Talamo Francesco redentorista

Fratello Francesco Talamo (1855-1926) – Italia.

L’8 marzo 1926, a Sant’Angelo a Cupolo, moriva il fratello coadiutore Francesco Talamo, nativo di Positano. Aveva emessa la professione il 21 novembre 1903, ma già da dieci anni era entrato nell’Istituto. Era nato il 15 marzo 1855. Conosceva l’arte di panettiere e di dolciere.

Nel 1899, trovandosi a Materdomini, comprò, a proprie spese, un grande tappeto per l’altare, un parato di candelieri in ottone, e un parato di frasche in canottiglia. Nel 1902, fece lo stessa cosa per Ciorani, ove era stato trasferito.
Era sofferente. Rispettoso e allegro.

Dagli atti personali.

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Profilo tratto da
Nella luce di Dio, Redentoristi di ieri.
del P. Francesco Minervino, Pompei 1985

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Altro Profilo

Fratello Francesco Talamo (Clemente)
di Gennaro e di Sessa
Giovanna.

  • Nato a Positano (Arch. di Amalfi — Prov. di Salerno) il 15.3.1855 = Prof. 21.11.1903 = + a S. Angelo a Cupolo 8.3.1926. 
  • Nel 1912 è assegnato a S. Angelo a Cupolo col Fr. Calogero, Salvatore Sales… fino alla morte è con Francesco Amendola, con Biagio…

Era da tutti chiamato “Francescone” per le sue grandezze somatiche. Alto, forte, di proporzionata corporatura, piedi di elefante, mani quasi morse a vite meccanica. Non abbiamo mai visto un uomo simile per grandezza e fortezza.
Aveva esercitato molteplici mestieri, specialmente era esimio cuoco, panettiere insuperabile nella manipolazione della madia e nello stringere fra le palme delle mani la pasta che smuoveva come uno scherzo di bambino e sollevava tutta la massa come bambagia! Il mestiere di dolciere era sua specialità preferita, con segrete confezioni e manipolazioni.
Il suo temperamento bizzarro naturalmente, ma molto sagace, lo portava alle volte ad usare parole di ebrezza, che tosto rimetteva a posto. In genere i suoi ragionamenti erano pieni di saggezza da imparare tante e tante notizie utili, piene di molta dottrina sociale. Cose queste che rendevano breve la sua compagnia e desiderosi di riascoltarlo ancora con ansia.
Alle volte aveva delle uscite fenomenali e sapeva scherzare (anche nella Casa Religiosa) mettendo in ridicolo quei Confratelli, che poco ci tenevano all’osservanza religiosa e al signor Galateo: “Quis vetat dicere verum ridendo?  La sua bonarietà rivestita di fraterno affetto, gli attirava simpatia.

Si deve a ragione però affermare categoricamente, che, a tempo e a luogo, sapeva comportarsi con vera serietà, con discrezione abituale e con signorilità straordinaria, specialmente con i forestieri, che partivano edificati.
In ogni ufficio assegnatogli, poneva tutto l’impegno per la buona riuscita dell’affare.

Benché già anziano quando fu ricevuto in Congregazione, era dosato di vera e soda pietà religiosa con sentita religiosità interna ed esterna. Esercitava con puntualità tutti gli Esercizi prescritti dalle costituzioni, specialmente le devozioni comuni.
Non è mancato a lui qualche richiamo da parte dei Superiori per involontaria negligenza, dovuta soprattutto per la sua pesantezza fisica e della scarsa agilità, che gl’impediva assidua puntualità: molto scusabile.
“I nove decimi era tutto cuore e amore fraterno degno di ogni encomio da parte di tutti i Confratelli” (F.M.F.).

Nel 1916 passammo le vacanze a S. Angelo Cupolo in sua compagnia, che furono le ore più belle della nostra vita giovanile. Ricordiamo la sua grandezza fisica e più intellettuale, specie nelle sue canzoni anti-piemontesi con mille allusioni.
Un giorno egli anziano andò a Napoli per comprarsi un paio di scarpe grandi. Le trovò esposte dinanzi ad un negozio, come richiamo, ma di prezzo elevato. Il negoziante gli dice “Gira tutta Napoli, Zi Monaco, ma non troverai questa misura giusta per te”. Ed egli risponde “Se non le vendete a me, le terrete appese qui eternamente!” – Così riuscì a comprarle per quattro lire e mezzo!
Era di grande ingegno naturale perché rispondeva a molte nostre difficoltà e domande, che gli rivolgevamo curiosi!

Molto serio nel raccontare il fatto del ladro dinanzi al Giudice. “Ho preso tutto col permesso del Padrone =Gesù)”. “Gesù te lo dico volentieri e mi prendo i candelieri”, “Gesù, te lo dico di buona voglia e mi prendo la tovaglia”, “Gesù, te lo dico placido, placido e mi prendo la sfera, con tutto il calice”, “Gesù, te lo dico doce, doce e mi prendo Te con tutta la croce”…
Aveva rubato tante cose per comprare pane per la sua famiglia bisognosa. E fu assolto dal buon giudice cristiano e dal Confessore!..

Una volta nel capitolo delle colpe nel sabato si accusa: “Padre, mi è venuta la tentazione di gettare nel forno Fratello Gaetano. Ma non l’ho fatto… Era peccato!” – Suscitò così ilarità, anche nel tempo tanto serio!.

Quando apriva le mani era grande, come Gesù sulla Croce, nella rassegnazione e nell’affetto fraterno per tutti, non mostrandosi mai stanco dell’assiduo lavoro!… che era come pane saporoso alla sua bocca grande!

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da Ricordo di fraterni amici
del P. Francesco Santoli
Tipolitografia Irpina, Lioni 1980

Una rara foto del 1924 di Fratello Francesco Talamo, affettuosamente chiamato “Francescone”. La sua bonarietà rivestita di fraterno affetto, gli attirava la simpatia di tutti i confratelli.

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