Un vescovo mite e mansueto

Il cammino del vescovo Alfonso Maria de Liguori: 1762-1775.
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Un vescovo mite e mansueto

 Un vescovo mite e mansueto
La mansuetudine di S. Alfonso spiccò sopra tutto nelle persecuzioni, che egli dovette tollerare per estirpare gli scandali dalla sua diocesi, e per riformare i costumi del popolo e del clero. Aveva come modello San Crisostomo il quale insegnava a tutti i pastori della Chiesa per rincuorarli nell’adempiere il proprio ministero: “Là dove sono molti travagli, ivi l’evangelo maggiormente fruttifica, giacché il demonio diviene furibondo e si scaglia contro quei ministri di Dio che gli strappano le anime dalle fauci”.
Convinto di una tal verità il nostro santo Vescovo era solito esclamare: “Povero quel vescovo, che sta quieto: bisogna che viva inquieto per fare l’ufficio proprio”. Ed altre volte lepidamente ripeteva: “Questo è l’ ufficio de’ vescovi di buscarle sempre”.
Vari sono i fatti in cui toccò a S. Alfonso di palesare la sua eroica mansuetudine. Una volta si era adoperato presso un Provinciale per far uscire dalla diocesi un religioso del suo Ordine, che non serbava un’ esemplare condotta. Offeso di ciò il fratello di costui, secolare, si presentò furibondo innanzi al Santo, lo carico di parole ingiuriose e lo minacciò anche di percuoterlo con calci. Ma qual fu la risposta del santo? Senza alterarsi, altro non rispose, che queste due parole: “via mo, via mo”.

Alfonso aveva fatto un contratto con la sua lingua di non uscire giammai in alcuna espressione di risentimento, per qualunque affronto avesse ricevuto, ed in tal modo esercitò eroicamente la virtù della mansuetudine.
Ad un canonico che gli faceva osservare che il suo silenzio e la sua pazienza rendeva più baldanzosi gl’indiscreti e gli imprudenti, il Santo rispose: “Oh! canonico mio, quando uno viene ingiustamente ingiuriato, non bisogna pigliarsi collera, ma rimetterlo tutto a Dio!”.
Vi furono molti che criticavano S. Alfonso per questa sua condotta, affermando, che se egli era lodevole nel soffrire in pace le ingiurie ed i disprezzi diretti alla sua persona, non era però conveniente tollerare gli affronti che degradavano la sua dignità episcopale.
Ma Alfonso non credeva di avvilire il suo stato col soffrire pazientemente le altrui ingiurie, facendosi simile a Cristo che non solo fu bersaglio di mille villanie da parte degli ebrei, ma si lasciò legare come un malfattore, flagellare alla colonna, caricare di sputi, coronare di spine, e trafiggere sul duro patibolo della croce.
(Cf. Berruti, Lo Spirito di S. Alfonso, pp. 240-241).

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Galleria di statue di S. Alfonso vescovo
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Ciorani (SA) - Chiesa della SS. Trinità dei Redentoristi - Statua di S. Alfonso.