Il cammino del vescovo Alfonso Maria de Liguori: 1762-1775.
37. Vescovo assai mortificato: quasi una quaresima perpetua.
Vescovo assai mortificato: quasi una quaresima perpetua.
Negli ultimi sette anni episcopali sant’Alfonso ebbe a soffrire un cumulo di malattie continue con fasi di riacutizzazioni stagionali…
Quando la testa gli martellava, ricorreva ad un pezzo di marmo, su cui poggiava la fronte o ad una pezza bagnata nell’acqua fresca.
Né interrompeva il lavoro letterario né rimandava ad altro tempo le occupazioni pastorali: con eroica resistenza continuava le solite fatiche.
Per allietare la solitudine dell’episcopio don Verzella procurò un canarino con l’intento di dare sollievo innocente a Sua Eccellenza, che amava tanto la musica. Un giorno si privò anche di tale piccolo divertimento con una scusa: “Questo bisogna levarlo. Voi non sapete che per niente muoiono, e quando muore un canarino, dà tale afflizione che cruccia il cuore anche per settimane“.
Mortificato nell’udito, era mortificatissimo nella gola, facendo la quaresima perpetua. Né mai rimproverò il cuoco se le vivande erano malamente apparecchiate. Incidenti non ne mancarono.
Una volta domandò un sorso di vino. Alessio corse ad attingere nella cantina: nella fretta, o perché buio, invece di mescere dal fiasco del vino attinse da quello di aceto. Monsignore bevve senza mostrarsi infastidito dello sbaglio madornale. Poco dopo ne chiese un dito anche il Vicario: appena però ebbe accostate le labbra al bicchiere, sentì l’acre odore. Montò in furia, facendo una lavata di testa allo stordito cameriere.
Monsignore non finiva di ridere per la svista e scusava il povero servitore ch’era stato tradito dal colore del liquido: una inezia perdonabilissima e non un reato.
Il Santo trattava i domestici con benevolenza signorile, ritenendo con san Francesco di Sales che un soffio di vento fa più inoltrare una nave nel mare che cento colpi di remi.
(da Oreste Gregorio, Monsignore si diverte, p. 143)
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Galleria di statue di S. Alfonso vescovo
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