246. S. Alfonso. Corpi scelti di soldati.
Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)
246. S. Alfonso. Corpi scelti di soldati.
- Un Capitano di Cavalleria e primario Gentiluomo in S. Agata, presiedeva al Reale formale di Caserta. Essendo capitati alcuni Commedianti in S. Agata, si era ritenuta una di quelle donne chiamata la Curfiotta, perché di Corfù.
Lo scandalo era grande ed era d’incentivo alla gioventù morigerata. Anche con questo Alfonso si ritrovò in gravi cimenti. Non avendo il Capitano fatto profitto colle paterne ammonizioni, ne diede parte alla Reggenza dell’Infante D. Ferdinando. L’Ufficiale fu mortificato e la donna sfrattata da S. Agata.
Dopo poco tempo se ne morì la sventurata mangiata da vermi in una stalla. Anche a capo di poco tempo morì in Napoli il Capitano. In quello stato riconoscendo e piangendo il suo trascorso, spirò ringraziando Iddio e Monsignore della tanta carità, che gli aveva usato. - Non minore fu l’imbarazzo in cui Alfonso più volte si ritrovò con i cosiddetti Fucilieri. Risiedendo questi in Montesarchio, spesso si portavano nella terra di Moiano creando gravi disordini. Vi fu specialmente un tal Francesco Giordano, che non lasciava zitella da tentare, e che di giorno e di notte andava insidiando l’onore per le case più onorate. Avendo ritrovata salda una povera figlia, strapazzandola, la ferì anche con un colpo di stilo sulla testa.
Questi tanti disordini facevano sperimentare ad Alfonso una continua agonia. Subito fece capo al Principe della Riccia, essendo Moiano suo Feudo. Scrisse ancora una lettera di fuoco al Comandante D. Emanuele Solajoles. Tali furono le sue premure, che nessuno dei Micaletti vide più quella terra. - Un altro Fuciliere, perché Gentiluomo del medesimo Casale di Moiano, col pretesto di portarsi in casa sua, fuggì dalla medesima terra con una giovanetta, facendone abuso. Lacrimando la povera madre ricorrette da Monsignore. Pianse anch’egli in sentirne l’eccesso, e all’istante, coi sentimenti i più dolorosi, ne diede parte in Montesarchio al Comandante. Questi ricevette la lettera nell’atto che stava a tavola. Chiama nell’istante all’ubbidienza il Fuciliere, lo disarma, e per lungo tempo lo tenne in arresto. Dà la libertà alla zitella; e riscrivendo a Monsignore disse: “Il Fuciliere non vedrà più casa sua”. Infatti più non la vide..
(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 58). – Leggi tutto nell’originale.