S. Alfonso. La speranza cristiana.

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244. S. Alfonso. La speranza cristiana

Pagine Alfonsiane sulla Misericordia

244. S. Alfonso. La speranza cristiana.

♦ La speranza cristiana, come insegna san Tommaso d’Aquino, è “un’attesa certa della felicità eterna”. La certezza si fonda sulla promessa infallibile di Dio di donare la vita eterna ai suoi servi fedeli. La carità, eliminando il peccato, toglie anche l’impedimento a raggiungere la beatitudine.

♦ Perciò quanto più la carità è grande, tanto più rende grande e ferma la nostra speranza, la quale, a sua volta, non può essere di ostacolo alla purezza dell’amore perché, come afferma san Dionigi Areopagita, chi ama tende naturalmente all’unione con l’amato. Anzi, come dice sant’Agostino, l’amore è come una catena d’oro che unisce insieme l’amante all’amato. E poiché questa unione non può attuarsi da lontano, chi ama desidera sempre la presenza dell’amato.

Chi ama assai Gesù Cristo non può, finché vive su questa terra, non desiderare e sperare di andare in cielo per unirsi al più presto con il suo amato Signore.
Desiderare di andare a vedere Dio in cielo, non tanto per la gioia che noi proveremo nell’amare Dio, quanto per la gioia che daremo a Dio nell’amarlo, è puro e perfetto amore. E il gaudio che provano i salvati in cielo nell’amare Dio non è di ostacolo alla purezza del loro amore, perché esso è inseparabile dall’amore. Tuttavia i salvati sono contenti di amare Dio, più che per la gioia che provano nell’amarlo. Desiderare il paradiso è lo stesso che desiderare Dio, che è il nostro ultimo fine. […]

♦ Perciò amiamo quanto più possiamo Gesù su questa terra e aneliamo ogni momento di raggiungerlo in paradiso, dove potremo amarlo perfettamente. Sia questo l’oggetto principale di ogni nostra speranza: andare in cielo ad amarlo con tutte le nostre forze. Anche in questa vita abbiamo il precetto di amare Dio con tutte le forze (cf. Lc 10,27) ma, dice l’Angelico, l’uomo non può osservarlo perfettamente in questa vita. Solamente Gesù, uomo e Dio, e Maria santissima, piena di grazia e libera dal peccato originale, lo adempirono perfettamente. Ma noi, miseri figli di Adamo, segnati dalla colpa, non possiamo amare Dio senza qualche imperfezione: solo in cielo, quando lo vedremo faccia a faccia, lo ameremo perfettamente e potremo amarlo con tutte le nostre forze.

Ecco dunque lo scopo al quale devono tendere tutti i nostri desideri, sospiri, pensieri e speranze: andare in paradiso, per amare Dio con tutte le forze e godere della sua gioia. I beati godono e sono pienamente felici, ma la loro gioia principale, che comprende tutte le altre, consiste nel contemplare la felicità infinita del loro Signore, che essi amano immensa mente più di se stessi. I beati, per il loro amore verso Dio, sarebbero disposti a rinunciare a ogni loro gioia e a soffrire ogni pena, pur di non far mancare a Dio, se mai potesse mancargli, la benché minima parte di felicità che egli gode. Pertanto il loro paradiso è vedere che Dio è infinitamente felice e che la sua felicità non potrà mai venire meno.

Questo è il significato delle parole che il Signore rivolge ad ogni creatura, nel donarle il possesso della gloria: Prendi parte alla gioia del tuo Signore (Mt 25,21 Vg). Il beato entra nel gaudio di Dio, oggetto del suo gaudio. Sicché il bene, la ricchezza e la felicità di Dio sarà il bene, la ricchezza e la felicità del beato..

(S. Alfonso, Pratica di amare Gesù Cristo, Cap. XVI)
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Chi ama assai Gesù Cristo non può, finché vive su questa terra, non desiderare e sperare di andare in cielo per unirsi al più presto con il suo amato Signore. Perciò amiamo quanto più possiamo Gesù su questa terra e aneliamo ogni momento di raggiungerlo in paradiso, dove potremo amarlo perfettamente.