95. S. Alfonso. Meriti e beneficio, la bilancia della misericordia.
Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)
95. S. Alfonso. Meriti e beneficio, la bilancia della misericordia.
♦ Nell’assegnare un beneficio ecclesiastico restato vacante Alfonso non si contentava del solo buon comportamento, ma ricercava il merito che si aveva con la Chiesa e con il Popolo. Non vi era parzialità con nessuno: tutto era giustizia; e non faceva distinzione tra i soggetti.
- Aveva con sé un librettino di memoria, dove teneva notati tutti i Preti ed i Chierici della Diocesi; e sotto di ognuno i propri meriti e demeriti. Cadendo la provvista, egli non aveva bisogno, per ordinario, di informarsene. Il Canonico era fatto; ed il soggetto senza saperlo, morto l’altro, aveva già il biglietto di sua elezione.
- Tante volte accadeva che non poteva risolvere su due piedi. Se vi era il costume, e mancava il merito, questo lo imbarazzava: maggiormente se in più soggetti concorreva il medesimo merito e lo stesso costume. In questi casi ricorreva per consiglio da persone spassionate.
- Passato a miglior vita un Mansionario in Arienzo, ed essendo stato da Monsignore il suo Medico, questi gli raccomandò un Sacerdote. Erano in tre a concorrere; rispose Alfonso: “Se avessi tre Mansionariati, li darei a tutti e tre, perché tutti tre li stimo meritevoli; ma io debbo bilanciare i meriti di ognuno e vedere chi pesa più nella bilancia di Dio“.
- Concorrendo due soggetti di merito nella vacazione di un Mansionariato, si vedeva Alfonso in somma angustia, non sapendo a chi determinarsi, sembrandogli eguale il merito di tutti e due. Gli disse l’Arcidiacono: “Monsignore, trattandosi di beneficio esente da cura di anime, V. S. Illustrissima non è in obbligo provvederlo al più degno, ma può designarlo a chi vuole, purché non sia indegno”. – Rispose Alfonso: “Tutto va bene, ma io in tutte le provviste, benché non vi sia cura di Anime e non mi contento del degno, voglio sempre provvederlo in persona dei più degni. Ove c’è danno del terzo, non ci sto bene in coscienza“.
- Godeva l’Arcidiacono Rainone tutta la confidenza di Monsignore, e testimoniò che lo vedeva agonizzare, quando c’era qualche vacazione. Un giorno, tra gli altri, gli disse: “Sono tante le angustie che sperimento, morendo qualche Canonico, che mi contenterei cambiare la mia vita con la sua. Il Canonico muore una volta, ed io cento“.
(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 32). – Leggi tutto nell’originale.