145. S. Alfonso. Un vescovo sofferente dal cuore gioviale vigile. 1768.
Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)
145. S. Alfonso. Un vescovo sofferente dal cuore gioviale vigile. 1768.
♥ In mezzo alle sofferenze Alfonso non solo lo si vedeva ilare e sereno, ma scherzoso ancora e gioviale.
- Visitato dal Dottor Ferrara gli disse: “Voi vi sforzate di mantenermi a forza di puntelle e forcine, ma un giorno, nel sistemare una di queste, se l’alzate troppo, cadranno tutte le altre, e ci perderete la fatica”.
- Richiesto dal Parroco D. Tommaso Aceti se riposasse la notte, disse tepidamente: “Il giorno scaccio mosche e la notte piglio granchi”; volendo dire che non riposava né di giorno, né di notte.
- Ritrovandosi vicino al letto il Canonico Barba, mentre così penava, gli disse: “Ora sì che non posso passare più innanzi”…; “tante volte mi hanno chiamato collo storto, fintantoché ci sono incappato”.
♦ Tra questi deliri di morte, anche quando stava inchiodato sulla sedia, non mancava con la famiglia ai soliti esercizi di pietà. Di sera specialmente voleva tutti, col Vicario, nella propria stanza: si recitava il Rosario con le Litanie della Vergine, si facevano gli atti cristiani, e si soddisfaceva ad altre funzioni.
Tutto il giorno lo passava quasi di continuo in sentir leggere libri devoti e Vite di Santi.
Per non perdere tempo si faceva fare questa lettura a turno, dal Fratello Francesc’Antonio e da altri Preti che l’assistevano.
♦ Pur penando in questo stato, non dimenticò i suoi cari Diocesani. Voleva saper tutto. Si consolava se sentiva qualche traviato ravveduto, e si affliggeva se gli perveniva notizia di qualche scandaloso. Era pronto al rimedio, e ne voleva sapere gli effetti.
♦ Inviò lettere a diversi Baroni, implorandone il braccio [intevento di forza]. Agonizzando scrisse e rescrisse a varie Congregazioni in Napoli per avere in quell’anno Missionari per tutta la Diocesi.
♥ L’ottenne con sommo suo compiacimento ed il 21 novembre fece capo al P. Villani per un Casale, che ne restava di senza: “Per grazia di Dio, ho appuntato le Missioni per tutta la Diocesi, e già si sono cominciati in quattro luoghi. Un luogo mi resta, che non ha Missione, ed è Laiano, discosto da S. Agata quattro o cinque miglia: tutti poveri Villani e gente semplice. Sicché mi bisognano per lo meno due o tre Padri nostri, almeno due che faccino questa Missioncina dentro Carnevale, o almeno dentro Quaresima; ma più a gusto l’avrei dentro Carnevale”.
Così zelava Alfonso, ancorché oppresso da dolori, il bene dei suoi Diocesani.
(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 42). – Leggi tutto nell’originale.