136. S. Alfonso. Un vescovo che governa non può contentar tutti.
Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)
136. S. Alfonso. Un vescovo che governa non può contentar tutti.
♦ Vi fu altra cosa che afflisse i nostri, ma non Alfonso. Una persona spacciò per Napoli, ma fu dicerìa di sfaccendato, che in Roma troppo male la pensavano del governo di Alfonso, a causa dei tanti ricorsi che vi erano contro di lui… così il Papa e le sacre Congregazioni… e che il Papa si pentiva della di lui elezione a Vescovo di S. Agata.
Scrivendogli di questo il P. Villani, Alfonso brevemente se ne sbrigò, dicendo:
“L’accusa in Roma può essere. Non ancora l’ho intesa nominare. Del resto, non so in quanto al governo, qual maggior attenzione potrei usarci, di quella che vi uso. Io mi noto continuamente sopra la carta ciò, che si ha da fare in quel giorno, o nel giorno appresso; e per gli affari della Diocesi metto sempre da parte tutte le altre cose, perché quelli sono li primi, e sono di obbligo, non così le seconde; e questo patentemente lo vedono tutti quelli della Diocesi. Faccia Dio il di più. Ma questa è la strada, per agevolarmi la rinuncia”.
♦ Altri, all’opposto, vedendo i tratti del suo zelo, lo volevano condannato per troppo rigore. Alfonso non si dava indietro, né perché si stimava debole, né perché si stimava per troppo forte.
Saldo era il suo operare, e non curava le dicerìe. Il rispetto umano non fece mai gioco in Monsignor Liguori.
♦ Si stava a tavola una mattina con vari Gentiluomini, e tra gli altri vi era il Canonico Clemente di Montella. Questi dicevano che si borbottava per un Prete, come ingiustamente esiliato. Invece il Prete era carico di varie mancanze, note ad Alfonso, ma non a tutti, ed aveva un attaccamento che doveva troncare. Alfonso, sentendosi censurato, se ne uscì con un sorriso, senza dir cosa in sua giustificazione. Il Canonico Clemente notò in lui somma moderazione, non giustificando se stesso, e somma carità, non pubblicando i difetti del Prete.
Così è chi governa: non può contentar tutti, e deve gloriarsi di aver Iddio per giudice della propria condotta.
(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 41). – Leggi tutto nell’originale.