Vita Redentorista – Rubrica quotidiana – 3 dicembre
Questo giorno vissuto con spirito redentorista
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1. Dalle Costituzioni e statuti
1. Statuti Generali – I beni temporali della Congregazione –
Art. 1: Disposizione dei beni della Congregazione.- I. In generale
I beni temporali che, a qualsiasi titolo, appartengono alla Congregazione, devono essere amministrati, secondo la loro natura, a norma delle leggi civili ed ecclesiastiche e con l’aiuto, per quanto è possibile, di laici esperti. (Stat. Gen. 189).
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2. Pensiero e testimonianza sulla Virtù del mese: Amore alla Croce.
- Per rinnegare se stesso, ciascuno deve prima porsi sotto i piedi ogni stima propria, con desiderare ed abbracciare tutti i disprezzi immaginabili che potrà ricevere nella Congregazione; per esempio in vedersi posposto agli altri, che egli forse pensa di minor merito di lui; in vedersi non impiegato come inetto o impiegato negli uffici più bassi e laboriosi. (S. Alfonso).
- Testimonianza = S. Clemente e Taddeo Hüble. – Leggi tutto.
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3. Redentoristi nel Mondo
Redentoristi d’Italia – Roma
2013 – Una lapide nella chiesa di S. Gioacchino ricorda gli ebrei salvati.
di P. Ezio Marcelli
La parrocchia di San Gioacchino in Roma – oltre che per lo svolgimento decoroso e diligente delle celebrazioni liturgiche, per la proclamazione gioiosa e puntuale della parola di Dio, per l’insegnamento del catechismo a bambini e adulti, per l’amministrazione dei sacramenti, particolarmente della penitenza (nota in tutto il quartiere l’assidua presenza di sacerdoti nel confessionale), per l’educazione culturale dei fedeli – si è distinta fin dall’inizio anche per l’assistenza ai bisognosi di ogni genere con l’istituzione della Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli, costantemente attiva fino ad oggi.
Di questo impegno umanitario sono testimoni non solo coloro che vengono assistiti ma anche le tante e tante persone che continuano ad impegnarsi sia per le esigenze in parrocchia che per quelle di zone lontane (il bollettino settimanale, LA NOSTRA COMUNITÀ PARROCCHIALE, ne ha riferito diverse volte).
Ma l’azione caritativa più straordinaria – difficile a credersi se non si fossero avuti testimoni diretti – è stata compiuta dal 25 ottobre 1943 al 7 giugno 1944. L’avventura eroica di quattro persone audaci e generose – un prete, una suora, un ingegnere e una studentessa, sostenuti da gente senza nome – che rischiarono la pelle per salvare la vita di decine di fuggiaschi: ebrei, perseguitati politici, renitenti alla leva.
In un primo tempo, alcuni di questi ricercati da tedeschi e fascisti furono accolti nella sala cinematografica; qualcuno, travestito da prete redentorista, perfino nelle camere dei religiosi. Ma quando, il due novembre, iniziarono le minacciate incursioni di soldati germanici nelle chiese e nei conventi, fu evidente, e deciso, che lì non potevano più rimanere. Ma come, e dove, continuare a nasconderli e a proteggerli?
L’ingegner Pietro Lestini, che conosceva tutti gli ambienti della chiesa, progettò l’unica soluzione possibile: rinchiudere tutti nello spazio, ristretto e senza luce, tra la volta della chiesa e il tetto. Ma la deliberazione spettava soltanto ai rifugiati. La maggior parte di loro accettarono l’idea. E alle cinque del terzo giorno del mese dei morti la muratura dell’unica porta d’ingresso era terminata. Alle sei e venti, accanto allo stesso giorno, nel proprio diario, uno di loro scrisse: “Murati”.
Lì dentro, fra indicibili disagi e privazioni, vissero, ogni giorno, dalla dieci alle quindici persone, avendo come unico mezzo di contatto col mondo esterno, e soltanto di notte, una finestra rotonda apribile al centro del timpano, a 50 metri da terra. Attraverso quella finestra passavano uomini e cose: cibo, vestiti, lettere, giornali, passatempi e anche rifiuti organici.
In quel sottotetto furono salvati anche tre ebrei: Arrigo Finzi, che poi divenne professore al Technion di Haifa; Gilberto Finzi, poi medico psichiatra a Roma; e il quindicenne Leopoldo Moscati.
A causa di quest’opera così benefica e generosa, il Governo israeliano ha insignito del titolo di “Giusto tra le Nazioni” il redentorista p. Antonio Drèssino, parroco di San Gioacchino; la suora Margherita Bernès (delle Figlie della Carità con sede proprio difronte alla chiesa), addetta all’approvvigionamento del cibo e del vestiario; l’ingegner Pietro Lestini, organizzatore e responsabile delle operazioni logistiche; la studentessa Giuliana Lestini, addetta ai rapporti con le famiglie dei reclusi romani.
Alla suora la medaglia e il diploma furono recapitati nel 1974 in Israele. Per gli altri tre, le onorificenze furono consegnate dall’ambasciatore d’Israele presso lo Stato italiano, il signor Yeyuda Millo, accompagnato dal ministro consigliere signora Miriam Ziv il 17 marzo 1996, a Roma. Le onorificenze di p. Dressino, ora conservate nell’ufficio parrocchiale, furono ricevute da p. Danilo Bissacco; mentre la professoressa Giuliana, unica vivente, ricevette le sue e quelle di suo padre Pietro Lestini.
Nel 70° anniversario di quella storia, il 25 ottobre scorso è stata apposta una lapide, da me preparata, nell’atrio della chiesa: a memoria, in riconoscenza e ad esempio.
È importante tener presente che “quella stupenda pagina di cronaca”, quella grandiosa azione di generosità, non fu mai conosciuta all’esterno, e i pochi che ne ebbero notizia la dimenticarono presto. Nessuno dei quattro “giusti” parlò mai dell’evento, come se si fossero accordati per tenere nascosto alla mano sinistra quanto aveva fatto la destra. Solo quarant’anni dopo, precisamente nel 1983, a seguito di certe voci, che sembravano, oltre che incerte, piuttosto fantasiose, su una imprecisata assistenza a gente perseguitata in tempi lontani, una ostinata curiosità mi costrinse alla ricerca, assillante e minuziosa, di cronache, di documenti, di luoghi e perfino di persone.
Tra queste – dopo mesi di impegno – riuscii a incontrare personalmente tre dei rifugiati: l’ex tenente di fanteria Clemente Gonfalone, classe 1908, rintracciato a Maiori (SA), divenuto sacerdote; Carlo Prosperi, ex allievo dell’Accademia dell’Aeronautica, in pensione a San Felice Circeo; il signor Poldo Moscati, uno dei tre ebrei salvati – “la mascotte dei rifugiati” essendo giovanissimo – , abitante a Monteverde con un negozio di abbigliamento ai Colli Portuensi; e Giuliana Lestini, professoressa di francese in piena attività.
Narrai l’incredibile vicenda la prima volta nel Bollettino della Provincia Romana C. Ss.R., 29, 7-9 (1984) 206-244, col titolo Stupenda pagina di cronaca nella chiesa di San Gioacchino. In seguito integrai il racconto con le foto dei “Giusti”, dei tre “salvati”, del sottotetto, di tre immagini che uno dei rifugiati aveva disegnato sopra una parete, di oggetti trovati nel rifugio, tra cui: scatole vuote di cerini e fiammiferi, di sigarette; pagine del Messaggero datate 2 aprile 1944 e 21 aprile 1944 – XXII; il giuoco intatto e completo del CROX (parole incrociate da tavolo). E ne compilai un fascicolo di 56 paginette che metto a disposizione di chi ne fa richiesta e soprattutto degli insegnanti che, con i propri alunni, chiedono ancora di visitare l’ex rifugio.
Ho portato questa documentazione alla Fondazione Museo della Shoah nell’ambito della Campagna Nazionale Storia di famiglie, raccolta di materiali e documenti sulla Shoah, promossa nel 2011 dal Comitato interministeriale di Coordinamento per le celebrazioni in ricordo della Shoah. Nella risposta che mi hanno dato si afferma che i documenti potranno entrare a far parte delle collezioni del Museo, con menzione del donatore.
Del mio fascicolo, per le notizie riguardanti la nostra opera si sono serviti, e l’hanno messo in nota, Alessia Falifigli per la compilazione del volume Salvati dai Conventi (San Paolo, 2005, pp. 268, € 12); Andrea Riccardi per il libro L’inverno più lungo (Laterza 2008, pp.410, € 18); Antonio D’Ambrosio per l’articolo Nel soffitto di S. Gioacchino in Prati trovarono asilo ebrei… (in Strenna dei Romanisti, 21 aprile 2008).
Proprio in queste settimane, nella sala Zanardelli del Complesso del Vittoriano, è visibile una mostra dal titolo “16 ottobre 1943. LA RAZZIA DEGLI EBREI DI ROMA”. All’apertura di essa – voluta proprio nel giorno del 70° anniversario del rastrellamento del Ghetto, avvenuta il 16 ottobre 1943 – sono stati invitati il parroco di San Gioacchino p. Sergio Santi e il sottoscritto; che, a sua volta, ha avvertito e invitato le signore Laura e Miriam Moscati, figlie di Poldo, uno dei “salvati”. Così gli ebrei fanno memoria della spaventosa Shoah romana. Ma attraverso cronache, disegni e testimonianze, è ricordata – ed era ora! – anche l’assistenza che gli istituti religiosi e le parrocchie romane hanno dato al popolo ebraico in quel periodo. L’opera dei Giusti di San Gioacchino è bene evidenziata con vari disegni, eseguiti da uno dei rifugiati, con oggetti rinvenuti nel sottotetto compresa una pagina del Messaggero (p. Ezio Marcelli).
Dal Bollettino della Provincia Romana, novembre 2013, pp.13-15.
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4. Un Canto di tradizione redentorista
Con te al fianco
(A S. Gerardo Maiella)
Melodia: Inno popolare olandese
Testo: P. Salvatore Brugnano C.Ss.R., 1990.
1. Dalla fanciullezza san Gerardo amò
il suo caro Dio pieno di bontà.
Rit. O san Gerardo, vieni in nostro aiuto,
e con te al fianco seguirem Gesù.
2. Cristo crocifisso volle imitar:
ogni sofferenza seppe accetar.
3. All’Immacolata poi si consacrò,
e l’anello al dito fervido posò.
4. Fu redentorista, servo del Signor:
tutti seppe amare con immenso amor.
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5. Una immagine al giorno.