Ribera Emmanuele redentorista

P. Emmanuele Ribera (1778-1875) – Italia.

Il ven. P. Emmanuele Ribera nacque a Molfetta, il 2 marzo 1811, da genitori di illustre discendenza, devotamente religiosi. Custodì la grazia della fanciullezza nel ritiro dagl’infantili trastulli, nella serietà dei primi studi, nella profondità di una preghiera continua e interiore.
Dié prova di coraggio nella scelta della vocazione, nell’ambiente del noviziato e nelle aule dello studentato; passò quegli anni nel seminario cittadino, nel chiostro di Ciorani, nel deserto di Deliceto, con un rigore tale da essere già riconosciuto quale «un vero santo» che si educava all’altare.

Il 14 marzo 1835 fu ordinato sacerdote, e presto iniziò il suo apostolato con la cura spirituale degli uomini della Congrega di S. Alfonso in Pagani. Passò successivamente, per varie predicazioni e missioni, da Nocera Inferiore a Molfetta, a Montecorvino, a Cava dei Tirreni, a Salerno, Gragnano, Amalfi…

Assistendo i colerosi del 1836 in Pagani, riportò un grave e prolungato morbo che interruppe il suo apostolato. I Superiori lo richiamarono subito dalla fatica delle missioni, e lo destinarono alla cura dei novizi, per sei anni; poi gli affidarono la cura delle anime nella nostra chiesa di S. Antonio a Tarsia, in Napoli.

Una sua missione particolare fu la diffusione dei buoni libri. L’aveva appresa negli incontri spirituali e filiali con il beato Vincenzo Pallotti elevato recentemente dalla chiesa agli onori dell’altare.
Dagli autori, scrittori, editori e tipografi napoletani procurò stampe, richiese pubblicazioni nuove e traduzioni, curò ristampe; e volle la legatura resistente ed elegante. Il signor Giuseppe Murino afferma che «il servo di Dio giunse a distribuire un numero di libri non inferiore ad un milione ».
Eppure, da ben trentadue anni soffriva di una grave forma di broncopolmonite causa di frequenti emottisi e ricadute mortali.
I suoi scrupoli erano così assillanti che perfino il confessore lo cacciava dalla stanza. Alle sue mortificazioni e penitenze si unirono, non rare volte, le fustigazioni a sangue da parte del demonio.

Come S. Alfonso, suo padre Fondatore, dové subire il dolore di trovarsi fuori Congregazione dal 1862 al 1874, a causa della soppressione. « Bisogna offrire a Dio ciò che domanda al presente: – scriveva – dimorare tranquillamente fuori Congregazione… In certi momenti la propria volontà si risente…, tuttavia bisogna che muoia, senza respingere la mano invisibile che batte e distrugge».
E morì solo, non compreso, senza gli ultimi sacramenti, perché non vollero credere alla sua fine. Gli imposero di prendere un bicchiere di latte che non gradiva: «Signore, – esclamò – volete quest’ultimo sacrificio? eccomi pronto! ». E rese il suo spirito a Dio.
Era l’8 novembre 1874. I suoi resti riposano nella chiesa dei Redentoristi a S. Antonio a Tarsia, in Napoli.

P. Mario Gagliardo
S. ALFONSO, anno 1953, pag. 50.

Il ven. P. Emmanuele Ribera, redentorista originario di Molfetta (Bari), sin da giovane visse una vita intensamente spirituale, tale da essere già riconosciuto quale «un vero santo» che si educava all’altare.

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Profilo tratto da
Nella luce di Dio, Redentoristi di ieri.
del P. Francesco Minervino, Pompei 1985

P. Emmanuele Ribera, assistendo i colerosi del 1836 in Pagani, riportò un grave e prolungato morbo che interruppe il suo apostolato missionario. I Superiori quindi lo destinarono alla cura dei novizi e poi gli affidarono la cura della chiesa di S. Antonio a Tarsia, in Napoli, dove egli svolse la sua missione particolare: la diffusione dei buoni libri.
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Ciorani (SA) - La stanza del P. Ribera, ricostruita a ricordo degli anni trascorsi in questa Casa come Maestro dei Novizi.
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