S. Alfonso. Un vescovo piagato come Giobbe

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143. S. Alfonso. Un vescovo piagato come Giobbe. 1768.

Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)

143. S. Alfonso. Un vescovo piagato come Giobbe. 1768.

♦ La devastazione dell’artrite nell’anno 1768.

  • Avendo preso sede l’artrite nelle vertebre del collo, gli contorse la testa in modo tale che la fronte, con meraviglia di tutti, urtava fortemente nel petto. Guardandolo dinanzi, si vedeva il solo occipite, e di dietro come se la testa non vi fosse; non si vedevano che i soli omeri. Disse il Dottor Fisico D. Nicolò Ferrara: “Si deve stimare a miracolo se non restò strozzato da questo gran male”.
  • Altra cosa ancora aumentò il suo martirio. Poiché il capo gli si era contorto ed il mento inceppato in mezzo al petto, ispido e peloso, vi si fece una piaga tanto dolorosa quanto profonda. Quell’urto nel petto, soggiunsero i medesimi Fisici, impedì che Alfonso non restasse strozzato e che la testa non si vedesse girata nella parte opposta.
  • Questa piaga non era a vista e Monsignore non se ne dimostrava risentito, né era notata dai familiari, e neppure si poteva osservare dai Medici.
    Ma lo scolo marcioso, con la gran puzza che dava, posero in allarme i Medici. Il Chirurgo tentò di alzargli il mento, ma si dovette alzare le mani mano, perché era come violentarlo e strozzargli il collo.
  • Essendosi riuscito, dopo un po’ di tempo, a sistemare l’ammalato sopra un sofà e a metterlo in posizione orizzontale, fu ritrovata la piaga così profonda e così pericolosa, che poco mancava che so facesse strada nel petto; era talmente putrida e marciosa che faceva orrore.
  • Tali furono per Monsignor Liguori le conseguenze dell’artrite. Fissato l’umor maligno ed offesi i nervi, benché ristabilito da altri incomodi, a capo di più mesi, restò tuttavia col collo storto, e col capo ostipo. Così menò i suoi giorni, sempre penando fino alla morte.

Se penosi ed oltremodo amari furono questi suoi patimenti, ammirabile e sovrumana fu la sua pazienza. Non pativa, ma godeva patendo, considerandosi inchiodato con Cristo sulla medesima Croce.
Così disse il Dottor Mauro: “Io ammirai, ed ammiravamo tutti, tanta pazienza, e tanta costanza in un uomo, come se quei strapazzi fossero stati in carne non sua. Se non altro, quale pazienza ci voleva in tollerare presso la bocca ed in faccia al naso un lezzo così disgustevole, che vedevasi esalar da piaga così marciosa, non curata, né ripulita, né fasciata. Aggiunse il Dottor Ferrara: “Avendolo io assistito in tutte le sue penosissime infermità, ed in questa così dolorosa, posso con tutta verità attestare, che tutto soffrì con somma pazienza, senza prorompere in qualche lamento, uniformandosi sempre al divino volere, come se altri, e non lui patisse”.

 Il P. Rafaele da Ruvo, ex provinciale Alcantarino, testimoniò: Nella persona di Monsignor Liguori, si ammirava una viva immagine del santo Giobbe. Divenuto una massa di dolori, non ci fu caso che aprisse la bocca con un dolce oimè; e posso dire che non esso, ma un’altro patisse in persona sua. Un alzata di occhi al Cielo, con qualche devota aspirazione, era tutto il suo sfogo; ma detto con tal placidezza, che consolava, e confondeva me e tutti gli altri astanti”.

Un primario Chirurgo napoletano, che aveva ammirato in Arienzo la di lui pazienza, parlando in Napoli di questa piaga disse: “Se quel travaglio fosse stato in persona mia, avrei dato nelle smanie”, e ne restava ammirato e fuori di sé domandandosi come Monsignore con volto ilare e senza scomporsi, l’aveva potuto sopportare senza prorompere in qualche lamento..

(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 42)  Leggi tutto nell’originale.

1768. Il Dottor Mauro testimonia su Alfonso: “Io ammirai, ed ammiravamo tutti, tanta pazienza e tanta costanza in un uomo, come se quei strapazzi fossero stati in carne non sua. Se non altro, quale pazienza ci voleva in tollerare presso la bocca ed in faccia al naso un lezzo così disgustevole, che si vedeva esalar da una piaga marciosa, non curata, né ripulita, né fasciata”.