364. S. Alfonso. Il ritorno a Pagani.
Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)
364. S. Alfonso. Il ritorno a Pagani.
♦ Il vescovo Alfonso giunse in Nocera e Monsignor Sanfelice, che altamente lo stimava, volle che da tutte le Chiese fosse ricevuto col festoso suono delle campane.
♦ Grande fu l’allegrezza dei Paganesi, vedendolo di nuovo tra di loro. Piangevano per tenerezza, vedendolo così storpio e così male in arnese; ma molto più eccitò il pianto, vedendosi verificata la promessa, che tredici anni addietro, partendo per S. Agata, aveva lor fatta di voler venire a morire tra di loro.
♦ Calando dalla carrozza, una moltitudine di popolo lo circondò avanti alla Casa redentorista. Soprattutto gli si presentarono i Parroci e i capi delle Chiese, Preti e Regolari, e quantità di Gentiluomini, ansiosi tutti di baciargli la mano e di godere della sua benedizione.
♥ Lo si vide salire le scale quasi con snellezza, dicendo: “ Gloria Patri! Questa Croce che porto in petto, salendo le scale in Arienzo, mi pesava molto: ora qui si è fatta leggera… Gloria Patri”. Entrando nel Coro, che è al primo piano della scala, si buttò faccia a terra, ma vi cadde come sacco di ossa, ed esclamò: “Dio mio vi ringrazio, perché mi avete tolto da sopra un si gran peso. Gesù Cristo mio, non ne potevo più…”.
♦ Intanto i suoi confratelli intonarono il Te Deum, ringraziando anch’essi Iddio per aver riacquistato il comun Padre.
♦ Ci fu come un conflitto per la stanza. Vedendosi accompagnato dal P. Mazzini in una più comoda, solita a destinarsi ai forestieri, egli nel vederla fregiata bellamente rivestita, meravigliandosi disse: “Come? Qui debbo star io, in mezzo ai fregi? voglio la mia solita stanza”.
♥ Ma gli si fece presente l’angustia del luogo, e le visite che egli era per ricevere… Così si sistemò in due stanzette nel quarto superiore: una per il letto, e l’altra per ricevimento. Finalmente, vedendosi situato “alla povera”, tutto allegro disse ai Gentiluomin, che l’accompagnavano: “Oh quanto mi vedo più contento in questa cella, che nel Palazzo di Arienzo!”
E guardando e prendendo in mano la sua crocetta ripetette più volte: “Questa croce qui è divenuta leggera, mentre lì non ne potevo più il peso”.
(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori -Libro quarto, Cap. 1). – Leggi tutto nell’originale.