313. S. Alfonso. Non per sé, ma per la Chiesa.
Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)
313. S. Alfonso. Non per sé, ma per la Chiesa.
♦ Per quanto Monsignore Alfonso si tratteneva dal cercare il proprio profitto, altrettanto era sollecito per assicurare ai suoi successori i corpi della Mensa.
- Nei primi tempi che giunse in S. Agata, vedendo che questa godeva molti poderi, fu sollecito perché non perdessero di pregio. Dove mancavano gli ulivi, voleva che si riponessero; ogni anno faceva rimpiazzare viti, olmi e pioppi già secchi; e se c’era spazio non coltivato, voleva che se ne aumentasse il numero.
- Vedendosi lesionata una parte dell’Episcopio, chiamò subito da Napoli i due soliti Architetti, e, volendo evitare un maggior danno, vi spese seicento e più ducati. Rinforzò anche il travamento del salone che era indebolito.
- Essendo lesionata una Casa della Mensa, tenuta in fitto da un certo Stasi, e non curando quello di riattarla, Monsignore insisteva, che peggiorando, si perdeva dalla Mensa l’annuo censo.
- Scrisse al Primicerio Petti: “Io sto con lo scrupolo, e al più presto voglio spenderci io quello che bisogna per rifare la casa, anziché abbassare il fitto, né voglio restare inquieto per questo”.
- Non solo gli premeva che i fondi non deteriorassero, ma cercava anche che si rendessero più vantaggiosi. Sapendo che era in voga l’industria della seta in S. Agata, e che questa richiedeva molta fronda di more, volle che si moltiplicassero gli arbusti di queste, e cercò parere se più rendevano le more bianche, o le nere. Inoltre vedendo sfornito di alberi il giardino adiacente all’Episcopio, vi fece piantare grandi quantità di agrumi.
(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 70). – Leggi tutto nell’originale.