Teologia e pastorale della carità in S. Alfonso Maria de Liguori
2c. La teologia della carità nel pensiero di S. Alfonso
Carità verso il prossimo
2.1 Carità verso il prossimo
La carità verso il prossimo, annessa all’amore di Dio, si manifestava nella vita di Alfonso anzitutto nello zelo per il bene spirituale degli altri, nell’intenso lavoro pastorale e missionario, nella cura per i poveri, gli ammalati e i più abbandonati, dunque, nell’attività caritativa[1].
Con queste parole Amici sottolinea in modo veramente singolare tutta l’attività pastorale di Alfonso: la carità verso i poveri, gli abbandonati. Alfonso, dunque, manifesta la carità verso il prossimo nell’apostolato dei poveri[2].
Da una vita completamente e totalmente dedicata e consacrata a Dio e a Gesù Cristo, scaturisce in Alfonso questo amore disinteressato verso il prossimo, l’apostolato ai poveri con una attività caritativa anche e, soprattutto, nel campo del bisogno materiale. Così riferisce il Padre Tannoia: Mi attestò l’arcidiacono Raimone, aver egli assegnato, fin da che pose piede in diocesi, anche i quindici, e venti carlini al mese a quantità grande di queste donne, che, per non aver modo da vivere, eransi date al peccato. Nè fecelo solo nella città di S. Agata, ma estese le sue provvidenze in qualunque luogo della diocesi. Nella sola parrocchia di S.Agnese in Arienzo, mi attestò D.Agnello Sgambato, che n’era economo, che ne soccorreva una gran quantità, e che portava loro per mano sua le mensuali distribuzioni. Mi si contesta da tutti i parrochi, e dai loro sostituti, che, con istupore di ognuno, se ne contavano in diocesi le centinaia.
Quella prostituta, che arrivato in S.Agata, soffrì la frusta, e che bandita fu dagli stati del Duca di Maddaloni, avendosi fatto ritorno a capo di undici anni, sapendo Alfonso, così scrisse al parroco a 3 dicembre 1774. Giacché è ritornata Elisabetta, le faccia sentire il mio nome, che starà a dovere, e non mi farà sentire rumori, io le darò carlini sei al mese, ma voglio prima accontentarmi se starà soda… Così eccessiva era la sua carità con queste ravvedute, che le buone ne avevano invidia[3].
S.Alfonso ha incarnato nella sua attività il vangelo della carità pastorale, una carità diretta a tanti, soprattutto a coloro che venivano emarginati da una società – come quella del settecento (chiesa compresa) – che badava più alla forma che alla sostanza. Giovanni Paolo II nella sua lettera apostolica “Spiritus Domini” ha ben delineato l’opera e la figura di Alfonso de Liguori: “S.Alfonso fu amichissimo del popolo, amicissimus populi, del popolo minuto diciamo, quello che abitava nei quartieri più poveri di Napoli, capitale del regno napoletano. Del popolo cioè degli umili, degli artigiani e soprattutto della gente di campagna. Davvero questo senso del popolo, hunc populi sensus, caratterizza tutta la vita di Alfonso Maria, come missionario, come vescovo, come fondatore di congregazione e finalmente come scrittore[4].
Da vescovo di S.Agata, non lasciava di praticare la nobile virtù della carità, neanche verso i carcerati, spesso li andava a trovare portando loro il giusto conforto umano-spirituale e, quando poteva, anche quello materiale. Il Padre Tannoia ci ricorda questo episodio: Nommeno degl’Infermi, erano anche oggetto della di lui compassione i ristretti nelle carceri. Rubando il tempo, vedevasi di volta in volta a visitarli, confortavali con i suoi detti, ed animavali alla pazienza. Se poveretti, non mancava sollevarli con limosine. Ogni Sabato specialmente somministrar faceva a tutti grana cinque per ciascheduno[5].
Non solo si prodigava materialmente, in alcuni casi, senza perdere tempo, impugnava la penna e scriveva a governatori e notabili, per ottenere grazie di diverso genere a favore di persone povere e indifese. Fa testo una lettera scritta al governatore di Arienzo in questi termini: Ritrovandosi carcerato qui in Arienzo da circa tre mesi un povero miserabile, Domenico Carcagna di S.Maria a Vico, mia diocesi, per una mera impostura fattagli di certo contrabando di salnitro, e ritrovandosi al presente infermo nelle suddette carceri, come appare da fede de’ medici presentata a questo Signore governatore, prego V.S. Ill.ma a volersi degnare di farlo scarcerare; giacché si muore di fame, vivendo di pura elemosina, né possiede cosa veruna[6].
Alfonso aveva molto a cuore i casi delicati, soprattutto se riguardavano famiglie intere. Non perdeva tempo che faceva tutto quello che poteva, rifondendoci anche del suo: Se taluni erano arrestati per debiti, interponevasi coi creditori, e tante volte ci rifondeva del suo. Stando a Napoli, fu a ritrovarlo una donna di Durazzano, di nascita non ordinaria. Piangeva la poveretta, avendo il marito nelle carceri di S.Maria d’Agnone, andando debitore alla Corte, come Postiere del Lotto, in docati trenta. Monsignore non potendo da tanto, scrisse subito in S.Agata per un caritativo soccorso agli Amministratori delle Cappelle. N’ebbe ducati dodeci; ed avendoci posto altri diciotto del suo, consolò quella poveretta, e diede il padre ai figli[7].
Il cardinal Alfonso Capecelatro, nella biografia di Alfonso, dopo aver detto che, tra tante politiche che stavano emergendo nel settecento, Alfonso de Liguori fece la scelta del popolo, rendendosene amico, aggiunge: A me par bello dirlo santo, amico del popolo, e amico vero del popolo perché amico vero di Dio[8].
Da vescovo di Sant’Agata dei Goti non rifiutava mai l’aiuto ai poveri, vivendo ogni giorno quella particolare virtù che è a fondamento di tutta la vita cristiana: la carità. La usava con tutti specialmente con chi era più indifeso questi erano i suoi preferiti. Così narra il Tannoia: Ordinato aveva ed incaricato ai suoi che subito qualunque persona introdotta si fosse, ancorché miserabile. Tra il povero e il ricco non eravi eccezione con Alfonso Maria; anzi fu osservato che quanto più erano dozzinali e meschini, tanto maggiormente ascoltavali con amore e con piena soddisfazione[9].
[1] G.AMICI, De heroicis S.D. virtutibus, in Positio super introductione causae, op.cit., 55-58; Cfr. A.BAZIELICH, Spiritualità di S.Alfonso M. de Liguori, op.cit., 338-339; C.BERRUTI, 171-179.
[2] L.P.CASITTO, Panegirica orazione per lo beato Alfonso de Liguori, Napoli 1817, 21-25; Cfr. A.BAZIELICH, Spiritualità di S.Alfonso M. de Liguori, op.cit., 344.
[3] A.M.TANNOIA, III, 314-315.
[4] GIOVANNI PAOLO II, Lettera Apostolica “Spiritus Domini“, op.cit., II.
[5] A.M.TANNOIA, III, 362.
[6] LETTERE, II, 378.
[7] A.M.TANNOIA, III, 362.
[8] A.CAPECELATRO, I, 9-10.
[9] A.M.TANNOIA, III, 31.