S. Alfonso. Pratica dell’umiltà è pratica di misericordia

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57. S. Alfonso. Pratica dell’umiltà è pratica di misericordia.

Pagine Alfonsiane sulla Misericordia

57. S. Alfonso. Pratica dell’umiltà è pratica di misericordia.

Chi non è umile, non può piacere a Dio, il quale non può soffrire i superbi. Egli ha promesso di esaudir chi lo prega, ma se lo prega un superbo, il Signore non l’esaudisce; agli umili all’incontro diffonde le sue grazie.
L’umiltà si distingue in umiltà di “affetto” ed umiltà di “volontà”. L’umiltà d’affetto consiste nel tenerci noi per quelli miseri che siamo, che niente sappiamo e niente possiamo, se non far male. Quanto abbiamo e facciamo di bene, tutto viene da Dio.
L’umiltà di “volontà” consiste nel compiacerci d’essere disprezzati dagli altri. Chi ha meritato l’inferno, merita d’essere calpestato dai demoni per sempre. Gesù Cristo vuole che impariamo da lui ad essere mansueti ed umili di cuore. Molti sono umili di bocca, ma non di cuore. Dicono: “Io sono il peggiore di tutti: merito mille inferni”. Ma poi se uno li riprende, o lor dice una parola che non piace, si voltano con superbia. Questi fanno come i ricci, che subito che son toccati, si fanno tutti spine.
Veniamo alla pratica.

  • non mettiamo mai confidenza alle nostre forze ed ai nostri propositi; ma diffidiamo e temiamo sempre di noi.
  • non ci gloriamo mai delle cose nostre, come dei nostri talenti, delle nostre azioni, della nostra nascita, dei nostri parenti e simili.
  • non ci sdegniamo con noi stessi dopo il difetto. Ciò non è umiltà, ma superbia, ed è anche arte del demonio per farci diffidar in tutto e lasciar la buona vita. Quando ci vediamo caduti, diciamo come diceva S. Caterina da Genova: O Signore, questi sono i frutti dell’orto mio “. Allora umiliamoci e subito rialziamoci dal difetto commesso con un atto d’amore e di dolore, proponendo di più non ricadervi e confidando nell’aiuto di Dio.
  • vedendo le cadute degli altri, non ce ne ammiriamo; ma compatiamoli e ringraziamo Dio, pregandolo a tenerci le mani sopra; altrimenti il Signore ci punirà con permettere che cadiamo negli stessi peccati e forse peggiori di quelli.
  • stimiamoci sempre i maggiori peccatori del mondo; e ciò quantunque sapessimo che altri abbiano più peccati de’ nostri; poiché le nostre colpe commesse dopo tanti lumi e grazie divine peseranno più avanti a Dio, che le colpe degli altri, benché in maggior numero.
  • allorché ricevete qualche affronto, soffritelo con pazienza ed accrescete l’amore a chi vi disprezza. Questa è la pietra paragone per conoscere, se una persona è umile e santa… Son buone le umiliazioni, che facciamo da per noi [davanti] agli altri, ma molto più vale l’accettar le umiliazioni che dagli altri vengono fatte a noi.

(S. Alfonso, da Via della salute, Parte terza, Regolamento di vita d’un cristiano, Capo III – Pratica delle virtù’ cristiane, 1. Pratica dell’umiltà). 
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Quando ci vediamo caduti, diciamo come diceva S. Caterina da Genova: O Signore, questi sono i frutti dell’orto mio “. Allora umiliamoci e subito rialziamoci dal difetto commesso con un atto d’amore e di dolore, proponendo di più non ricadervi e confidando nell’aiuto di Dio.