229. S. Alfonso. La dolcezza di Gesù.
Pagine Alfonsiane sulla Misericordia
229. S. Alfonso. La dolcezza di Gesù.
♦ Voi non sapete di che spirito siete (Lc 9,55 Vg). Con queste parole Gesù rimproverò i discepoli Giacomo e Giovanni, quando essi invocarono castighi sui Samaritani che li avevano cacciati dalla loro città. “Che spirito è mai questo?”, disse il Signore. “Non è di certo il mio, poiché il Figlio dell’uomo non è venuto a perdere le anime, ma a salvarle (Lc 9,56 Vg). Io sono di animo dolce e benevolo, e voi volete indurmi a perderle? Non domandatemi più cose del genere, perché non è questo lo spirito mio”.
♦ Infatti con quanta dolcezza Gesù trattò l’adultera! Si limitò ad ammonirla di non peccare più e la lasciò andare in pace: Donna, nessuno ti ha condannata?… Neanche io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più (Gv 8,10-11). Con altrettanta benignità cercò di convertire la Samaritana, e ci riuscì. Prima le domandò da bere, poi le disse: “Oh, se tu sapessi chi è colui che ti ha chiesto da bere!” E quindi le rivelò che il Messia atteso era lui.
♥ Con tanta dolcezza Gesù cercò di convertire anche l’empio Giuda, invitandolo a mangiare nel suo stesso piatto, poi lavandogli i piedi, e infine avvertendolo, mentre egli lo tradiva, con queste parole: Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo? (Lc 22,48). E come fece a convertire Pietro, che lo aveva rinnegato? Il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro (Lc 22,61). All’uscita della casa del sommo sacerdote, senza alcun rimprovero, Gesù lo guardò con uno sguardo d’amore. Così lo convertì; e Pietro pianse per tutta la vita l’offesa fatta al suo Maestro.
♥ L’umiltà e la mitezza erano tra le virtù più amate da Gesù, il quale esortò i discepoli a impararle da lui: Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore (Mt 11,29). Il nostro Redentore fu chiamato “Agnello di Dio” non solo perché doveva essere immolato sulla croce per espiare i nostri peccati, ma anche per la mitezza che egli dimostrò in tutta la vita, specialmente durante la sua passione…
(S. Alfonso, Pratica di amare Gesù Cristo, Cap. VI)
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