132. S. Alfonso. Impegno per una pentita di Arpaia. 1767..
Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)
132. S. Alfonso. Impegno per una pentita di Arpaia. 1767.
Napoli 1767. – Anche se in Napoli Alfonso lavorava per Dio e da Dio vedeva benedette le sue fatiche, tuttavia, vedendosi lontano dalla sua Diocesi, stava sulle spine e contava i momenti per ritornare.
♥ Un giorno disse: “Se non fosse per i travagli che soffre la Congregazione, che tanto promuove la gloria di Dio ed il bene delle Anime, stimerei lo stare qui un peccato mortale”.
Ma tra questi imbarazzi egli aveva ben presente i bisogni dei suoi Diocesani.
- Troppo caro gli costò la situazione di una pentita di Arpaia, nel Conservatorio di S. Raffaele. Era stato a pregare di persona il Canonico che ne era direttore, ma ne ebbe rotondamente la negativa.
Poiché questa era vassalla del Principe della Riccia, Alfonso si portò a Palazzo per ottenerne la mediazione. Il cameriere, non avendo avuto altra volta un qualche pezzo di argento, e non sperandone, disse che il Principe stava per dare la camicia al Re.
Un soldato della Guardia Italiana, che stava di guardia, vedendolo meschino e con barbaccia, disse ad un altro: “Vedi che razza di Vescovo: non ha soldi per farsi la barba”. – L’intese Alfonso, e ne sorrise: “Benedetto Iddio, che dobbiamo dar conto anche ai soldati”.
Restò confuso il soldato, e lo guardava con ammirazione, vedendolo ossequiato dai primi Signori. - Essendoci ritornato la seconda volta, sotto altro pretesto, ne venne licenziato. Odorando il mistero, il Verzella, suo segretario, la terza volta che vi fu, gli porse sei carlini: così il Principe non fu più impedito.
- Dispiacque al Principe la negativa ricevuta, ed il suo incomodo; e dichiarandosi disponile per qualunque spesa, fece sentire al Canonico essere sua vassalla. Più non vi volle per esser ammessa. Alfonso, non volendo far vedere al Canonico di aver superato l’impegno, si porta di nuovo a ritrovarlo, cercando scusa per aver fatto capo dal Principe.
Ma il Canonico l’ebbe a male, e lo ricevette di mal umore. Allora Alfonso, mutando linguaggio, gli parlò con tuono, biasimando il suo poco zelo ed il poco impegno dimostrato per quell’anima.
(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 40). – Leggi tutto nell’originale.