S. Alfonso. Fondazione di Scifelli e povertà come dote

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205. S. Alfonso. Fondazione di Scifelli e povertà come dote.

Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)

205. S. Alfonso. Fondazione di Scifelli e povertà come dote.

♦ Nel Contado di Scifelli, poco distante dalla Trappa, si era ritirato da qualche tempo un Sacerdote Avignonese, D. Giovanni Luigi Arnaud, e col desiderio di giovare a quei tanti Contadini, che senza Chiesa abbandonati ne stavano, vi aveva eretto una Chiesa ed anche  una comoda abitazione per sé e per altri, che sperava acquistare.
Essendo uomo di Dio e zelante operario, Monsignor Giacomini Vescovo di Veroli lo aveva dichiarato suo Vicario.

♦ Avendo gli ottimi Monaci Trappesi preso di mira questo luogo animarono i Padri Redentoristi a volersi insediare e il sacerdote Arnaud doveva conviver coi nostri.
Essendo a cuore ad Alfonso l’armonia col Sacerdote Arnaud, raccomandò al P. de Paola, destinato Rettore.

“Noi gli abbiamo tutta l’obbligazione; e V. R. che ha fatto tanto, usi nel trattarlo la possibile prudenza e circospezione: lo stesso raccomando agli altri. Procuri non disgustarlo nelle cose che non sono positivamente contrarie al buon governo della Casa. Bisogna cedere in qualche cosa e per la quiete, e per convenienza: ci ha fatto del bene e ce ne può fare ancora. Fateli sentire  che ne avete stima, e ascoltate i suoi sentimenti, per quanto si può”.

♦ Se aveva in mira l’armonia con l’Arnaud, molto più premeva ad Alfonso vedere osservata la Regola:

“Vi raccomando l’osservanza nel principio di questa fondazione, per riguardo di Dio e del Mondo… Vi raccomando di nuovo quanto vi scrissi nell’altra mia. Mi fido della vostra prudenza, per non disgustarci il Sig. Arnaud e per l’esatta osservanza da tutti i Padri e Fratelli”.

Povertà e miseria fu la dote di questa nuova Casa. Alfonso non mancava soccorrerla, ma non con i proventi del Vescovado, ma con quanto percepiva in Napoli dal Collegio dei Dottori.
Volle che si spendesse solo per il vitto e vestito. E avendo inteso, che si erano comprati alcuni libri, scrisse al Rettore: “E’ tempo questo di libri quando non vi è che mangiare? Son cose da stordire! Se questi libri si potessero tornare addietro, anche con qualche perdita, vedete che potete fare”.

(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 51)  Leggi tutto nell’originale.

Povertà e miseria fu la dote di questa nuova Casa di Scifelli. Alfonso non mancava soccorrerla, ma non con i proventi del Vescovado, ma con quanto percepiva in Napoli dal Collegio dei Dottori. E voleva che si spendesse solo per vitto e vestito.