I grandi santi della storia della Chiesa
Sant’Alfonso de Liguori
“Contribuì in modo notevole all’edificazione del regno di Cristo nei cuori e nella società”. (San Giovanni Paolo II)
Il 1° agosto abbiamo festeggiato sant’Alfonso de Liguori.
Personalità complessa e affascinante, è stato il più grande missionario della Chiesa italiana del Settecento, ma la sua fama è legata anche a un centinaio di scritti religiosi, sia di taglio divulgativo, sia di approfondimento teologico, e – forse soprattutto – alla composizione della più celebre melodia natalizia della tradizione italiana, Tu scendi dalle stelle, derivata dalla sua composizione in napoletano Quanno nascette Ninno (“Quando nacque il Bambino”).
Di lui san Giovanni Paolo II ha detto: «In un tempo non privo di difficoltà e tensioni, contribuì in modo veramente notevole all’edificazione del regno di Cristo nei cuori e nella società. Fu un maestro di vita cristiana».
Papa Francesco, invece,ha rivelato: «A me piace tanto leggere il suo libro Le glorie di Maria, queste storie della Madonna che sempre è il rifugio dei peccatori e cerca la strada perché il Signore perdoni tutto».
Alfonso Maria de’ Liguori nasce il 27 settembre 1696 nella località di Marianella, oggi inglobata nella periferia settentrionale di Napoli. È il primo degli otto figli di Giuseppe, ufficiale di marina, e di Anna Maria Caterina Cavalieri.
I genitori appartengono alla migliore società partenopea e dunque il piccolo viene affidato a precettori per essere educato come si conviene al suo rango.
Studente eccezionale
È un allievo molto promettente, con una straordinaria facilità di apprendimento: ad appena 12 anni si iscrive all’Università di Napoli e, quattro anni dopo, si laurea in Giurisprudenza. Visto, però, che fino ai 20 anni non può esercitare l’attività di avvocato, Alfonso approfitta del lungo periodo di “attesa” per dedicarsi alla vita sociale e religiosa con grande intensità.
In questo figlio così brillante il padre Giuseppe ha riposto tutte le speranze di vedere crescere il prestigio della famiglia, perciò inizia presto a cercargli una fidanzata adeguata per valore e posizione. Ma c’è un problema… Alfonso non vuole sentire ragioni: non vuole sposarsi, ma consacrarsi a Dio. Con gran soddisfazione, dunque, assiste ai fallimenti del padre nel tentativo di trovargli una moglie.
Un’altra vita
Nel 1723 avviene l’episodio che, secondo alcuni storici, costituisce uno spartiacque nella vita di Alfonso. Giovane avvocato, subisce una pesante sconfitta in tribunale, e questa circostanza lo porta ad allontanarsi dalla vita vissuta fino a quel momento, dagli amici e persino dal padre, che rifiuta di accettare le scelte del figlio.
L’anno successivo, Alfonso si iscrive alla congregazione dei Missionari di Propaganda, perché il suo desiderio è quello di evangelizzare, come continua a fare anche dopo essere stato ordinato sacerdote, nel 1726. Chiama a raccolta i fedeli – soprattutto i più umili – e spiega loro il Vangelo con parole semplici.
Alfonso, però, non si limita a predicare. Dedica il suo tempo agli abitanti dei quartieri più poveri della città, e, mentre pensa a un futuro in Oriente, partecipa a volte all’attività missionaria nelle varie località del Regno di Napoli.
Per questo, nel maggio 1730 viene mandato a Scala, vicino ad Amalfi; l’anno dopo da qui si sposta nelle terre tra Basilicata, Puglia e Calabria colpite da un fortissimo terremoto. L’impegno per quelle popolazioni, fatto di aiuto materiale e di conforto religioso, è talmente intenso e faticoso che Alfonso finisce per ammalarsi gravemente. È quasi in fin di vita quando gli viene ordinato di prendersi un periodo di riposo.
I “redentoristi ”
Torna così a Scala dove, nello stesso 1731, fonda con alcuni compagni la Congregazione del Santissimo Redentore. Scopo dei “redentoristi” è di imitare Cristo con la preghiera e l’apostolato.
Dopo qualche resistenza, Benedetto XIV (Prospero Lambertini) approva la Regola della Congregazione nel 1749.
Nel marzo 1762, Clemente XIII (Carlo della Torre di Rezzonico) nomina Alfonso vescovo della diocesi di Sant’Agata dei Goti, un paese di montagna con abitanti poveri e bisognosi di tutto. Lui vorrebbe rifiutare l’incarico, ma accetta, convinto com’è che la volontà del Papa sia la volontà di Dio e non senza avere pregato il Pontefice di pregare per lui e per la sua anima.
Umilissimo Vescovo
Nella nuova diocesi, di cui assume la guida mantenendo la carica di rettore maggiore della congregazione, Alfonso arriva con l’umiltà che lo contraddistingue: nessun ingresso trionfale, niente monili preziosi, paramenti recuperati dal predecessore…
Nei dodici anni a Sant’Agata dei Goti, Alfonso svolge un lavoro prezioso, soprattutto durante la terribile carestia del 1764, ma è tormentato da problemi di salute. È straziato dai dolori dell’artrosi deformante e cerca più volte di rinunciare al vescovado: ci riuscirà solo nel 1775, quando ha 79 anni, è sfinito dalla malattia ed è ormai quasi cieco.
Sollevato dalle responsabilità di vescovo, si ritira nella casa dei redentoristi a Nocera dei Pagani (una comunità nel salernitano che copriva una parte dell’agro nocerino e oggi è divisa in diversi comuni), dove continua quell’opera missionaria che ha caratterizzato tutta la sua esistenza governando la congregazione e pregando.
Dottore della Chiesa
Dodici anni dopo, il 1° agosto 1787, Alfonso de’ Liguori si spegne. I funerali sono celebratiin forma solenne e vi partecipano migliaia di persone di ogni condizione sociale.
Beatificato da Pio VII (Barnaba Chiaramonti), viene canonizzato da Gregorio XV (Alessandro Ludovisi) il 26 maggio 1839, e nel 1871, a soli 84 anni dalla morte, Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti) lo proclama Dottore della Chiesa, mentre Pio XII, papa Pacelli, nel 1950, lo nomina Patrono di tutti i confessori e moralisti.
♦ Si ringrazia Padre Salvatore Brugnano,
curatore del sito www.santalfonsoedintorni.it