353. S. Alfonso. Difetti e stima propria.
Pagine Alfonsiane sulla Misericordia
353. S. Alfonso. Difetti e stima propria.
♦ È vero: i difetti non ci impediscono la santità, siamo miserabili: uno cade in difetti, si umilia avanti a Dio: vi ha dispiacere; si risolve di non volerlo più commettere. Dio compatisce la nostra fiacchezza.
Ma se poi uno sta attaccato a qualche peccato, Dio non lo può sopportare. Questo non andrà mai innanzi, non si farà mai santo, andrà sempre indietro, e ne uscirà dalla Congregazione.
♥ Il fine della nostra Congregazione è di renderci simili a Gesù Cristo, umiliato, povero, e disprezzato. A questo tendono tutte le Regole; e questo è stato il fine principale.
Onde chi non si mette in capo questo, non solo non andrà mai avanti, ma andrà sempre addietro addietro.
♦ Stima propria? questa maledetta parola di “stima propria” ha rovinato e rovina tanti secolari, tanti Preti, tante case religiose e ne manda tanti in Purgatorio, ed anche all’inferno.
Alcuni portano quel passo: il mio onore. Primariamente questo s’intende dell’onore dovuto a Dio; secondariamente si ha da intendere dell’onore di Gesù Cristo: l’onore di Gesù Cristo è stato di essere disprezzato, umiliato.
♦ Ora se si introducesse, che Dio non voglia, in Congregazione questo spirito di stima propria, meglio sarebbe che si distruggesse la Congregazione: ed io ne prego sempre Dio, che la faccia distruggere, che introdurre questi sentimenti così pestiferi.
♥ La stima nostra deve essere farci cenere, essere posti sotto i piedi di tutti, essere svergognati per Gesù Cristo. Questo è l’esempio che ci ha lasciato Gesù Cristo.
(S. Alfonso, Sentimenti di Monsignore, 63-69)
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