Vescovo dal cuore integro

Il cammino del vescovo Alfonso Maria de Liguori: 1762-1775.
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. Vescovo dal cuore integro.

Vescovo dal cuore integro: le scuse ad un prete.
 
«Iddio mi vuole vescovo, e io voglio essere vescovo!». Con questo atto di totale obbedienza S. Alfonso, aveva accettato la volontà del Papa che lo aveva nominato vescovo.
A chi si meraviglia come mai al Santo l’elezione a vescovo stava per apportare la morte, mentre a tanti altri avrebbe portato gioia e «fortuna», occorre ricordare quanto il grande Dottore aveva nel suo opuscolo del 1745 «Riflessioni utili ai Vescovi per ben governare le loro Chiese», e ancora quanto scriverà nella «Storia delle eresie», parlando della tragica morte di Acacio, patriarca di Costantinopoli (vescovo bizantino, Patriarca di Costantinopoli dal 471 alla sua morte, fu scomunicato dal Papa divenendo promotore del cosiddetto «scisma acaciano») : «Mentre ciò scrivo, io tremo ritrovandomi anch’io Vescovo, e considerando che molti, per essere stati a tal dignità esaltati, han prevaricato e han perduto l’anima e Dio … Io non intendo come possa alcuno, che desidera di assicurare la sua eterna salute, pretendere di essere vescovo, e porsi poi volontariamente in tanti pericoli di perdersi, ai quali i vescovi son soggetti».

Il Periodico S. Alfonso (Anno 2001, n.4) ha fissato sulla carta una tradizione orale abbastanza viva in quella che fu parte della diocesi del Santo. Si tratta di un episodio unico nel suo genere che manifesta l’integrità e la giustizia del santo Pastore.
Va premesso che SAlfonso era molto esigente in quello che riguardava il comportamento dei Sacerdoti e «due vizj estremamente odiava tra tutte le sregolatezze nel suo Clero: ubbriachezza, e disonestà» (Tannoia, III,286).
Ecco l’episodio.
«Un giorno venne a sapere che un Parroco era andato a mangiare in una trattoria, cosa ritenuta gravissima in quei tempi, perché assai disdicevole alla dignità sacerdotale. Immediatamente lo punì con il togliergli la Santa Messa.
Passati alcuni giorni, all’improvviso il sacrestano del paese si vide arrivare in una notte tempestosa S. Alfonso su un asinello. – «Aprite subito la chiesa – fu l’ordine perentorio del Santo – e suonate le campane». «Ma… Munzignore!» – obiettò il pover’uomo. – «le campane, le campane» replicò il Vescovo.
Aperta la chiesa, si riempì subito di gente esterrefatta dall’avvenimento. S. Alfonso salì sul pulpito, si inginocchiò e chiese perdono della terribile punizione data allo sventurato Parroco. Aveva infatti saputo che stava assistendo un moribondo e doveva farlo secondo il suo dovere fino a che questi esalava l’ultimo respiro. Poiché i familiari del morente non avevano provveduto all’indispensabile vitto, il sant’uomo provvide da se stesso nella trattoria.
Il fatto ha un duplice significato. Da un lato la grande umiltà e santità di S. Alfonso; dall’altro la doverosa necessità pastorale di preparare i morenti perché con una morte santa si presentino dovutamente al Tribunale dell’Eterno». L’episodio vivo nella memoria dei sacerdoti, reca la firma del Vescovo di Caserta – Vito Roberti –  sull’appunto scritto consegnato a suo tempo al direttore del Periodico.

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Galleria di statue di S. Alfonso vescovo
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Particolare della statua di S. Alfonso a Praga, chiesa di S. Gaetano (già chiesa redentorista).

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Particolare della statua di S. Alfonso a S. Lorenzello (BN)