P. Cesare Sportelli (1701-1750) – Italia.
Il ven. Cesare Sportelli, ex avvocato, nacque a Mola di Bari, il 19 giugno 1701. Suo padre, don Bernardino, era Dottor Fisico. La via della santità gli fu aperta dalla madre, Donna Barbara Pavia, anima tutta dedita alla orazione, arricchita da Dio di doni straordinari.
Fu condotto alla sequela di Alfonso De Liguori, cui rimase sempre fedelissimo, dal comune Direttore di Spirito, Mons. Tommaso Falcoja, il quale aveva già di lui profetizzato alla mamma: « questo fanciullo sarà un giorno nel numero di quei felici missionari che Dio mi ha designati ».
Quando arrivò a Scala, dopo il 9 novembre 1732, non ancora vestiva l’abito talare e aveva appena iniziato gli studi teologici. Fu ordinato il 5 maggio 1737.
Città e paeselli usufruirono della sua sorprendente attività missionaria: Foggia, Calabritto, Teora, Cerignola, Calitri, Contursi, Bisaccia, Ravello… Capitoli, Collegiate, Seminari, Monasteri, Ecclesiastici e Laici ascoltarono la sua parola ammonitrice, e si giovarono della sua direzione spirituale.
La Congregazione gli deve la costruzione dei due Collegi di Pagani e Materdomini. Si confondeva tra gli operai per portare sulle spalle pietre, calce, legnami: dové assoggettarsi a contradizioni di ogni genere, perfino a calunnie. « Sia benedetto Dio! — ripeteva — ho lasciato le mie robe, per essere chiamato ladro in Nocera… ». E per la casa di Materdomini: a Dio sa quanto mi costa di pene e di angosce questa Casa di Caposele… ».
Ma la sua voce profetica poteva dire della Casa di Pagani « l’avete da vedere! quanto questa Casa viene più contradetta, tanto più ha da essere la Casa più cospicua della Congregazione… L’avete da vedere quanto Dio ha da benedire questa casa! »
Non fu da meno nella guida alla perfezione e nel governo dei Congregati: dai suoi ritratti ancora invita: « Induimini Dominum Jesum Christum ».
Cogliamo qualche fioretto dalla sua vita.
- Aveva l’abitudine, comune nel settecento napoletano, di fiutare tabacco. Ebbene una volta, il Superiore, per metterlo alla prova, diede ordine all’economo di non dargli tabacco fino a quando non l’avesse richiesto… Il venerabile Padre non lo cercò, ma fu il Signore a premiarlo: un Angelo, in forma di giovane, gli porta… una grande scatola di tabacco, e scompare.
- Nella missione di Contursi, supplendo il P. Cafaro per la predica al popolo, venne a mancargli la voce. Avrebbe dovuto desistere; ma, avendo a cuore la predica della Madonna, si protestava: «farò la predica di Mamma Maria, e poi non predicherò più! ». Era la sua ultima arma che brandiva contro l’inferno, ed era solito dire: « fuggi, o peccatore, quanto vuoi, ché Mamma t’incapperà ».
- Nel trasferirsi da Bisaccia a Ciorani, per predicarvi gli Esercizi al Clero, il povero Padre cavalcava a stenti, avanzando tra la neve, quando a un tratto stramazzò colpito da apoplessia. Alcuni briganti lo sorpresero disteso a terra bocconi: aveva un lato quasi interamente paralizzato. « Padre, – gli dissero costoro, mossi a compassione – ti metti forse paura? ». Tranquillo e, quasi scherzando rispose: « Figli benedetti, chi ha una vita intera ha una intera paura; io, che ne ho mezza, ho mezza paura ».
Morì il 19 aprile 1750, nella Casa di Pagani. Nella ultima settimana si faceva leggere da un chierico le poesie sul Paradiso del Card. Petrucci. Trascinato dall’esempio del morente, il giovane proruppe: « Ma che stiamo a fare più in questo mondo? che presto finiscano queste miserie ». « Piano, – riprese il Padre – voi non avete fatto ancora niente; tocca a me ora… ».
P. Mario Gagliardo
S. ALFONSO, 1952, pag. 27.
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Altro Profilo
Per dare inizio alla fondazione di Materdomini, S. Alfonso aveva posto gli occhi sul prudente ed abilissimo P. Cesare Sportelli, che era già nelle grazie degli abitanti di Caposele, avendo predicato, quattro mesi prima, la quaresima nella chiesa parrocchiale.
Viveva il servo di Dio con un fratello laico nella parte disabitata di una casa sì malamente custodita che gli pioveva sul letto. Né migliore era la tavola: il suo desinare si riduceva a un po’ di minestra e poca frutta, e passava le sere senza cena.
Quest’aspra mortificazione fece tanta impressione che tutti pregavano perché fosse tornato per iniziare la nuova fondazione. La preghiera fu esaudita, e, l’8 agosto 1747, don Cesare era a Materdomini.
Era nato il 19 giugno 1701. D’indole vivace e festevole, sotto la guida di una madre dotata di una santità non comune, faceva tali progressi nella virtù che, a quattro anni, faceva già piccole mortificazioni in onore di Maria SS.
Percorsa felicemente in Napoli (era nativo di Mola di Bari) la carriera degli studi, divenne avvocato, acquistandosi una distinta clientela. Il Marchese del Vasto l’assunse quale suo Procuratore.
Fino dall’adolescenza si era posto, come la sua santa madre, sotto la direzione del P. Falcoja che gli predisse la sua futura vocazione.
Difatti, benché avesse 32 anni, conosciuto l’Istituto di Alfonso, si liberò dei suoi molteplici impegni e si portò a Scala ove fu accolto a braccia aperte. Fu ordinato sacerdote nel 1737 da mons. Falcoja, vescovo di Castellammare.
La Congregazione dei Redentoristi aveva undici anni di esistenza, quando Alfonso convocò tutti i Padri in Capitolo a Ciorani. Il 9 maggio 1743, lo Sportelli fu eletto Presidente del Capitolo, e mise in risalto l’obbligo di ciascuno di considerare solo la gloria di Dio e il maggior bene della Congregazione.
Fu eletto Alfonso Rettore Maggiore, e lo Sportelli fu nominato rettore di Pagani. Qui svolse una attività sorprendente, e riuscì a sventare una congiura che ordiva impedire l’apertura della chiesa. Il 18 luglio 1774, col permesso del vescovo, lo Sportelli benedisse il santuario improvvisato, celebrò messa, predicò, confessò i fedeli e dichiarò la chiesa ufficialmente aperta al pubblico.
Nel 1747, l’energico e instancabile P. Sportelli fu destinato a Materdomini. Dapprima dimorò in casa Santorelli. Si mise subito a restaurare e ingrandire l’edificio: preparava lui stesso la calce e provvedeva il legname.
Nel dicembre 1748, esausto dalle fatiche e colla testa in fiamme, si dirigeva per la montagna verso Ciorani, per predicarvi gli esercizi al clero. Cadeva la neve a larghi fiocchi! Cavalcava a stenti, e, a un tratto, stramazzò a terra colpito da apoplessia: si trascinò a stenti a Ciorani.
Ma la sua vita andava declinando! Più volte aveva predetta l’ora della sua morte. Otto giorni prima, disse ad un Padre che si portava alla Missione di Melfi, ove si trovava Alfonso: « Baciate per me la mano al Rettore Maggiore, e chiedetegli di raccomandare l’anima mia a Gesù, quando riceverà la notizia della mia morte ».
Prima che morisse, calmo e sereno, intonò il salmo: In exitu Israel de Aegypto. E spirò. Era il 19 aprile 1750. Aveva appena 49 anni.
Dopo 4 mesi dalla sua morte, il suo corpo fu trovato intatto, senza che esalasse alcun cattivo odore. Tre anni dopo, avvenne la stessa cosa: il cadavere apparve intatto e flessibile, senza traccia di putrefazione. Da una lieve incisione fattagli ad un braccio spillò sangue fresco e vermiglio.
Gli si attribuiscono numerosi prodigi, e S. Alfonso medesimo supplicò perché si desse inizio al processo di canonizzazione.
P. Bernardino Casaburi
S. GERARDO, anno XLVII, marzo 1947, pag. 3.
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Profili tratti da
Nella luce di Dio, Redentoristi di ieri.
del P. Francesco Minervino, Pompei 1985
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