226. S. Alfonso. Fermezza con i preti disonesti.
Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)
226. S. Alfonso. Fermezza con i preti disonesti.
♦ Non minore era la ripugnanza di Alfonso verso l’impurità dei preti.
Era suo detto che non c’è differenza tra un porco avvolto nel loto ed un uomo infangato in queste lordure.
L’Arcidiacono Rainone disse: “Qualunque delitto, anche un omicidio era compassionato da Monsignore: Chi sa, come si è trovato; poveretto, bisogna compatirlo. Ma quando gli perveniva all’orecchio cosa lussuriosa, specialmente nei Preti o Religiosi, perdeva la pace e si accendeva; né vi era scusa o compassione per chicchessia”.
♥ Egli soleva distinguere l’attacco dalla caduta. Compativa chi per debolezza si era trovato in qualche inciampo; ma non soffriva per chi volontariamente si vedeva attaccato ed ostinato nel vizio. Con i primi, avendo alla mano dei salutari rimedi, non usava un gran rigore. Il mezzo dei mezzi per far rientrare in sé taluno di questi, erano i santi Esercizi.
♦ Ove vedeva radicato il vizio, non riposava e veniva ai mezzi più forti, per darvi riparo. Disse un giorno, tutto agitato a D. Nicola Ranucci, Missionario Napoletano: “Se un Sacerdote sta in disgrazia di Dio, io ne ho da dar conto a Dio… io, e non altri ne ho da dar conto a Dio!”.
♥ Non sapendo più che fare con uno di questi, avendolo fatto chiamare, gli fece trovare disteso a terra, all’entrata della stanza, il suo gran Crocifisso. Inorridendo il miserabile a tale spettacolo, si tirava indietro. “No – disse Monsignore – entrate e calpestatelo; è forse questa la prima volta che ve l’avete posto sotto i piedi?” E animato da zelo gli rilevò la gravezza di un tal peccato, il Prete si vide così confuso e compunto che proruppe in pianto: promise emenda delle sue dissolutezze; e di fatti fu fedele a Dio ed a Monsignore.
♦ Quando con taluno di questi aveva invano usato i mezzi di carità e di dolcezza, non vedendo emenda, prendeva il rimedio dell’esilio e della sospensione: l’esilio per troncare l’attacco peccaminoso, e la sospensione, come indegni dell’Altare.
(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 55). – Leggi tutto nell’originale.