S. Alfonso. Sicilia 1771. Tra quiete e tempesta

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195. S. Alfonso. Sicilia 1771. Tra quiete e tempesta.

Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)

195. S. Alfonso. Sicilia 1771. Tra quiete e tempesta.

♦ I Padri di Girgenti [Agrigento] avevano informato Alfonso di una fruttuosa missione di esercizi fatta in Casa. Il santo vecchio, che temeva più la calma di quanto potesse temere la tempesta, riscrisse il 30 aprile 1771:

“Mi consolo molto, mi consolo degl’Esercizi fatti in Casa; ma da una parte queste consolazioni mi fanno timore. Diceva S. Teresa che le persecuzioni sono segni che chi semina fa frutto. Voi state senza persecuzioni: ma quo ne stiamo ben provveduti; benché il Signore ci aiuta”.
E in questo tempo si vedevasi così storpio e così travagliato che firmava questa lettera: Fratello Alfonso Maria Cionco.

♦ Purtroppo non durò la quiete in Sicilia… Gli accusatori, non contenti di averci denigrati in Palermo, con maggior lena, non solo fecero di nuovo capo in Palermo, accumulando calunnie e ri-friggendo le passate, ma si avanzarono anche in Napoli.

  • Essi presentano al Re i Missionari come infetti di dottrine malsane, Molinisti e fracidi probabilisti: gente rapace, che andava in cerca di danaro e non di anime; perniciosi allo Stato ed alla Chiesa; e pur non avendo Reale permesso, si erano stabiliti da temerari con Casa in Girgenti, e si trattenevano fastosamente in Sicilia.
  • Il Cannella, soprattutto, cercava la protezione Reale, attestando di essere perseguitato dai Missionari per la sana dottrina che egli possedeva, e per opporsi alla loro tutta contraria al Vangelo ed ai sentimenti della Chiesa.
  • Una tale accusa non poteva non far senso presso al Sovrano. Oltre ciò, si vedeva il Cannella, con la torcia nelle mani, attizzare sempre il fuoco nelle Reali Segreterie, assistendo ora presso un Ministro, ed ora presso un altro.

Non mancò Alfonso, vedendo le cose in cattivo aspetto, di giustificare se stesso ed i suoi presso il Sovrano ed i Ministri.
♦ Egli spiegò che, benché i suoi Missionari stessero in Girgenti, vi stavano come giornalieri disponibili ad ogni cenno del Vescovo, alimentati a spese del Vescovo, ed impiegati in beneficio di quei Diocesani, come si operava in Regno con sommo compiacimento dei rispettivi Vescovi.
♦ Che Monsignor Lucchesi, che li aveva chiamati, pensava, dopo averli sperimentati, aveva pensato di fermarli effettivamente, ma che raggiunto dalla morte, non ebbe tempo di far presente alla Maestà Sua il gran disegno che meditava, e di eseguirlo col suo beneplacito.

(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 49)  Leggi tutto nell’originale.

Alfonso rappresentò al re che, benché i suoi Missionari stessero in Girgenti, vi stavano come giornalieri, disponibili ad ogni cenno del Vescovo che li aveva chiamati, alimentati a spese del Vescovo ed impiegati in beneficio dei fedeli diocesani.