P. Giovanni Battista Semenzin, C.Ss.R. 1928-2008 – Italia.
P. Giovanni Battista Semenzin, C.Ss.R. 1928-2008.
Il redentorista P. Giovanni Battista Semenzin, 1928-2008 – Italia, Provincia di Roma 80 anni. Una figura affascinante di missionario e di guida spirituale, innamorato della Madonna, della Congregazione e del suo lavoro apostolico. La sua presenza garantiva sempre un clima di festa e di partecipazione. – Aveva un fratello più grande, sacerdote redentorista anche lui: Padre Rino (Quirino), 1927-2017, che ha condiviso con lui per lunghi anni il ministero nel santuario a Bussolengo ed è morto a 92 anni. Apri la sua scheda.
Dati Ufficiali
- Cognome = Semenzin
- Nome = Giovanni Battista
- Nazionalità = Italia (Provincia di Roma
- Nato = 22-Mar-1928
- Morto = 04-Lug-2008
- Professione = 17-Ott-1946
- Sacerdote = 19-Mar-1952
Dal Periodico “Il Perpetuo Soccorso di Maria”, n 4, luglio-agosto 2021
In ricordo di Padre Giovanni Semenzin (1928-2008)
Nel 13° Anniversario della sua scomparsa avvenuta il 4 luglio 2008
Parlare oggi di Padre Giovanni Semenzin, a 13 anni dalla sua dipartita, avvenuta nella sua cameretta del convento dei Padri Redentoristi di Bussolengo, nella prima mattina di venerdì 4 luglio 2008, vuol dire rievocare il fascino di un incontro.
Vuol dire raccontare la carezza del Padre, vuol dire provare a dare ai lettori almeno una pallida copia di quella straordinaria presenza dì missionario redentorista che per 41 anni, dal 1967 al 2008, animò la vita del convento, del santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso, le celebrazioni, le missioni al popolo e raccolse infinite confidenze di gente di ogni ceto sociale.
Questo infatti era Padre Giovanni Semenzin, nato a Volpago del Montello (Treviso) il 22 marzo del 1928.
Aveva frequentato lo studentato filosofico-teologico di Cortona (Ar) ed era stato ordinato sacerdote il 19 marzo 1952.
Durante la sua vita ministeriale aveva insegnato nelle scuole missionarie di Bussolengo, quando in questa sede c’era il seminario, e a Scifelli in provincia di Frosinone.
Poi era stato a Roma come assistente dell’Azione cattolica nella parrocchia di san Gioacchino. Da qui aveva cominciato un’attività missionaria in varie regioni d’Italia, soprattutto in Sicilia e in Calabria. Si era negli anni ’50, l’Italia era appena uscita dalla guerra, quell’Italia ancora prima del “boom” economico, che stava pagando un prezzo altissimo in termini di emigrazione.
Padre Giovanni fece oltre cento missioni e al ritorno da ognuna (è un ricordo del compianto storico Elio Bonizzato) amava raccontare nelle prediche le sue avventure in queste terre, la commozione dei fedeli, le chiese gremite di folla. Aveva, in più, padre Giovanni, un pizzico di ironia, marchio indelebile della sua terra trevigiana.
A Bussolengo fu superiore dal 1967 al 1975 e gestì la fase conclusiva degli imponenti lavori di ristrutturazione della chiesa come si vede ora.
Conclusa la fase “operativa” della sua vita, si dedicò interamente alla liturgia, alla predicazione (e si dovrebbe aggiungere anche alla predicazione esterna nelle comunità che facevano a gara per avere padre Giovanni) e soprattutto a curare il ministero della confessione.
Il confessionale, il primo a sinistra nella chiesa del Santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso, fu la sua cattedra e il luogo dell’incontro con le anime.
Ore e ore: davanti a lui, come ho prima ricordato, passavano le vite degli altri, dall’umile operaio all’industriale, dall’intellettuale inquieto, all’uomo di spettacolo (il popolare Amadeus fu uno dei suoi) con le luci e le ombre, i drammi e le tragedie. Uomini e donne in cerca di una parola, di una illuminazione di un consiglio.
Padre Giovanni non arretrava davanti a nulla. Armato di una fede potente e nella serena volontà di affidare la propria vita a Dio e alla Madonna (sembra retorica, ma non lo è, e lo so per esperienza personale) spalancava il suo cuore per accogliere, per far sentire quella “carezza” che sottolinea l’identità di figli di Dio e dunque di fratelli.
Questo lavoro sommerso, continuo, incessante, assieme alla “ruminatio” (uso un termine della tradizione monastica) della Parola di Dio vennero alla luce al momento della sua morte.
L’impressione ovunque fu profonda. Arrivarono attestazioni da ogni parte d’Italia: monsignor Maffeo Ducali, vescovo emerito di Belluno e Feltre, figlio spirituale, che aveva scelto padre Giovanni come confessore, presiedette i solenni funerali in un santuario gremito in ogni ordine di posti, con numerosi sacerdoti, padri concelebranti e il neoeletto padre provinciale dei redentoristi della provincia romana, Giovanni Congiu, accompagnato da molti confratelli venuti da Roma e da altre case d’Italia.
Fu grande anche la commozione di padre Rino, fratello maggiore di padre Giovanni che aveva condiviso con lui per lunghi anni il ministero nel santuario dei Padri Redentoristi.
E ora, volgendo alle conclusione queste note, non ci rimane che suggellare questa figura più viva che mai con il ritratto che ne diedero due padri particolarmente vicini.
– “Da Padre Giovanni non si andava solo a confessarsi, ma a farsi invadere dall’amore di Dio”, commentò padre Felice Arlone.
– E padre Alfiere Ubaldi, allora superiore della comunità, definì: “Amo ricordare padre Giovanni come un sacerdote pieno di entusiasmo, zelante, instancabile, sia nell’annuncio del Vangelo, sia nel ministero della confessione. Sempre pronto a portare conforto, sollievo cristiano a chi gli confidava la propria croce, affidando poi tutti all’amore misericordioso della Madre celeste, di cui era innamorato”.
Così ci piace ricordarlo, come un testimone e maestro di vita spirituale, la cui lezione vive ancora nel cuore di molti che lo ricordano nelle loro preghiere.
Lino Cattabianchi
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