S. Alfonso musicista

Un umanista del ‘700 italiano – Alfonso Maria de Liguori
5. S. Alfonso musicista

Indice
1. La preparazione
2. Finalità pastorale
3. L’accoglienza del popolo
4. L’accoglienza di maestri e di critici
5. Un capolavoro nel suo genere
6. I cardini della spiritualità musicale cristiana 

1. La preparazione
«Molte, belle e divote canzoni, sia in lingua toscana che in dialetto napoletano compose l’Ill.mo e Rev.mo Mons. Alfonso M. de Liguori, che fu Rettore Maggiore della Congr. del SS. Redentore e Vescovo di S. Agata dei Goti, il quale passato pochi anni sono all’altra vita, ha lasciato di sé la fama non sol di Santo ma ancor di letterato. E come intendente di musica vi adattò semplici modulazioni, e sì da per se stesso come per mezzo dei suoi congregati da per ogni dove insegnò al popolo di cantarle, onde tutta la città, massime in tempo di sera, sembrava un oratorio» (1).

Sant’Alfonso è stato anche un buon musicista. Lo ricordano, sotto questa veste, diverse enciclopedie (2). Le sue canzoncine spirituali sono ancora nel cuore del popolo italiano, specialmente di quello del Sud. Esse fanno parte del patrimonio folcloristico del paese più canoro del mondo. Il suo Duetto per voci e archi, composto a 64 anni, è stato eseguito a Londra, Vienna, Parigi, Roma, Venezia, Verona, Napoli. La sua musica, talvolta, è giunta a noi, anonima e discreta; una volta, dalla colonna sonora di un film L’Albero degli zoccoli di E. Olmi, e Buon Natale, buon anno di L. Comencini, con le note di Tu scendi dalle stelle.

La sua preparazione musicale è stata molto accurata. «Essendo D. Giuseppe suo padre molto appassionato per la musica, volle che anche il figlio con perfezione ci fosse riuscito. Tre ore ogni giorno se la doveva divertire in camera Alfonso col maestro; ed era tale l’impegno di suo padre che non potendoci tal volta assistere, come soleva, chiudeva al di fuori l’uscio con chiave, e lasciandolo col maestro, partivane per gli suoi affari. Non era ancora Alfonso in età di dodici in tredici anni, che toccava il cembalo da maestro… Piangeva Alfonso nell’ultima sua vecchiaia questa sua applicazione: Pazzo che sono stato, disse un giorno guardando il cembalo, in averci perduto tanto tempo; ma dovevo ubbidire, perché così voleva mio Padre. Riuscì così eccellente nella Musica, e nella Poesia, che anche vecchio metteva in nota, e componeva a meraviglia» (3). 

Per tre anni si perfezionò, alla scuola del celebre Gaetano Greco (1650?-1728), dalla quale uscirono Francesco Durante (1648-1755), Domenico Scarlatti (1685-1757), Nicola Antonio Porpora (1686-1768), Leonardo Vinci (1696-1730), Giovan Battista Pergolesi (1710-1736), ed altri.
Dal 1706 al 1723 frequentò l’oratorio dei Girolimini di Napoli, dove si coltivavano le tradizioni musicali volute da s. Filippo Neri.
Fu proprio in quest’oratorio che il giovane musicista si esibì in pubblico, come ci ricorda il Tannoia: «Avendo fatto rappresentare i Padri Girolimini l’opera di S. Alessio da varj Cavalerotti, vi recitò anche Alfonso; e dovendo rappresentare la parte del Demonio in atto di suonar il cembalo, lo toccò con tale maestria, che tutta l’udienza ne restò stupita» (4).
Spesse volte, dalle famiglie più vicine alla sua per amicizia o per nobiltà, era invitato a tener vive e allegre le serate col suono del cembalo. 

Pagani, Museo Alfonsiano - Clavicembalo usato da S. Alfonso.

2. Finalità pastorale
«Alfonso concentrò i propri obiettivi pastorali intorno alla missione. Soprattutto per le missioni, infatti, egli componeva le canzoncine spirituali, che per altro cantava di persona, come testimoniano i suoi contemporanei» (5).
Il critico E. Salvadori ha scritto: «Alle canzonette e agli idilli sdolcinati e spesso licenziosi del Maggi, del Rolli, del Metastasio e di cento altri sospiranti per fantastiche ninfe fuggiasche sempre tra i mirteti d’Arcadia, con semplicità ed efficacia e con fine più che letterario, altamente morale, Alfonso de Liguori contrapponeva le sue Canzonette spirituali e sacre» (6).

Circa la finalità e il successo delle composizioni musicali di Alfonso abbiamo moltissime testimonianze da parte di coloro che con lui avevano vissuto, o di persone che avevano ascoltato testimoni oculari. Gli scopi più immediati da raggiungere per mezzo del canto erano: la lode di Dio e della Vergine, l’annuncio della misericordia del Signore e dei misteri della fede; e, non ultimo, sostituire nel cuore e nella mente dei fedeli canzoni lascive e perniciose.

«Volendo disaffezzionare le zitelle specialmente dalle canzoni profane, cantar ne soleva prima della predica delle divote da esso composte; ed affaticavasi per farne apprender il tuono» (7).

Il p. G.B. Di Costanzo, il 10 settembre 1788, testimoniò: «Mi ricordo che si metteva a suonare il cembalo e a cantare, con voce angelica, qualche sua canzoncina; delle quali ne compose e stampò in gran numero, perché s’imparassero da tutti nelle missioni e si levasse l’abuso delle canzoni profane… E maggiormente esprimono l’uno e l’altro (cioè le doti e le perfezioni della Vergine e la sua tenerezza verso i peccatori) le tante canzoncine composte e stampate dal Servo di Dio in onore di Maria santissima» (8) 

Rilevante, come al solito, la testimonianza di p. A. Tannoia, che fu vicino al Santo in diverse occasioni. Egli più volte, nell’opera spesso menzionata, ricorda sia l’attività musicale di Alfonso sia le finalità apostoliche che intendeva raggiungere: «Avendo conosciuto il gran male che dalle laide canzoni risultava a’ giovanetti e zitelle, ed il gran bene che operavano le sue, poste nella bocca di questi, volendo spargerle da per tutto, raccolte in un volume le diede alle stampe. Chi legge non può non ammirare la grazia dello Spirito Santo, che in quelle vi riluce, ed il suo gran talento. In tutte, benché popolari, ci si trova diletto, e compiacimento; ma in talune alza Alfonso il volo sopra se stesso, e fa conoscere l’arte, che possedeva, e lo Spirito Divino che inebriavalo. Tale è quella sulle parole di S. Bernardo: Servus timet; l’altra che incomincia: Selva romita, e oscura, che compose in questa Casa; e i dialoghi sulla Cantica; ma in quella: Dove mi ritrovo, individua a meraviglia se stesso e gli affetti di un’Anima ebra di amor Divino. In tutte vi, racchiude il più bello della mistica Teologia; e queste ed altre gareggiano tutte con quelle altrettanto divine del Beato Giovanni della Croce» (9).

Per ogni tipo di predicazione, Alfonso aveva composto la canzoncina appropriata: «In tutte le feste di Nostro Signore e della Vergine, nell’adorazione del Santissimo Sacramento, nella Passione, nella preparazione alla morte e perfino nei sette mercoledì di san Giuseppe, il missionario musicista aveva con sè le sue canzoncine, e sempre, in tutte le occasioni le insegnava al popolo» (10).

Durante un’esposizione pubblica del Santissimo, «prima della predica cantar soleva la sua canzone: Gesù mio con dure funi, ma con. tal divozione, e con tuono così flebile, che dava il Popolo in dirottissimo pianto; ed in senso di que’ Padri fruttava più la canzoncina, che il sermone» (11).

Da vescovo, «ogni mese, portandosi in giro per le Parrocchie, e dipartendo il tempo per ognuna, costumava di fare con Gesù esposto la protesta della buona morte. Non può credersi quanto profittasse Monsignor Liguori con questo pio esercizio. Vedevansi le Chiese zeppe di Popolo. Con modo particolare metteva in aspetto la deformità del vizio, ed il bello della virtù; e veder faceva pratticamente il gran divario che passa tra il giusto moribondo, ed il peccatore. Vedevansi in Chiesa fiumi di lagrime, e non mancavano delle prede a danno dell’inferno. Anche in quest’occasione aveva Egli delle particolari canzoncine, che non meno della predica commovevano l’uditorio» (12). 

3. L‘accoglienza del popolo
Il de Liguori scriveva le canzoncine e le cantava ai suoi missionari. Questi, specialmente durante le predicazioni, le insegnavano al popolo, che le portava con sé cantandole non soltanto nelle chiese, ma nelle campagne, sui colli, nelle case. «Il popolo s’era talmente innamorato di questi canti che più d’una volta gettò alle fiamme gli strumenti stessi con cui soleva accompagnare canzoni profane — ciò che dimostra il carattere tutto popolare impresso dal nostro santo alla sua musica» (13).
Ancora una volta de Liguori ha colto il segno: è arrivato al cuore dell’uomo pure con la musica, per ascoltarne il sentimento e per dar voce ai suoi affetti.

«Poiché Alfonso canta pel popolo, egli canta ed esprime l’amore divino quasi con le stesse parole e gli stessi modi onde il popolo canta gli amori umani» (14).
«Questo movimento verso il popolo costituì anche un importante fatto culturale, perché interessò e incise sulla vita sociale, religiosa ed anche letteraria del popolo» (15).
Il popolo ha ricompensato sant’Alfonso nella maniera più ovvia: facendo propri i suoi versi e le sue melodie, conservando le sue canzoncine nel proprio cuore e cantandole in quasi tutta l’Italia fino ai nostri giorni.

Lo scrittore danese J. Joergensen ricorda di aver sentito cantare, verso il 1926, una melodia alfonsiana, lungo la mulattiera che conduce a Poggio Bustone (Rieti): «In testa al corteo ondeggia lo stendardo della Vergine, seguito dal gruppo di ragazze vestite di bianco. Poi viene un crocifisso, scortato da un gruppo di uomini, e dietro c’è la musica, una rumorosa fanfara di dodici strumenti di rame; infine una larga coda di uomini e di donne ammassati senza ordine, un po’ a caso. Di tanto in tanto le ragazze, all’unisono, cantano un cantico monotono e infinito, in cui ritorna sempre lo stesso ritornello: Evviva Maria e chi la creò. L’hanno cantato tutta la mattinata, andando; continuano a cantarlo ora e continueranno fino alla tarda ora di sera, quando raggiungeranno Poggio Bustone» (16).

Lo stesso pellegrino-scrittore racconta di aver ascoltato a Betlem, dentro la basilica della Natività, il motivo Tu scendi dalle stelle: «Fra questo silenzio, ascolto (è un sogno o una realtà?) come cantata da un coro sopra la chiesa e su, sopra il mio capo, la vecchia pastorale italiana, col suo dolce suono di ciaramelle… L’udii cantare poco prima di lasciare l’Italia, ad Assisi, in casa di amici italiani» (17).

M. Palladino narra di aver sentito fra i. monti d’Abruzzo una delle tante canzoncine mariane di sant’Alfonso: «Cadeva la notte d’un rigido febbraio, e si stava in cima a una montagna che guardava la Maiella. Era l’ultimo giorno di una Missione. La neve il suo bianchissimo manto aveva disteso sopra i monti e le vallate, sopra i tetti delle case… Le lampade sparse, poco a poco, si aggruppano, si. addensano, riflettendo un raggio rossastro sul niveo lenzuolo. Era tutto un popolo che si appressava alla casa dei missionari. E pel silenzio della notte, per quell’aria che agghiacciava, per quelle valli e quelle montagne irrigidite, corse il canto della speranza, della pace e dell’amore, corsero le alate strofette di sant’Alfonso: O bella mia speranza, / Dolce amor mio, Maria, / Tu sei la vita mia, / La pace mia sei tu» (18). 

4. L‘accoglienza di maestri e di critici
Abbiamo centinaia di manoscritti alfonsiani; ma non ne abbiamo nessuno delle sue melodie. Eppure, come ci ricorda lo studente Giuseppe Messina, gli originali delle musiche non soltanto sono stati scritti ma sono anche circolati: «Io gli cercai alcune carte da sé composte, come la Salve Regina e il Duetto di Gesù e l’Anima» (19). 

Ordinato sacerdote ed eletto parroco di Pagani, il suddetto G. Messina — che alcuni confondono con G. Minervino — attesta: «Dopo rimpatriato qui (a Pagani), rinunziato al Vescovado, egli mi domandò alcune carte musicali da sé composte, come la Salve Regina e il duetto di Gesù e l’Anima. Io gliele portai. Egli mi disse che ora che non era più vescovo, voleva sollevarsi qualche poco» (20). 

Nelle varie edizioni delle Canzoncine, stampate lui vivente, abbiamo solo le parole. Le sue melodie «ci sono pervenute, con tante varianti, attraverso la viva voce dei fedeli e dei Missionari che, con questi canti, hanno espresso la loro gioia e la loro fede per più di due secoli» (21).
Il primo tentativo di fissare le musiche alfonsiane è stato del p. G. Mautone (1765-1845). Ma il suo studio non è arrivato fino a noi. Dopo di lui, in Italia, il lavoro di un certo impegno per la ricerca della musica originale è stato portato a termine nel 1932 dal p. A. Di Coste, che ha dato un notevole contributo alla sua trascrizione.
Per gli ultimi anni citiamo i lavori di due Redentoristi, appassionati studiosi della musica alfonsiana: p. Giacomo Cirelli e p. Salvatore Brugnano. Il primo ha elaborato per coro a quattro voci ineguali le più belle melodie popolari, edite a Bergamo, nel 1987, dalle Edizioni Carrara. L’altro, nel 1982, ha stampato presso la Valsele Tipografica una raccolta di 21 canzoncine: essa, come dichiara l’autore, «permette di avere per, intero il testo delle poesie, anche di quelle lunghissime, e la melodia, anzi le melodie, come avviene in diversi casi» (22).
Parlando con rigore critico, dobbiamo pertanto concludere che le melodie correnti dei testi alfonsiani, nel loro complesso, non sono tutte attribuibili al Santo con assoluta certezza, ma solo con maggiore o minore probabilità. Ad eccezione del Duetto.

Molti musicisti si sono interessati alle canzoncine del de Liguori per armonizzarle a più voci. Ricordiamo soltanto i due maestri più celebri: Lorenzo Perosi (1872-1956) e Pietro Magri (1873-1937). 

5. Un capolavoro nel suo genere
«Abbiamo tra le sue canzoni un duetto tra l’Anima e Gesù appassionato, che da’ Musici fe’ cantare per intermezzo tra il Catechismo e la Predica, allorché in Napoli diede gli esercizi nella gran chiesa detta la Trinità de’ Pellegrini» (23).
Lo fece eseguire nel 1760. Sul frontespizio scrisse: Duetti tra l’Anima e Gesù Cristo. Con violino.
I critici lo hanno giudicato un piccolo capolavoro.

Di questa operetta — chiamata anche Canto della Passione — abbiamo l’originale, trascritto, per volere dell’autore, da un amanuense anonimo, probabilmente un suo confratello; il quale, dopo le ultime battute dell’ultima pagina, ha aggiunto: «Nel tempo medesimo, che lo scrittore prega il Padre Rettore per un benigno perdono, gli chiede la S. Benedizione».

Dunque, nemmeno del Duetto abbiamo il manoscritto originale. Del santo però, nel manoscritto in parola, abbiamo delle correzioni autografe (vedere la seconda e terza battuta dello spartito riportato nella seconda metà di p. 130). Ed è già una grande fortuna, date le vicende a cui il testo è andato soggetto. Di esso infatti per vari decenni s’era perduta ogni traccia.
Fu soltanto dopo il 1850 che il cavaliere Frederick W. de Liguoro — socio della Regia Accademia di Napoli, socio onorario della Pontificia Società di S. Cecilia di Roma e di quella filarmonica di Venezia — lo trovò nella Biblioteca Reale del British Museum di Londra.
Pare che la prima volta è stato dato alle stampe proprio a Londra nel 1860, giusto cento anni dopo la sua composizione.
Il celebre editore John Philp e lo stesso F.W. de Liguoro, che ne preparò l’arrangiamento per organo e pianoforte, lo presentarono ai cultori in una Selezione di musica classica della Scuola napoletana.
In Italia è stato stampato nell’aprile del 1905, sul periodico Santa Cecilia, col testo in quattro lingue: francese, tedesco, inglese e, naturalmente, italiano.

S. ALFONSO, Duetto tra l’anima e Gesù-Cristo, Copia con correzioni autografe del Santo. Londra, British Museum, Ms 144221 (Foto Raccolta Marrazzo).

Il maestro Max Dietz, professore di estetica musicale e di storia della musica all’Università di Vienna, nella Prefazione all’edizione tipica del Duetto curata da Joseph C. Heidenreich, cssr, stampato a Vienna nel 1895, scrive: «Questo recitativo e duetto rivelano l’impronta indelebile di quello stile musicale napoletano che raggiunse il suo massimo splendore nella scuola del compositore Leonardo Leo (1694-1744). A volte si avverte la parentela spirituale con G.B. Pergolesi e con L. Vinci, ma in genere prevale decisamente lo stile di Leo che, tra i contemporanei, emerge come maestro di composizione. Comunque, anche se risente lo stile del tempo, la composizione di sant’Alfonso mostra una innegabile originalità e un’inventiva propria.
«In quest’opera risplende in maniera eccellente l’arte con cui vengono sviluppati con chiarezza concetti distinti secondo la propria natura, ma organicamente raccordati da un flusso musicale unitario. Se nel duetto, dal canto molto fluido, si sprigiona un talento melodico eccezionale, nel recitativo meraviglia la straordinaria potenza espressiva con cui si esprimono sentimenti altamente drammatici.
«È degno di nota il fatto che l’autore abbia rivolto una particolare attenzione al testo, soprattutto se si pensa al tempo in cui visse. L’opera infatti è indenne da quelle maniere ben note dalle quali sono spesso deformate le opere napoletane dell’epoca e dalle quali risultano mortificati il nucleo ispirativo e il vigore espressivo. Da un tale difetto è immune l’opera del de Liguori che dimostra maturità e padronanza. In essa, eleganza e bellezza sono intimamente congiunte a grazia e gravità. Da essa spira poi un tal calore che chi la canta bene, o la sente cantare bene, ne resta profondamente commosso».

Il maestro Angelo Tonizzo ha osservato: «Musica scritta con mirabile chiarezza, per voci bianche, accompagnate da violino e da bassetto in cifra, che comincia con la declamazione a solo (recitativo) di una tenerezza indicibile, per poi assorgere al canto elevatissimo a due, e che riassume nell’infinita dolcezza di un celestiale amore l’eccelso dramma della divina Passione» (24). 

6. I cardini della spiritualità musicale cristiana
«Già al termine del mio lavoro su S. Alfonso, Un musicista sconosciuto del ‘700 napoletano, mi auguravo che l’operamusicale del de Liguori gli avesse conferito il diritto alla compresenza nei repertori, dizionari ed enciclopedie musicali con analoghi operatori del settore già ivi ufficialmente riconosciuti.
Tutta la storia della Musica Sacra popolare, infatti, dall’antico Oriente, che annovera come primo cultore di questo aspetto S. Efrem il siro, a quella occidentale che rivela in S. Giovanni Bosco l’ultimo grande esponente di quest’arte, è costellata di nomi che hanno lasciato un’indelebile immagine di sé: Ilario di Poitiers che mediò per l’occidente l’espressione poeticomusicale efreèmiana; Ambrogio di Milano, Paolino di Noia, Venanzio Fortunato, Francesco d’Assisi con tutta la conseguente tradizione laudistica che arrivò fino al de Liguori; Filippo Neri che rappresentò la sutura tra la tramontante Lauda e il nascente Oratorio e Martin Lutero, la cui pallida espressione del primitivo Corale sfociò nelle colossali costruzioni bachiane delle Cantate e Passioni.

Accanto a tutti questi cardini della spiritualità musicale cristiana merita, senz’ombra di dubbio, di essere annoverato anche il santo musicista napoletano, soprattutto tenuto conto che ormai la sua espressione artistico-musicale non è rimasta circoscritta al meridione agricolo d’Italia, ma, grazie ai suoi missionari, è divenuta popolare in tutti gli oltre 60 paesi del globo, dove essi incessantemente operano da oltre un secolo e mezzo (25)».
Paolo Saturno. 

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Video del Duetto tra l’Anima e Gesù Cristo (di A. Wodka)
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Note
(1) M. del Piano, Laudi spirituali nell’idioma toscano e napoletano per lo popolo, Napoli 1790, p. 48.
(2) C. Bellaigne, Portraits et silhouettes de musiciens, Paris 1896; Dizionario dei Musicisti, Milano 1937; Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti, Torino 1986.
(3) A. Tannoia, op. cit., I, p. 8-9.
(4) A. Tannoia, op. cit., I, p. 8.
(5) M. Marx-Weber, Alfonso Maria de Liguori compositore; il ruolo della musica nella sua attività pastorale, in S. Alfonso M. de Liguori e la cultura meridionale, Cosenza 1985, p. 57.
(6) E. Salvadori, Sant’Alfonso poeta, in Nel secondo centenario della nascita di Sant’Alfonso de Liguori, Roma 1896, p. 80.
(7) A. Tannoia, op. cit., III, pp. 79-80.

(8) Copia processus, già citata nella nota 24.
(9) A. Tannoia, op. cit., II, p. 185.
(10) G. Bogaerts, SantAlfonso Maria de Liguori musicista, Roma 1904, p. 55.
(11) A. Tannoia, op. cit., III, p. 81.
(12) A. Tannoia, op. cit., III, p. 80.
(13) G. Bogaerts, op. cit., p. 57.
(14) A. Capecelatro, Vita di Sant’Alfonso, Roma 1897, I, p. 454.
(15) S. Brugnano, Le canzoncine spirituali di sant’Alfonso, Materdomini 1982, p. 4.
(16) J. Joergensen, Pellegrinaggi Francescani, Milano 1926, pp. 147-148.
(17) J. Joergensen, Il libro doltre mare, Firenze 1922, pp. 67-68.
(18) M. Palladino, op. cit., pp. 85-86. .
(19) Kuntz, Cronache Redentoriste, VI, p. 413.
(20) Kuntz, op. cit., IX, p. 71.
(21) S. Alfonso M. de Liguori, Le più belle melodie popolari, elaborate per coro a 4 voci ineguali da p. G. Cirelli, Bergamo 1987, p. 2.
(22) S. Brugnano, op, cit., p. 8.
(23) A. Tannoia, op. cit., I, p. 9.
(24) A. Tonizzo, Il duetto, in Nel secondo centenario della nascita di Sant’Alfonso de Liguori, Roma 1896, p. 109.
(25) P. Saturno, La tradizione musicale alfonsiana, in P. Giannantonio, op. cit., p. 598.

 

 

 

 

One thought on “S. Alfonso musicista”

  1. Sono Silvano Marchese, direttore della Chorale Beato Lentini di Lauria in provincia di Potenza e nel nostro repertorio annoveriamo vari brani di S.Alfonso, ho iniziato a conoscerlo con Tuscendi dalle stelle, ma ancora di più con Quanno nascette Ninno che con la Chorale abbiamo salutato e porto gli auguri agli italiani su RAI TRE nella trasmissione ITALIE del 2001. Ma a prescindere da queste performance concertistiche, la conoscenza musicale del Santo è stata per me motivo di riflessione e meditazione. Ogni canto è un inno al Creatore. Oggi sono scomparsi questi colossi della musica religiosa anzi oserei dire Cristiana, annovero solo un nome che oggi scrive musica ed ha pubblicato la collana “La nuova evangelizzazione” edito dalle edizioni Carrara, che vuole essere il cammino musicale durante tutto l’anno liturgico, parlo di Padre Mario Vincenzo Curione – Missionario Saveriano –

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