207. S. Alfonso. Dio prova i suoi veri amici.
Pagine Alfonsiane sulla Misericordia
207. S. Alfonso. Dio prova i suoi veri amici.
♦ Non sempre l’aridità è un castigo. A volte Dio la dispone per il nostro maggior bene e per conservarci nell’umiltà. Il Signore permise che san Paolo fosse tormentato da tentazioni impure perché non insuperbisse per i doni ricevuti: Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana per schiaffeggiarmi (2Cor 12,7).
- Chi prega tra le dolcezze non fa gran che. C’è l’amico compagno a tavola, ma non resiste nel giorno della tua sventura (Sir 6,10); cioè: non considerare vero amico chi ti fa compagnia solo a mensa, ma piuttosto chi ti aiuta nelle difficoltà e con disinteresse. Quando Dio manda oscurità e desolazioni, allora prova i suoi veri amici.
- Palladio provava molto tedio durante la preghiera. Un giorno andò a trovare Macario e questi gli disse: “Quando la mente ti suggerisce di tralasciare l’orazione, rispondile che tu, per amore di Gesù Cristo, ti accontenti di stare lì a custodire le mura della tua cella”. Così devi fare anche tu: quando sei tentato di tralasciare l’orazione perché ti sembra una perdita di tempo, rispondi: “Sto qui per far piacere a Dio”.
♦ San Francesco di Sales diceva che se, durante la preghiera, non facessimo altro che scacciare le distrazioni e le tentazioni, essa sarebbe valida ugualmente. Anzi, se una persona che si trova nell’aridità persevera nella preghiera, Dio le dona grazie maggiori di quando prega con molta devozione sensibile.
♦ Quanto si dice dell’aridità vale anche per le tentazioni. Dobbiamo cercare di evitare le tentazioni, ma se Dio vuole o permette che siamo tentati contro la fede, la purità o altre virtù, non dobbiamo lamentarci, ma anche in ciò rassegnarci al volere divino. A san Paolo, che pregava di esser liberato dalla tentazione, il Signore rispose: Ti basta la mia grazia (2Cor 12,9). Così anche noi, se vediamo che Dio non ci esaudisce liberandoci da qualche tentazione molesta, diciamo: “Signore, fai tu, permetti quello che vuoi. Mi basta la tua grazia, ma assistimi perché non la perda mai”.
♥ Non la tentazione, ma il consenso ad essa ci fa perdere la grazia divina. Se le respingiamo, le tentazioni ci mantengono più umili, ci fanno guadagnare più meriti, ci spingono a ricorrere più spesso a Dio, tenendoci più lontani dall’offenderlo e unendoci di più al suo santo amore.
(S. Alfonso, Uniformità alla volontà di Dio pp. 305-307)
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