S. Alfonso. Carestia: lo stratega della misericordia.

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64. S. Alfonso. Carestia: lo stratega della misericordia. 

Incontri di S. Alfonso con la Misericordia di Dio
(seguendo le sue biografie)

64. S. Alfonso. Carestia: lo stratega della misericordia.

♦ Non si era alla fine di Novembre 1763 che quasi improvvisa la carestia si spiegò in tutto il Regno.
Non è da credersi in quali afflizioni si ritrovò Alfonso, vedendosi accerchiato da sterminata quantità di tanti e tanti poveri.
Mancato il pane in piazza, tutti ricorrevano dal comun Padre; e nel gran salone dell’Episcopio si vedevano quattro/cinquecento poveretti ginocchioni, che piangendo cercavano pane, e tra questi anche persone che prima vivevano del proprio.
Allarga la mano alla carità e cerca consolar tutti. Disse alla servitù: “Non fate, che taluno se ne vada scontento, quello che cercano, è roba loro”.
♦ Nel tempo stesso si raccomanda ad amici benestanti per grano e per legumi. Dalla Cerra [Acerra] ebbe, ma a caro prezzo, cinquanta tomole di fave. Fece capo anche in Napoli al Fratello D. Ercole, ritrovandosi in quel tempo uno dei Reggenti della Città. Non essendo ancora Napoli in estremo, ricevette quantità di grano, ancorché a sei ducati il tomolo.
♦ Non fu scontento Alfonso; ma non capiva in se stesso, vedendosi in stato di poter soccorrere i suoi cari Santagatesi. Fattosi carico dello stato lacrimevole in cui era la Città, vedevasi tutt’occhi, indagando per mezzo dei Parroci, dei Sacerdoti, e di altre persone probe, i rispettivi bisogni.
Aveva fatto formare un tabellone in sala, e vi aveva notato per alfabeto le famiglie bisognose con tanti laccetti. Come i poveretti venivano, tirandosi il laccetto, si consolava rispettivamente ognuno con una porzione di fave, o altro legume, corrispondendo alla famiglia con un tanto di danaro.
Segretamente e con delicatezza, aveva in nota tante case che maggiormente sperimentavano gli effetti della penuria, che o non potevano farsi strada in piazza tra la folla del popolo, o che vergognosi non avevano il coraggio presentarsi a palazzo.

(Tannoia, Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori – Libro Terzo, Cap. 19)  Leggi l’originale.

Negli ultimi tre giorni di Carnevale, volendo allontanare il Popolo dagli spettacoli, il vescovo Alfonso soleva esporre il Santissimo Sacramento alla pubblica adorazione. E Dio, gradendo un tal culto, vi concorreva con una speciale misericordia.
Al sopraggiungere della carestia, nel gran salone dell’Episcopio si vedevano 400/500 poveretti, che, piangendo ginocchioni, cercavano pane. Alfonso disse alla servitù: “Non fate che taluno se ne vada scontento, quello che cercano, è roba loro”.