Fratello Francesco Tartaglione (1715-1774) – Italia.
Fratello Francesco Tartaglione (1715-1774)
A Capua faceva il mestiere del sarto, quando un giorno udì raccontare che S. Alfonso aveva lasciato il mondo per consacrarsi a Dio e vivere santamente in solitudine con alcuni compagni.
Si presentò subito a Scala come scarto ed anche come uomo di fatica, pronto a qualsiasi servizio. Partecipò alle calamità delle tre prime fondazioni, invigilando su tutto, aiutando i Fratelli, non indietreggiando dinanzi a nessuna fatica.
Insieme a Fr. Francescantonio Romito fu ad assistere in morte il Ven. P. Sarnelli.
A Materdomini, sorpreso da irascibile, buttò un oggetto contro un Fratello Laico che lo aveva offeso con una parola pungente, e fu punito severamente da S. Alfonso giusto la lettera del 10 Maggio 1752.
Fr. Francesco accettò con spirito di penitenza il castigo impostogli, e fu riammesso alla professione il 31 Ottobre 1752 e mandato in Napoli, al nostro piccolo Ospizio per sbrigare gli affari.
Nel Novembre 1755 fu ad assistere la madre di S. Alfonso, gravemente inferma in Napoli, ove morì pure lui.
(Lett. I- 196. Berth. 266, 321, 630.
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Profilo tratto da
Biografie manoscritte
del P. S. Schiavone – vol.1
Pagani, Archivio Provinciale Redentorista
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Altro Profilo
Fratello Francesco Tartaglione era di Marcianise (CE), ed era sarto (come S. Gerardo); fu ammesso nel 1736 dopo aver partecipato ad una missione; emise il voto di perseveranza nel 1740; e professò nel 1743. Morì a Napoli e don Ercole de Liguori ne fece trasportare la sua salma a Pagani.
Sentì forte l’ansia della salvezza e il richiamo alla santità. Diceva al P. Mazzini “Sono pronto a qualunque patimento, purché mi salvo l’anima. Voglio salvarmi e non debbo dar conto ai miei parenti”.
Seguì fedelmente i suoi “modelli” (= S. Alfonso e Vito Curzio), come dice il Tannoia: “Avendo ricevuto il latte in Ciorani da Fratello Vito Curzio, non lasciava occasione per imitarlo nell’umiltà e nella carità cristiana”. Inoltre, aveva sempre davanti agli occhi la vita travagliata del nostro santo Padre Alfonso: ed era convinto che o lo imitava anche nelle ristrettezze e necessità, o faceva meglio a lasciare la Congregazione e ritornare a casa.
“Fratello Tartaglione era un giovane brillante e tutto fuoco. Ma dopo essere entrato in mezzo a noi egli cambiò: umile e soggetto a tutti, non vi era fatica che non abbracciasse; e, pur essendo sarto, si caricava di ogni lavoro della casa, fino a lavorare come manovale e trasportare pietre per la costruzione (a Villa degli Schiavi)”.
S. Alfonso dimostrò estrema comprensione verso Fr. Tartaglione quando questi, nel 1752 a Pagani, fu offeso da un altro fratello: in uno scatto di nervi prese una giara e la scagliò sull’offensore. I Padri più anziani erano per l’espulsione, S. Alfonso – invece – lo privò della veste, lo mandò al noviziato di Ciorani… E dopo scontata la pena lo reintegrò completamente e lo valorizzò pienamente per la sua abilità e le capacità umane e di relazione.
Scrive il Padre Landi su Tartaglione:
“Quando venivano aperte le nuove fondazioni, egli andava ad assaggiarne le prime miserie e la povertà e col suo lavoro collaborava alle loro necessità. Quante molte volte andava in Napoli a comprare zimarre, sottane ed altre robe usate per poi accomodarle con diligenza e carità per i nostri confratelli!”.
Nell’ospizio di Napoli (la nostra Casa in Napoli) il povero fratello non aveva un momento di tempo: era sempre in giro: per i librai e per le tipografie, per fare stampare i fogli e rimandarli al nostro Padre Alfonso per le correzioni; per vendere i libri scritti dal nostro Padre; per le faccende delle case di tutto l’Istituto che erano numerose.
Specialmente quando la nostra Congregazione fu attaccata da tante cause (i.e. dal Barone Nicola Sarnelli in Ciorani e dal Maffei in Iliceto) Fratello Francesco pensava a tutto ed andava presso i tribunali, i ministri e gli avvocati di quella grande città.
Dove egli passava, era continuamente chiamato per nome, tanto era conosciuto per Napoli, ed egli si comportava affabile ed amabile con tutti ed a tutti egli rispondeva con garbo. Era tanto conosciuto dai commercianti che otteneva a credito quanto chiedeva.
Spesso accadeva che alla nostra casa arrivavano fino a 12 Padri; ed egli provvedeva a tutti: comprava la roba e la cucinava. Suscitava compassione il vederlo così ansioso e stanco, carico di libri e di robe salire le scale del nostro ospizio: e poi, così stanco ed in ora tardi, accendere il fuoco e preparare qualcosa per sé e per i Padri.
A Napoli Fr. Tartaglione accolse S. Gerardo, il quale con le sue sorprese lo metteva a disagio: Ricordate? Una volta uscito a fare la spesa, ritornò dopo aver comprato tutti i fiammiferi di un povero venditore.
Quando S. Alfonso fu fatto vescovo, fratello Francesco Tartaglione pensò conveniente sottoporre a lui un semplice progetto di arredamento del povero Ospizio religioso per fargli onorata accoglienza [il vescovo veniva equiparato ad un principe]. Il Santo tagliò corto: “Io in Napoli spero non venirci più, ma se verrò, mi bastano quattro sedie di paglia”.
Di bello aspetto, Fr. Tartaglione seppe sfuggire alle insidie di una dama che lo aveva chiamato in casa per sedurlo.
(Da una conferenza del P. Salvatore Brugnano)
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