S. Alfonso. Misericordia contagiosa, ma non sempre

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67. S. Alfonso. Misericordia contagiosa, ma non sempre. 

Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)

67. S. Alfonso. Misericordia contagiosa, ma non sempre.

♦ Vedendosi sempre più grave il flagello, Alfonso fece capo dal Papa, presentando il comune bisogno, e supplicando per il permesso di obbligare i Corpi della Mensa, per aver danaro da poter soccorrere i poveri. Benché il Papa lo compiacque, la risposta non venne a tempo. Avendo chiamati i Capi delle Cappelle li prega e li comanda di pignorare l’argento che si aveva. Tutto si fece, ma queste non erano che tante gocce di acqua davanti ad un sì grave incendio.

♦ Per Alfonso non vi fu più né pace né quiete. Ogni giorno convocava i primi Gentiluomini, Canonici e Reggimentari e li interpellava come si potesse sollevare la Città e non vedere i poveretti vittime della fame.
Se tanti negarono di affidargli il danaro, vi furono altri che, avuta compassione, non mancavano sollevarlo con pingui elemosine; e taluno non avendo il coraggio dargli la negativa, azzardavano il prestito, ritenendolo perduto. Tra gli altri non mancò compiacerlo in buona somma la gentildonna D. Camilla Vinaccia, sicura di non più riscuoterla. Avendo saputa la sua grave angustia il P. Matteis Provinciale dei gesuiti, non richiesto, gli mandò in beneficio dei poveri una polizetta di trenta ducati.
In tutto questo tempo, avendosi addossato i peccati del popolo, lo si vedeva carico di catenelle, e ogni giorno flagellarsi a sangue, per richiamare sopra di sé lo sdegno di Dio. Volendo commuovere anche i cuori dei suoi figli a penitenza, ogni festa predicava, facendo consapevole il popolo che il peccato era l’unica causa di tutti i mali; ed ogni sera, calando alla visita di Gesù Sacramentato, inculcava l’odio al peccato, e invitava ad emenda della vita.

♦ Ma altro complimento ebbe una delle sere da altra donnaccia. Questa; mentre egli si ritirava in palazzo, fattasi incontro tutta adirata, disse: “Non ci fossi mai venuto: da che sei venuto altro non ci hai predicato che malannata, ed ora ci fai mangiare il pane a sette grana il rotolo!”. Così dicendo, gli alzò le mani in faccia e soggiunse: “Te lo possi mangiare tu!”. – Non si smosse Alfonso a questo improvviso complimento, ma la benedisse. D. Michele d’Apruzzo, capo sacrestano, che lo accompagnava, riprendendo la donna, con un colpo di mano alla spalla, la tolse d’avanti. Dispiacque altamente quest’atto ad Alfonso, lo rimproverò, e come pena lo restrinse per quattro giorni nelle carceri, dicendo:
Poveretti, meritano compassione; sono effetti non del cuore, ma della fame”.
Tanto fece Alfonso. Iddio però non l’intese così. Dove prima la disgraziata si vedeva vistosa e ben vestita, a capo di pochi mesi si vide malridotta ed accattonando per vivere.

(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 19)  Leggi l’originale.

Negli ultimi tre giorni di Carnevale, volendo allontanare il Popolo dagli spettacoli, il vescovo Alfonso soleva esporre il Santissimo Sacramento alla pubblica adorazione. E Dio, gradendo un tal culto, vi concorreva con una speciale misericordia.
Se tanti negarono di affidare ad Alfonso il loro danaro, vi furono altri che, avuta compassione, non mancavano sollevarlo con pingui elemosine; e taluno non avendo il coraggio dargli la negativa, azzardavano il prestito, ritenendolo perduto. Egli diceva di coloro che lo insultavano: “Poveretti, meritano compassione; sono effetti non del cuore, ma della fame”.