11. S. Alfonso maestro di vita spirituale
Del canto scritto da S. Alfonso «Tu scendi dalle stelle» in genere si cantano le prime strofe, ma questo canto, come altri, è una meditazione profonda sul grande mistero dell’amore di Dio verso il mondo, verso l’uomo peccatore che vuol salvare. Alla terza strofa S. Alfonso già dice: «Tu che godi gioir nel divin seno, / come vieni a penar su questo fieno?/ Dolce Amore del mio core, ‑ dove amor ti trasportò?/ O Gesù mio, / Per chi tanto patir? Per amor mio!». E ancora più avanti: «Tu piangi non per duol ma per amore». E seguita: «Caro, non pianger più, ch’io t’amo». Ti amo, ecco che comincia la risposta dell’uomo al grande amore di Dio, questo Dio che si sentiva solo senza l’uomo, senza l’amore dell’uomo, voleva donare amore, un grande amore.
È il messaggio di S. Alfonso dell’amore sovrabbondante e redentore del Signore.
Una guida spirituale
Certamente il titolo per cui S. Alfonso è stato proclamato dalla Chiesa Dottore, è dovuto principalmente alle sue opere dottrinali, quelle dogmatiche e alla Teologia Morale. Però S. Alfonso ha fatto della penna un pulpito perché potesse continuare, attraverso lo scritto, la predica. Il suo apostolato missionario, il suo zelo missionario non si contentava del piccolo pubblico che aveva intorno; anche se la chiesa era molto affollata, desiderava in cuor suo che una grande massa di persone fosse animata dal suo zelo, dal suo grande amore verso il Signore, si salvasse e diventassero tutti santi.
Un celebre scrittore e grande conoscitore della letteratura cristiana moderna, soprattutto spirituale, don Giuseppe De Luca, scrisse di S. Alfonso in un suo saggio: «Ha posto lui, senza parere, sulle labbra di tutti, anche degli analfabeti, le parole di Teresa d’Avila e di Giovanni della Croce. Ha suggerito al popolo i termini più alti nelle formule più umili, gli affetti più estatici nei termini più quotidiani. Ha creato nei semplici un cuore di santi, e grandi santi. Ha detto parole, le quali come lui, e lui come Gesù, restavano tra la gente più povera e sprovveduta. II popolo cristiano non ne ha conosciuto molte di eguali, nessuna migliore. I fedeli le hanno ascoltate dalle loro mamme, se ne sono nutriti come di latte, le han fatte proprie e le hanno trasmesse ai sopravvenienti».
Naturalmente questo è anche un ricordo personale di don De Luca, di quando lui bambino viveva in Lucania, e dalla sua famiglia è stato nutrito della dottrina alfonsiana. Queste parole potrebbero sembrare superate da chi legge adesso S. Alfonso, anche perché lui era schivo. Perciò «senza parere» come dice De Luca, ha dominato tutta un’epoca, rivelando all’occhio attento dello studioso una personalità robusta e una decisa originalità. Uomo veramente apostolico, pur non tralasciando i dotti, predilesse il popolo illetterato e analfabeta: i poveri ai quali si sentì inviato, e ad essi dedicò la sua attività di scrittore devozionale e di autore di libri di pietà. S. Alfonso non espone la sua dottrina spirituale in modo sistematico, non ha scritto un trattato vero e proprio di dottrina spirituale, però in tutta la sua opera è un grande maestro spirituale, direttore di vita spirituale e possiede una sua linea precisa e originale, anche ferma, di dottrina spirituale.
Punti principali
Il primo punto principale della sua dottrina è l’universalità della santità. Oggi questa è una verità che tutti ammettono. Ma ai suoi tempi, che c’era il rigorismo, si diceva che solo i prescelti, i predestinati si salvavano e si facevano santi: dunque pochissimi. La gran massa era di cristiani destinati non si sa a che cosa. E non si sa perché il Signore fosse morto, fosse venuto in terra: i grandi temi della meditazione alfonsiana, di cui parleremo.
S. Alfonso prende una netta posizione contro questi rigoristi in favore della universalità della salvezza, cioè che tutti i cristiani, ogni cristiano, ogni battezzato è chiamato ad essere santo, non soltanto pochi. Cogliendo acutamente il senso di quella che oggi viene definita la storia della salvezza, dona alle anime la consolazione della speranza nell’amore misericordioso di Dio. Dice: «Dio ama tutte le cose che ha creato. L’amore non può stare ozioso. Ond’è che l’amore porta con sé la benevolenza, sicché l’amante non può lasciar di fare bene alla persona amata sempre che può. Se dunque Dio ama tutti gli uomini, tutti vuole per conseguenza che acquistino la salvezza eterna. Che è il sommo e unico bene dell’uomo. Mentre questo è l’unico fine per cui li ha creati».
Dio rivela la sua volontà salvifica in tutta la storia della salvezza, ma specialmente in Gesù Cristo. Gesù è venuto in terra per la salvezza degli uomini, Gesù che è il figlio di Dio venuto per rivelare l’amore del Padre, l’amore del Signore. L’uomo opera la propria salvezza e santificazione corrispondendo a questo amore, ricambiandolo e ponendo in Dio tutta la sua fiducia. Dunque l’amore già si prospetta come il tema centrale della spiritualità alfonsiana. Essenza della vita cristiana è l’amore scambievole tra Dio e l’uomo. Perciò la santità consiste nell’amore e tocca il culmine in terra nella conversione totale.
Questa conversione totale ha due «momenti», perché nella fenomenologia sono intrecciati insieme, cioè un momento negativo che consiste nel distacco da ogni cosa e un momento costruttivo, positivo che consiste nella perfetta uniformità alla volontà di Dio. Questa conformità alla volontà di Dio ci rende perfettamente conformi a Gesù Cristo: «Tutta la nostra perfezione consiste nell’amare il nostro amabilissimo Dio. Ma tutta poi la perfezione dell’amore a Dio consiste nell’unire la nostra alla sua volontà». Questo lo dice a introduzione della Uniformità alla volontà di Dio, piccola ma bellissima operetta. E lo insegna in tutte le sue opere.
Le tappe dell’amore
Questo amore ha delle tappe, una sua dinamica. Analizzando perciò le tappe della donazione amorosa, troviamo i seguenti punti di progressione.
La fiducia in Dio. La conversione è conversione all’amore. Inizialmente si manifesta come movimento di fiducia in Dio, suscitato dalla meditazione di quanto egli ha fatto per noi, soprattutto nell’Incarnazione, Passione e Morte di Gesù: i temi ai quali S. Alfonso ha dedicato il meglio della sua produzione spirituale. Leggiamo una considerazione di S. Alfonso: «Gesù mio, troppa ingiustizia io farei alla vostra misericordia e al vostro amore se, dopo che mi avete dati tanti contrassegni dell’affetto che mi portate e della volontà che avete di salvarmi, io diffidassi della vostra pietà e del vostro amore». Quindi fiducia, affidarsi completamente al Signore che ci ama. Allora avviene il contraccambio di amore che dalla fiducia porta all’azione.
Dalla fiducia in Dio, l’anima, sempre più presa dal mistero della misericordia divina, giunge per gradi alla conversione totale, che si esprime nel contraccambio di amore. Scrive S. Alfonso: « Vi ringrazio Eterno Padre, di avermi dato il vostro Figlio, e giacché voi l’avete donato tutto a me, io miserabile mi dono tutto a voi». È una delle considerazioni, delle espressioni affettuose nella sua meditazione della Novena di Natale.
Quest’amore è totale. Incamminati nell’amore, esso diventa l’unica norma dell’agire umano. «Ama Dio e fa quello che vuoi perché ad un’anima che ama Dio lo stesso amore insegna a non fare mai cosa che gli dispiaccia, ed a fare tutto ciò che gli gradisce». È il grande principio che ispira quella bellissima opera di S. Alfonso che è la Pratica di amare Gesù Cristo, e che ripete le parole di S. Agostino: «Ama Dio e fai quel che vuoi», comportati secondo la legge dell’amore. Questa legge dell’amore che poi è la legge fondamentale di tutta la vita morale.
Dunque, nella totalità dell’amore, si raggiunge la perfezione dell’amore che significa agire secondo le leggi dell’amore, in tutto il loro rigore e cioè non fare mai cosa che dispiaccia a Dio. Tradotto in pratica, questo significa distaccarsi da se stessi, dalle cose, da tutto quello che non è un valore di fronte a Dio, come abbiamo già detto, e fare tutto ciò che piace a Dio, cioè cercare il gusto di Dio e uniformarsi in tutto alla sua volontà. «Qui certamente consiste ‑ sono parole di S. Alfonso ‑ tutta la perfezione dell’amore». Parole che si trovano nella Pratica del Confessore.
Come si raggiunge la santità? Ecco Il gran mezzo della preghiera: il Signore dà a tutti la capacità di farsi santi dando a tutti una grazia, che è quella di poter pregare: comincia così una catena che ci porterà ad entrare in tutta la dinamica dell’amore.
La Pratica di amare Gesù Cristo e cioè la santità. È un dono di Dio ed è impossibile senza l’aiuto di Dio. In questo S. Alfonso è d’accordo anche con quelli che erano i pessimisti al suo tempo, con la differenza che questo dono è dato a tutti, ma non in modo inefficace: questo aiuto è dato a tutti sotto forma di grazia di pregare. La preghiera diventa, in tal senso, il gran mezzo della santità. Dice: «Per amare assai Gesù Cristo bisogna pregarlo assai. L’amare Gesù Cristo è l’opera à più grande che possiamo fare in questa terra ed è un’opera, un dono, che non possiamo averlo da noi. Da lui ha da venirci ed Egli è pronto a darlo a chi lo domanda, sicché se manca, per noi (per colpa nostra) manca e per la nostra trascuratezza». «Se vogliamo che Dio non ci lasci ‑ è sempre S. Alfonso ‑ non dobbiamo lasciare noi di pregarlo sempre a non abbandonarci; facendo cosi, certamente Egli sempre ci assisterà e non permetterà mai che lo perdiamo e ci separiamo dal suo amore».
Detto con un’altra massima di S. Alfonso «chi prega certamente si salva, chi non prega ; certamente si danna». E così comprendiamo perché queste parole sono state messe in questa forma. Senza tutto il precedente discorso sull’amore, sembra quasi un assurdo.
Nella preghiera ha un posto importante la meditazione: « Da questa assoluta necessità che abbiamo di pregare nasce ‑ dice S. Alfonso ‑ la necessità morale dell’orazione mentale o meditazione». Meditando la storia della salvezza, l’anima conosce il proprio nulla e il bisogno di chiedere a Dio le grazie; si stacca dal peccato e si accende di amore, passando gradualmente dalle considerazioni agli affetti, fino al conversare continuo e familiare con Dio, espresso appunto negli affetti e preghiere che il Santo di proposito e sistematicamente inserisce in ogni sua opera. Dice: «Orazione mentale e peccato non possono stare insieme, essendo essa quella beata fornace in cui si accendono le anime del divino amore. Infatti nell’orazione mentale quegli che parla all’anima è Dio».
La presenza di Maria
Un grande posto nel progredire nella vita spirituale di ogni cristiano, dopo Gesù, dopo l’iniziativa di Dio e sempre per iniziativa di Dio compete a Maria: la mediazione universale di Maria. S. Alfonso dice benissimo che è Gesù Cristo l’unico mediatore, però Dio ha voluto che tutte le grazie ci provengano, giungano a noi per mezzo di Maria. E allora la grande devozione, la tenera devozione, l’affettuosa devozione verso la Vergine.
È ben noto che S. Alfonso è stato uno dei maggiori propagatori della devozione alla Madonna, e questo va visto nel complesso del Gran mezzo della preghiera. Dio ha voluto che le grazie ci giungessero attraverso la mediazione di Maria. Infatti «siccome Maria ha cooperato con la sua carità alla nascita spirituale dei fedeli, così anche vuole Dio che ella cooperi con la sua intercessione a far loro conseguire la vita della grazia in questo mondo e la vita della gloria nell’altro». E conclude finalmente dicendo che «tutte le grazie che desideriamo dobbiamo domandarle per mezzo di Maria perché ella ottiene quanto cerca e le sue preghiere non possono avere ripulsa».
Chi conosce un po’ S. Alfonso avrà notato che nelle sue opere inserisce sempre delle preghiere e ogni preghiera termina sempre con l’invocazione alla Madonna, all’aiuto, all’intercessione della Madonna.
E poi ci sono gli altri mezzi. Ci sono i sacramenti, soprattutto l’Eucaristia, la messa e la comunione frequente (S. Alfonso ai suoi tempi già la voleva anche quotidiana); l’esame particolare: l’esame di coscienza ogni giorno; la confessione, gli esercizi spirituali, un regolamento di vita che ognuno si dovrebbe dare, e altri mezzi come la mortificazione, le novene, con tutti gli altri mezzi spirituali che molti di noi conoscono, mettono in pratica, ci vengono suggeriti un po’ da tutti i maestri della vita spirituale.
La vita mistica
Qui mi potrei fermare, però non completerei questa piccola panoramica della dottrina spirituale di S. Alfonso se tralasciassi la vita mistica.
Si è molto discusso, in passato, in che cosa consista la santità; se la vita mistica, o meglio le espressioni mistiche facciano parte dell’essenza della santità, cioè se vi debbano essere quei fenomeni speciali di cui si parla nella vita dei grandi santi, soprattutto dei grandi mistici. Alcuni sostenevano che la vita ascetica ne può fare a meno, però non raggiunge la vetta della vita mistica; quindi, per diventare santi, bisognerà necessariamente raggiungere la vita mistica.
S. Alfonso ai suoi tempi trovava questo discorso pericoloso perché c’era un movimento molto dubbio, detto molinismo da Molinos, dove questo misticismo veniva praticato in una maniera anche aberrante. Quindi parlare di mistica era molto pericoloso e S. Alfonso preferisce porre la questione in altri termini. Egli insegna alle anime la più alta dottrina di S. Teresa e dei mistici, ma la cala nel concetto robusto ‑ ne ho accennato prima ‑ di distacco e di uniformità alla volontà di Dio che sono i termini sui quali egli costruisce la vita spirituale: distacco e uniformità; non parla dei fenomeni mistici, o meglio ne parla, dicendo che bisogna distaccarsi anche da essi.
L’anima veramente santa non è quella che riceve consolazioni spirituali e le grazie straordinarie mistiche, bensì quella che maggiormente saprà configurarsi a Cristo, mediante il distacco assoluto da se stessa e dalle cose, quindi anche da doni di orazione soprannaturale, mediante l’uniformità alla volontà di Dio «in tutto quello che egli vuole fare in noi e di noi, amandolo per via di pura fede».
Il mezzo di cui si serve, di gran lunga quello preferito da S. Alfonso, per condurre le anime alla santità, sono le aridità e le tribolazioni spirituali. Scrive in una lettera: «Contraddizioni, infermità, scrupoli, aridità e tutti i tormenti interni ed esterni con tali scalpelli Dio fa le sue statue per lo paradiso». Non attraverso le mistiche nozze, le rivelazioni, le estasi…
S. Alfonso va sul concreto: «con tali scalpelli Dio fa le sue statue per lo paradiso». Tribolazioni, tormenti interni, aridità di spirito, malattie ecc.
È questa la santità dei forti che, senza parere, S. Alfonso ha insegnato con straordinaria coerenza al popolo di Dio, a tutto il popolo di Dio. Non solo alle suore, ai preti, ai religiosi, perché tutto il popolo di Dio è chiamato alla santità, dall’umile pastore analfabeta sperduto sui monti amalfitani, ai più raffinati rappresentanti della cultura laica ed ecclesiastica.
Un Santo per tutti
Io terminerei qui, però prima vorrei suggerire ai miei amici, ai sacerdoti, di pregare S. Alfonso. Abbiamo imparato a pregare da S. Alfonso. Ma impariamo anche a pregare S. Alfonso. Ognuno di noi ha dei santi patroni, dei santi protettori, dei santi ai quali si ricorre in certi momenti della vita come amici che possono intercedere per noi presso il Signore. S. Alfonso era anche avvocato, quindi è un grande intercessore, un grande amico.
Ma lo è perché la Chiesace lo ha dato così: per i confessori, i moralisti, i direttori spirituali. È il patrono dei confessori. Ci troviamo noi sacerdoti tante volte in grossa difficoltà di fronte ai problemi che oggi si presentano nella confessione, nella direzione spirituale e nella vita morale. Tante volte non sappiamo proprio che cosa fare. Chiediamo l’aiuto dello Spirito, chiediamo anche l’intercessione di S. Alfonso ed imitiamone l’esempio nello studiare assiduamente; sì, confidiamo nell’aiuto, nell’intercessione sua e soprattutto nel dono dello Spirito Santo.
S. Alfonso è anche il patrono degli Avvocati. Quanti sono avvocati, magistrati oggi si trovano in tante difficoltà, in tante difficili situazioni, in tante tentazioni. Ebbene hanno un grande Santo che può aiutarli. Ha dato a se stesso, e lo ha lasciato scritto per chi volesse imitarlo, dieci comandamenti per fare bene l’avvocato, il magistrato.
S. Alfonso è stato scelto dai cantautori come loro patrono. I cantautori oggi sono impegnati su molti fronti e in questi giorni in modo particolare sul fronte della solidarietà, sul fronte dell’impegno per aiutare i più deboli, i più poveri: un impegno molto alfonsiano. Ebbene, anche i cantautori possono invocare S. Alfonso nelle loro difficoltà e anche nel comporre le loro canzoni, perché abbiano sempre un contenuto che possa essere non solo piacevole, ma anche utile, per chi canta, per chi ascolta.
Anche gli scrittori, gli artisti e poi i tribolati di spirito. S. Alfonso è stato un tribolato di spirito e ha scritto molto a consolazione di chi soffre le aridità, gli scrupoli.
da Roma 19 dicembre 1996
P Vincenzo Ricci