S. Alfonso. Cautela e misericordia con i recidivi

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26. S. Alfonso. Cautela e misericordia con i recidivi.

Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)

26. S. Alfonso. Cautela e misericordia con i recidivi.

♦ Cautela e sommo ritegno Alfonso inculcava, incontrando abituati, o recidivi. Diceva: “Con questi tali badate ad alzar la mano. Il loro pianto (se si vedono piangere), è anche ingannevole. Piangono non per odio al peccato; ma piangono per strappar l’assoluzione, e per cominciar da capo.
♦  Voleva bensì, che non si spaventassero, o si licenziassero di mala grazia. Diceva un giorno: “Io stento più a mandarne uno senz’assoluzione, che assolvere dieci ben compunti. Se si spaventano e si fanno vedere indegni delle divine misericordie, invece di emendarsi, disperati si imperverseranno nel mal fare”.
Inculcava doversi abbracciare questi disgraziati, commiserarli, e far loro conoscere lo stato infelice in cui sono: che si animassero alla confidenza; e far vedere, che si può superare il mal abito colla grazia di Dio e di Maria Santissima. Ripeteva ai sacerdoti Alfonso: “Se non li trattate così e non vi fate carichi del loro stato, mal volentieri essi vedranno differita l’assoluzione, né si risolveranno a mutar vita”.
♦  Alfonso biasimava il costume di taluni, che sentendo un peccato grave nell’apertura della Confessione, subito inarcano le ciglia, ed anziché attirare il Penitente, lo disanimano. Non approvava sul principio veruna correzione, ma che si fosse dimostrato affabilità e dolcezza, animando il Penitente a vomitare le sue colpe; e che fatta la Confessione, si fosse ripreso, e fatto carico del suo stato: “ma sempre in spirito di dolcezza, per così far accettare con piacere la giusta penitenza”.
♦  Similmente non poteva soffrire il fare di taluni, che, prevedendo una coscienza imbrogliata, l’evitano e rifiutano di ascoltarla con pretesti. Alfonso stimava ciò come “la massima iniquità”.
Voleva che a ognuno, che si credeva scellerato e non meritar l’assoluzione, gli si dessero i mezzi per riaversi, e rimandarli caritativamente. Sopratutto insinuava animarsi questi tali a far ritorno da esso medesimo, ed accoglierli, ritornando, con tutta amorevolezza.
E si notava sul suo volto il compiacimento, quando vedeva specialmente i nostri giovani andar in cerca di anime imbrogliate, offrirsi ed esser impegnati in aiutarli.

(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Secondo, Cap. LV).
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Diceva Alfonso un giorno: “Io stento più a mandarne uno senz’assoluzione, che assolvere dieci ben compunti. Se si spaventano e si fanno vedere indegni delle divine misericordie, invece di emendarsi, disperati si imperverseranno nel mal fare”.