitto, di denuncia per furto di manoscritto. E, manco a dirlo, il predicatore è quell’ex avvocato napoletano che ha lasciato la toga per la talare ed è passato a difendere davanti a Dio la causa dei peccatori, dei deboli, degli ultimi!
Alfonso, però, non è solo il santo missionario, il santo cantautore che ogni tanto improvvisa canzoncine spirituali neppure sfiorate dall’usura del tempo. Come ogni napoletano anche Alfonso è affascinato da chi dà senso alla famiglia, da chi fa la famiglia e la tiene unita: il bambino. Anzi, nella sua ascetica questo bambino fa un salto di qualità e diventa Gesù Bambino. Ogni bambino gli rinvia alla mente irresistibilmente, Gesù Bambino.
Nel 1758 aveva scritto la Novena del Santo Natale per invitare tutti a fare del proprio cuore un presepio, una capanna, un dove intimo per accogliervi il Bambino.
Cristo nel pensiero di s. Alfonso “Da Dio si è fatto uomo; da grande si è fatto piccolo; da Signore si è fatto servo; da ricco si è fatto povero; da forte si è fatto debole; da innocente si è fatto reo; da suo si è fatto nostro”.
Sì, perché l’amore vero non sopporta le distanze; Cristo non può limitarsi a contemplare le sofferenze dell’uomo, ma viene a sperimentarle e condividerle nella sua carne. Alla ricchezza di creatore del mondo, alla festa eterna nel seno del Padre, preferisce un’assoluta povertà fino alla mancanza di panni e fuoco, fino al dolore e al pianto. E qui lo contempla venir giù dal cielo e posarsi su poco fieno: Tu scendi dalle stelle, o re del cielo, l e vieni in una grotta al freddo, al gelo: l o Bambino mio divino, io ti vedo qui tremar. l O Dio beato, l e quanto ti costò l’avermi amato.
Ma ecco, tra la terza e quarta strofa del canto, la chiave del messaggio: Tu piangi non per duol, ma per amore! Caro, non pianger più, ch ‘io t’amo, io t’amo. Il canto poi si chiude, secondo l’ascetica alfonsiana, con l’invocazione a Maria, l’ultima speranza per riordinare le cose: O Maria speranza mia, l s’io poco amo il tuo Gesù, l non ti sdegnare; l amalo tu per me s’io nol so amare.
Almeno a Natale tutti devono pregare, gioire, cantare, anche gli scugnizzi, i lazzari, gli eterni emarginati della storia, costretti a raccogliere le miche della tavola dei ricchi epuloni. E per questi il Santo scrive un poemetto natalizio in dialetto, in lingua napoletana, non per irriverenza o disimpegno letterario, ma per una squisita ricerca di comunicazione confidenziale: Quanno nascette Ninno a Bettalemme. Dio che si fa uomo nella maternità di Maria abbaglia Alfonso e lo colma di felicità, proprio come i pastori alla grotta: Resatjeno ncantate e boccapierte! pe tanto tiempo senza dì parolal ..da dint ‘o core cacciajeno a migliare atte d‘amore.
E con Alfonso entriamo anche noi nella grotta del figlio di Dio per un atto d’amore. Qui adoriamo, preghiamo, cantiamo senza farci sedurre dalle sirene della pubblicità e del consumismo. l giocattoli tecnologici, i panettoni profumati, gli abeti illuminati non fanno il Natale. Altri sono i ritmi, altra è l’atmosfera natalizia per un Natale nel cuore, un Natale nell’anima. Qui, ai piedi di un Dio fatto uomo, deponiamo le nostre paure, le nostre ipocrisie. Mariti, amanti, giù le pistole e i coltelli, puntati al collo di donne, tante madonne con i loro bambini.
Dopo 258 anni il canto di Alfonso non ha perduto niente della sua freschezza. Lo provano i bambini delle scuole su flauto dolce in vista del Natale e inizia l’allegria della festa. Lo cantano i giovani e vi scoprono la teologia del mistero natalizio. Lo cantano gli anziani e ricordano il Natale di una volta, fatto di canti, preghiere, tombolate e piatti con sapori e profumi di un tempo.
Cantiamolo tutti insieme quest’anno! Potremmo riscoprire un miracolo di amore ritrovato nelle nostre famiglie.
Alfonso Amarante C.Ss.R.
(da “In cammino con Sam Gerardo, dicembre 2013, pp. 24-25.)
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4. Un Canto natalizio di S. Alfonso
Tu scendi dalle stelle
Tu scendi dalle stelle, o Re del Cielo,
e vieni in una grotta al freddo, al gelo.
O Bambino mio Divino,
io ti vedo qui tremar.
o Dio beato,
e quanto ti costò l’avermi amato!
Tu dormi, o Ninno mio, ma intanto il Core,
non dorme no, ma veglia a tutte l’ore:
deh mio bello e puro Agnello,
a che pensi dimmi Tu?
O Amore immenso,
a morire per te, rispondi, Io penso.
Dunque a morir per me Tu pensi, o Dio,
e ch’altro amar fuori di Te poss’io?
O Maria, Speranza mia,
s’io poc’amo il tuo Gesù,
non ti sdegnare,
amalo Tu per me, s’io nol so amare.
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5. Una immagine al giorno.