350. S. Alfonso. Povertà, obbedienza e mansuetudine.
Pagine Alfonsiane sulla Misericordia
350. S. Alfonso. Povertà, obbedienza e mansuetudine.
♦ Dilettissimi miei, Voi già sapete che due sono le pupille della nostra Congregazione, la povertà e l’ubbidienza, e queste mantengono la Congregazione, e se mancano queste è perduta la Congregazione.
♦ Padri e Fratelli miei, stiamo attenti a non aprire la porta contro la povertà, perché sortirà come è sortito ad alcuni Ordini Religiosi, che prima erano tanto osservanti, e poi decaduti. Così sortirà alla Congregazione, se non si è esatti nell’osservanza della povertà, ed a questo devono stare molto attenti i Superiori.
♦ L’altra pupilla della Congregazione, è l’ubbidienza; virtù che ci fa essere religiosi; se si perde l’ubbidienza la Congregazione non è più Congregazione, non è più Casa di Dio. Anche nelle Ordini Religiosi più lassi ha tutto il rigore l’ubbidienza, e si fa tutto il possibile per mantenerla.
♦ Padri e Fratelli miei, la mansuetudine è virtù propria dei Religiosi, ed uno non è mansueto se non è umile; la mansuetudine fa’ stare in pace l’animo in tutti gli incidenti.
Ci è molto necessaria la mansuetudine: per noi stessi e per gli altri, specialmente nelle cose avverse.
♦ Nelle cose prospere ognuno sta allegro, in pace; se poi accade qualche cosa contraria ed egli si disturba; allora è segno che non c’è mansuetudine. Specialmente nell’infermità si conosce se uno ha la virtù della mansuetudine. Ah! quanto nell’infermità si scoprono ribelli, perché non hanno mansuetudine.
(S. Alfonso, Sentimenti di Monsignore, 40-47)
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