In memoria di P. Giovanni Vicidomini redentorista (1943-2015)
Ciorani (SA), 04 luglio 2015
Carissimi,
Alle prime luci dell’alba di ieri, 3 luglio, festa di san Tommaso, P. Giovanni Vicidomini (Angri 1943 – Pagani 2015) ha rimesso lo Spirito nelle mani del Padre, unendo il suo sacrificio a quello di Cristo sul Calvario.
Gli ultimi tre anni sono stati per il nostro confratello una graduale ascensione verso il dolore: dopo un intervento alla vescica nel 2012, sono sopraggiunti via via problemi all’apparato renale e urinario, che negli ultimi mesi si erano evoluti in metastasi, e che solo in parte la dialisi alleviava. Dopo un ultimo ricovero al reparto di Nefrologia dell’ospedale di Nocera Inferiore, avvenuto sabato 27 giugno, festa della Madonna del Perpetuo Soccorso, il confratello ha chiesto di poter spendere le ultime ore di vita nella nostra casa di Pagani, reparto infermeria.
Sabato 4 luglio una folla numerosa ha riempito in ogni ordine di posto la Basilica di sant’Alfonso. Ha presieduto la liturgia S. Ecc.za Mons. Gioacchino Illiano, vescovo emerito di Nocera – Sarno. Molti erano i confratelli, oltre a sacerdoti diocesani e religiose.
Nell’omelia ho voluto ricordare p. Giovanni alla luce dell’icona di Gesù Via Verità e Vita (Gv 14,1-6). Sono, queste ultime, tre parole esplosive, che non trovano corrispondente nella storia delle religioni, perché postulano un rapporto vitale col Cristo, un riferimento costante alla sua Parola, un ripartire quotidianamente da lui.
Mi piace sottolineare che P. Giovanni ha fatto della sua vita una sequela di Cristo. Sembra poco, ma a me dice tanto. Mi induce a cogliere alcuni riverberi che il mistero di Gesù ha prodotto nella sua vita, che vorrei condividere con voi, certo che chi l’ha conosciuto ne aggiungerebbe altri.
Il primo riverbero che mi viene a mente è il suo esempio di uomo mite. Quel che colpiva della sua persona era la gentilezza, che affiorava con la stessa spontaneità con cui lui donava un sorriso. A Pagani ha avuto modo di esercitare la qualità mai sufficientemente apprezzata della accoglienza, a favore soprattutto di confratelli in visita ai nostri luoghi storici, e del semplice popolo di Dio. Abbiamo ritrovato nella sua personalità quanto Isaia disse guardando al Cristo: “Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta” (Mt 12,19-20). Almeno io non ricordo di averlo mai sentito gridare, o pretendere di far valere le sue ragioni a furia di sbattere i pugni sul tavolo. Nell’affiorare di tensioni a livello di comunità, ha imboccato la strada della sofferenza silenziosa piuttosto che quella della reazione adirata. Questa mitezza gli ha fatto compagnia nell’ultimo doloroso tratto di vita, a partire dalla metà di febbraio u.s.. I laici, e in particolar modo i parenti, si meravigliavano di come egli soffrisse senza lamentarsi. Erano edificati dalla mite sottomissione con cui ha accettato la volontà di Dio, anche quando questa si è presentata alla sua coscienza come ombra di morte.
Il secondo tratto che mi piace ricordare di questo confratello è stato il suo amore sincero alla vocazione Redentorista. P. Giovanni ci dice che amare la nostra famiglia religiosa è decisivo quanto amare quella naturale. Egli era un Redentorista contento, e felice di esserlo. Lo è stato in varie mansioni, dove i Superiori lo hanno inviato: prima a Tropea (1968-1969), poi Lettere (1969-1970), poi Sant’Angelo a Cupolo (1970-1978), nel campo della formazione e dell’insegnamento ai nostri aspiranti. Poi a Cava dei Tirreni (1978 – 1981): ricordava con piacere e nostalgia questa pur breve esperienza a tempo pieno in ambito parrocchiale, precario quanto avventuroso. Dopo un triennio a Napoli come Vicario Provinciale (1981-1984), ha trascorso praticamente gli ultimi trent’anni (1984-2015) a Pagani, con un’intensa esperienza di insegnamento prima, e poi dal 1990 come Archivista Provinciale, per assumere poi l’incarico di Superiore nel 2008. Ma questi segmenti di strada non devono far perdere lo spirito costante con cui p. Giovanni l’ha percorsa: egli ha amato in modo singolare il suo fondatore sant’Alfonso, ha fatto molto per diffonderne la conoscenza e divulgarne il messaggio spirituale, ha organizzato convegni e promosso e curato studi. Sono certo che il nostro caro fondatore, appena lo vedrà in paradiso, gli darà un caloroso e grato benvenuto.
Un terzo tratto che vorrei ricordare di p. Giovanni è quello di un’esistenza feconda. Entrato giovanissimo – ad appena 11 anni – nella nostra Scuola Missionaria di Lettere, professo nel 1960 e ordinato presbitero il 16 marzo 1968, ha avuto modo di affinare i suoi talenti e di metterli al servizio della redenzione abbondante. Ha imitato il suo fondatore nell’uso prezioso del tempo: con una doppia laurea in Lingue e Civiltà straniere e in Materie Letterarie, ha messo a disposizione dei semplici la sua cultura, senza assumere atteggiamenti di superiorità. Aveva sempre qualcosa da fare: e se riusciva a delegare agli altri qualcosa, spendeva le sue ore migliori, spesso ininterrotte, nel suo amato Archivio. Un modo per spulciare nei meandri della storia, fatta di grandi gesta e di piccole meschinità, che proprio per via di questa conviventia oppositorum continua ad essere maestra di vita.
La Madonna del Perpetuo Soccorso, di cui solo da qualche giorno abbiamo iniziato l’anno giubilare, il nostro caro sant’Alfonso e tutti i nostri santi e beati accompagnino p. Giovanni quanto prima all’abbraccio eterno del Padre di ogni misericordia. E intercedano per la nostra Congregazione, perché non le manchino sante e numerose vocazioni.
p. Serafino Fiore cssr
Superiore Provinciale
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