280. S. Alfonso. Visitava ed aiutava i carcerati.
Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)
280. S. Alfonso. Visitava ed aiutava i carcerati.
♥ Non meno degli ammalati, anche i carcerati furono oggetto della compassione compassione di Alfonso.
Rubando il tempo, si vedeva di volta in volta a visitarli: li confortava con i suoi detti, e li animava alla pazienza. Se erano poveri, non mancava di sollevarli con elemosine. In particolare, ogni sabato faceva somministrar a tutti cinque grana per ciascheduno.
- Attesta il Sacerdote D. Michele d’Apruzzo, che stando in Arienzo, anche di là gli mandava ogni sabato la data somma per somministrarla ai carcerati in S. Agata. Ed avendo saputo che i carcerati si giocavano il denaro, egli, per toglier loro l’occasione del gioco, volle che ne avesse comprato pane, e glielo avesse distribuito.
- Se taluni erano incarcerati per debiti, Alfonso si interponeva con i creditori, e tante volte ci rifondeva del suo.
- Stando in Napoli, fu a ritrovarlo una donna di Durazzano, di nascita non ordinaria. Piangeva la poveretta, avendo il marito nelle carceri di S. Maria d’Agnone, perché debitore alla Corte, come Postiere del Lotto, di trenta docati. Monsignore non potendo tanto, scrisse subito in S. Agata agli Amministratori delle Cappelle per un caritativo soccorso. Ne ebbe dodici ducati, ed avendoci posto altri diciotto del suo, consolò quella poveretta e ridiede il padre ai figli.
- Un anno, avendo aperta la visita in Arienzo, durante il sermone aprì al popolo il proprio cuore: disse che voleva sollevare tutti, e se a tutti non sodisfaceva, non era mancanza di amore, ma effetto della povertà, che anche lui sperimentava.
Sentendo questo un certo Mastro Marzio Petrillo, si voltò al Sacerdote D. Lorenzo Ruggiero e disse: “Allegramente, che abbiamo trovato il nostro prefetto” (intendendo della congregazione, che, per scherzo, si dice di San Miserino). - Monsignore, avendo saputo lo scherzo, se ne compiacque. Ed avendo saputo, dopo qualche tempo, che Marzio stava carcerato per debiti e che la famiglia penava per la fame, memore della facezia, disse: “Bisogna aiutarlo, questo è nostro confratello!”. – Pagò i dodici ducati che aveva in debito, e perché povero e carico di debiti, gli assegnò dieci carlini ogni mese.
(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 67). – Leggi tutto nell’originale.