S. Alfonso. Umile vescovo accolto con gloria

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118. S. Alfonso. Umile vescovo accolto con gloria. 

Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)

118. S. Alfonso. Umile vescovo accolto con gloria.

♦ Se l’umiltà faceva strada ad Alfonso dappertutto, la gloria e la venerazione lo susseguiva. Non vi fu ceto di persone, che non avesse dimostrato per lui una somma venerazione.

  • Essendosi portato nel Palazzo Reale, per implorare la protezione del Principe della Riccia, Montiere maggiore della Maestà del Re, non fu ricevuto come uomo, ma come Angelo. Sentendolo in anticamera, esce sollecito e con rispetto gli bacia la mano. Fatto inteso del tutto, prese a petto suo la causa, dicendosi disponibile per qualunque suo interesse. E Licenziandosi, lo accompagnò tutto ossequioso fino alla scala, e ritirandosi esclamò: ” Benedetto Iddio, vi ringrazio d’avermi fatto vedere un’altra volta questo sant’uomo!”.
  • Il Marchese Demarco, ancorché occupato con un’altro Vescovo, giungendo Alfonso, licenzia quello, ed uscendogli incontro, ossequioso vuole baciargli la mano. Nel calare, non contento di averlo accompagnato fino alla porta dell’anticamera, gli passava innanzi. Si ferma Monsignore, ricusando ogni altra finezza; ma il Marchese, passando avanti disse: “Agli altri fin qui, a Voi fin lì!”. Volle accompagnarlo fino alla porta della sala, e volle di nuovo ribaciargli la mano.
  • Con non minor venerazione fu egli ricevuto dal Marchese Cavalcanti, Luogotenente della Camera. Ricevendo questi l’imbasciata, in fretta andò a comporsi e licenziandosi, lo accompagnò fino al secondo ordine della scala.
  • In eccesso di somma stima diede per Alfonso il Principe di S. Nicandro. Era questi uno dei Reggenti ed Aio allora del nostro Sovrano. Oltre i replicati segni di somma venerazione che dimostrò in riceverlo, licenziandosi calò la scala, e volle accompagnarlo fino al piano del cortile; né vedevasi sazio di ribaciargli la mano, e raccomandarsi alle sue orazioni.
  • Non voglio omettere i segni di venerazione con cui fu ricevuto dal Marchese Cito suo amico e Presidente del Consiglio. Giungendo, gli si fa incontro, ed avendogli baciato la mano, rispettoso l’intromette nella sua stanza, serra la bussola e lo ascolta con piacere. Fu così lunga l’udienza, che disgustati i tanti Avvocati, e Signori che vi erano in anticamera, borbottando se ne calarono dicendo: “Il Sig. Presidente, quando in quest’ora vuol dar udienza a Monsignor Liguori, che metta i cartelli per Napoli e non tenga Camera Reale”. Non contento il Marchese di averlo accompagnato fin sopra la scala, scendendo a basso, lo accompagnò fino alla carrozza, ribaciandogli con ossequio la mano.

(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 39)  Leggi tutto nell’originale.

In Napoli l’umiltà faceva strada al vescovo Alfonso e la gloria e la venerazione lo susseguivano. Ogni ceto di persone dimostrava per lui somma venerazione.