Fratello Gennaro Rendina (1707-1789). – Italia.
Fratello Gennaro Rendina (1707-1789).
Questo santo fratello sortì i suoi natali nella città di Napoli il dì 28 Settembre 1707.
Scrivendo S. Alfonso al Sacerdote Di Viva in Napoli dice: «Dite alla casa di Rendina che il loro Gennaro sta contento, ed io l’ amo come un mio fratello».
Dalla data di questa lettera del 7 giugno 1734, dico meglio del 15 Luglio, appare che si sia ritirato di buonora in Congregazione.
Il Rendina fu ricevuto come corista, ma dopo due anni, perché il Vescovo non volle ordinarlo, asserendo di avere assai sacerdoti, il povero giovane si fece fratello laico per non separarsi da S. Alfonso e dalla Congregazione.
«Quando entrai nella Congregazione, diceva Fratel Gennaro Rendina, il P. Alfonso mi disse: Fratello, vuoi farti santo? se sì, che tu sia il benvenuto; se no, ritorna di dove tu vieni».
Ed aggiunge: «E quando mi lamentavo con lui delle mie pene e dolori, non lasciava mai di rispondermi: “Oh! fratello mio, tu non vuoi dunque farti santo?”». Questo pensiero di S. Alfonso fu il pensiero fondamentale del noviziato.
Il 5 marzo 1736 S. Alfonso, P. Rossi e Fratello Gennaro Rendina fecero il loro ingresso solenne a Ciorani su poveri asini mal bardati. Terminata la cerimonia, il Barone Sarnelli invitò i missionari al palazzo per riposarsi delle loro fatiche, e diede loro per Ospizio due stanzoni in una parte rovinata del palazzo; ma vedendoli poi troppo ristretti, cedé loro due altre stanze, separate dalle prime da un passaggio scoperto; di più, una di queste due stanze aveva al disotto una taverna, e l’altra una prigione. Possiamo facilmente immaginare quanto questo vicinato favorisse lo studio e il raccoglimento.
La mobilia era più che povera, il cibo più che frugale… Ma che altro cercavano S. Alfonso e i suoi compagni in quest’umile villaggio se non la povertà e la mortificazione di Gesù Cristo? Iddio degli altari si degnava di abitare con loro in questa nuova Betlem: di che cosa avrebbero essi potuto lamentarsi?
Nel mese di giugno 1755 S. Gerardo, parlando con Fratello Gennaro Rendina, che era uno dei suoi più cari confratelli per essere il più anziano di professione tra i fratelli laici della Comunità di Materdomini e anche della Congregazione, e per il suo vivere in grande esemplarità, gli annunziò, come cosa certa, la sua vicina morte, e che sarebbe morto abbandonato. (Lett. 1- 40; Berte, 214 a 235).
La sera del 15 ottobre 1755, verso le due della notte si intese S. Gerardo ripetere: «Dio mio, dove sei? Fammiti vedere». E rivolto al Fratello Gennaro Rendina ed al Fratello Carmine Santaniello disse: «Aiutatemi ad unirmi con Dio».
Richiesto poi dal Fratello Carmine se mai avesse qualche scrupolo; rispose con enfasi: «Che scrupolo, che scrupolo andate trovando?
Ed a fratello Gennaro che soggiungeva: «Fratello Gerardo mio, noi ci abbiamo voluto sempre bene: quando sarai avanti a Dio ricordati di me»; con tenerezza amabilmente rispose: «E vorrò io dimenticarmi di voi? ».
Intanto, perché nessuno credeva vicina la morte di S. Gerardo, la Comunità dopo l’ esame della sera andò al riposo, restando a guardia dell’ infermo il fratello Saverio D’Auria, il quale lo vegliò attentamente. Verso le 4 o le 5 Gerardo svenne. Subito che si riebbe, si turbò; e tutto agitato esclamò con impeto: «Presto, presto, Fratel Saverio, caccia questi milordi da qui. Che vanno facendo questi due guappi?». Il fratello infermiere capì che si trattava di demoni colà convenuti.
Ritornata la pace su la sua fronte, esclamò: «Ecco la Madonna, facciamole ossequio».
Non molto prima S. Gerardo era stato onorato da un’altra apparizione di Maria SS.ma, perché si era di presente acceso in volto, ed accennando col dito a un canto della stanza, aveva detto al Fratello Andrea D’Antona (+1822) che l’ assisteva: «Guarda, Fratello, guarda quanti abitini stanno attorno alla stanza!» – S. Gerardo ebbe sempre grandissima devozione alla Madonna del Carmine, e quindi molto zelò la propagazione del santo scapolare.
Mezzora prima di morire S. Gerardo richiese d’un poco d’ acqua al fratello Saverio, il quale andò subito a cercarne. Tornato nella stanza, udì Gerardo mandare un profondo sospiro, il che lo rese avvertito ch’era entrato in agonia.
Subito allora volò a destare il P. Ministro. Questi, accorso, trovò Gerardo già boccheggiante, e mentre gli dava l’ultima assoluzione, l’anima di lui spiccava il volo al cielo.
Al fare del giorno, 16 Ottobre, si volle annunziare col funebre suono delle campane la dipartita di lui dalla terra; il Fratello Carmine Santaniello, invece di suonare a morto, suonò a festa, come nei giorni di maggior solennità. A tale inattesa dimostrazione, Fratello Gennaro Rendina corse a rimproverarlo; ma quegli confessò di non aver potuto resistere a certo interno impulso, che lo spingeva a così operare.
Fratello Gennaro Rendina morì vecchio di 81 anni dopo 56 di Congregazione.
Fratel Andrea D’Antona stava a Villa degli Schiavi col superiore P. Mazzini, e P. Cesare Sportelli. Morì a Deliceto il 12 novembre 1822.
Iscrizioni dei Ritratti che sono a Pagani:
«Frater Januarius Rendina Napolitanus, unus ex primis fratribus C. SS. R. virtutibus clarus obedientia, religione, patientia, regulari observantia, clarior erga SS. Eucharistiae Sacramentum, Virginemque Dei Matrem Mariam clarissimus. VII die primi mensis, A.D. 1789 in Domu Juramensi, dulciter, obdormivit in Domino, aet. 81 an. ageus. Congr. 56.
Fratello Gennaro Rendina, napoletano, menò sempre vita innocente e dedita alla pietà. Visse tra di noi oltre 40 anni e fu esempio luminoso di preghiera, di obbedienza e d’ ogni altra virtù. Morì a Ciorani il giorno dopo l’ Epifania del 1789, in grande fama di santità, confermata dal cielo con segni veramente straordinari.
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Profilo tratto da
Biografie manoscritte
del P. S. Schiavone – vol.1
Pagani, Archivio Provinciale Redentorista
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