Redentoristi secondo San Clemente_2

Essere Redentorista secondo lo spirito di San Clemente Hofbauer
di P. Hans Schermann, cssr
(Ritiro nella Casa di S. Alfonso, 13 dic. 2008)
Parte seconda

Clemente Maria Hofbauer – l’ “homo apostolicus”

 Sommario della seconda parte

  • 0. Hofbauer – homo apostolicus
  • 1. Apostolo di Varsavia
  • 1.1 “La Missione Perpetua”
  • 1.2 Prediche e Catechesi
  • 1.3 E la Musica
  • 1.4 Celebrare il culto divino “con tutti i sensi”
  • 1.5 Confessioni e Consulenza pastorale
  • 1.6 Assistenza spirituale per gli ammalati
  • 1.7 Scuole e Orfanotrofio
  • 1.8 Collaboratori

Hofbauer – Homo apostolicus
Clemente Hofbauer porta il titolo onorifico di “Apostolo di Varsavia”. Però non solo questa città, ma anche molte regioni della Germania meridionale e della Svizzera hanno provato la forza della sua dedizione apostolica e non ultima la città di Vienna. Egli era un genio pastorale.

In occasione dei 250 anni della sua nascita, nel 2001, abbiamo fatto un gran simposio per i Redentoristi del Nord Europa e per le comunità delle Monache del Santissimo Redentore. Ci fu anche un’interessante relazione della dottoressa Annamaria Fenzl, storica, direttrice dell’archivio diocesano di Vienna e segretaria del Cardinale König. Parlando allora del padre Hofbauer, disse più volte: «Hofbauer era un uomo che sapeva con sicurezza profetica cosa bisognava fare ogni volta, in ogni singolo caso; e lo fece».
Molto tempo prima di lei, nel 1803, il Nunzio Apostolico di Vienna Antonio Severoli in una lettera lo aveva chiamato “vir apostolicus”, uomo apostolico (MH V 32).

Hofbauer era un uomo animato da una grande “caritas apostolica”.
Ma che cosa ha fatto, dove e come ha esercitato la cura d‟anime? Chi erano gli uomini o i gruppi di uomini, ai quali aveva rivolto la sua sollecitudine pastorale?
Una cosa è stata chiara: lui, Hübl e i suoi confratelli a Varsavia e poi in Germania e in Austria non potevano predicare le missioni come i Redentoristi nel Regno di Napoli o nello Stato Pontificio; neanche potevano fare settimane di predicazione o dei corsi di esercizi spirituali. Tutto ciò in quei paesi era stato proibito per legge e reso impossibile per la ragion di stato basata sull’Illuminismo.
Così Hofbauer e i suoi amici erano costretti a inventare e provare altro.

1. Apostolo di Varsavia

1.1 “La Missione Perpetua”
È noto che Hofbauer e Hübl a Varsavia cominciarono presto una “Missione perpetua”. Usando questo termine, Clemente voleva costruire un ponte con suoi confratelli in Italia per spiegare meglio che cosa volevano fare a Varsavia. Questa “Missione perpetua” era naturalmente qualcosa di diverso delle missioni popolari italiane.
La maggior parte di voi conosce probabilmente il programma di questa Missione perpetua nella chiesa di San Bennone, posso quindi fare a meno di descriverlo nei particolari. Esso era altamente intenso, con molte Messe, prediche, funzioni non liturgiche, inviti alla confessione e possibilità di colloqui personali.
Le autorità politiche ed ecclesiali di Varsavia suggerivano moderazione e imponevano restrizioni. Anche il Superiore Generale p. Blasucci avanzò alcune riserve. Hofbauer però difese il suo lavoro e quello dei suoi confratelli: «Per quanto riguarda le frequenti esortazioni al popolo e le riunioni, queste devono prendere il posto delle Missioni, e in parte supplire ciò che non si può fare nelle Missioni, che non si possono predicare senza l’esplicito consenso del Governo politico, consenso che da sette anni non è stato concesso, eccetto in quest’anno e unicamente per una chiesa parrocchiale di questa città. […] E questo consenso si è potuto ottenere soltanto con grandissime difficoltà e con il falso nome di Istruzione pubblica del popolo, infatti il nome di Missione è completamente abominevole agli orecchi del magistrato acattolico» (MH VIII 89). 

1.2 Prediche e Catechesi
È stupendo quanto si è predicato in San Bennone: in tedesco, polacco e, spesso, anche in francese: “Quanto alle prediche e alle conferenze in lingua polacca, all’inizio naturalmente si ponevano dei problemi: Hofbauer e Hübl erano di madrelingua tedesca. Hofbauer informò espressamente il Generale quando Hübl fece la sua prima predica in polacco (è stato l’ultimo giorno dell’ottavario della festa del Santissimo Redentore del 1800”(MH VIII 88).
Ma essi si sapevano arrangiare: invitarono presto i loro studenti polacchi a fare catechesi e discorsi. E fu bene così. Certo, all’epoca non sapevano delle norme restrittive del diritto canonico di oggi. Meno male!

1.3 E la Musica
L’elemento più importante della “Missione perpetua“ erano le funzioni sacre (in tedesco al plurale “Gottesdienste”, servizi divini), cioè le Sante Messe e funzioni non liturgiche (in tedesco al plurale: “Andachten” = Devozioni).
Hofbauer teneva molto ad una celebrazione solenne. E per questo dava grande importanza alla musica. “Dopo la soppressione di San Bennone si fece un grande inventario della casa e della chiesa. Si trovò fra l’altro un lungo elenco di letteratura musicale e delle musiche eseguite in San Bennone” (MH XVI 155-157). Lì troviamo opere di Bach, Beethoven, Haydn, Haendel, Salieri e Mozart, che all’epoca, in parte, erano compositori contemporanei!
Mi meraviglio come Hofbauer sia riuscito, in quei tempi di guerra, a fare arrivare queste opere musicali a Varsavia. L’orchestra ed il coro sotto la direzione del P. Karol Jestershein (1765-1844) devono essere stati abbastanza bravi perché più volte furono invitati in altre chiese per abbellire le loro feste e celebrazioni.
Di solito ai cantanti ed orchestrali dopo una esecuzione viene offerta una colazione; p. Jestershein, che era anche economo, in una lettera si rammarica di non poter procurare qualcosa da mangiare per tanta gente.

In linea di principio, l’uso (la messa in scena) di musica sacra (polifonia) fu criticata da parte del Governo Generale e, probabilmente, anche da alcuni confratelli.
Ci si riferisce ad una lettera al Superiore Generale p. Blasucci.
Hofbauer, il 1° ottobre 1801, gli rispose: «In particolare Vostra Paternità disapprova che nella nostra chiesa si celebrano frequentemente Messe cantate e in musica. Qui bisogna osservare e conoscere l’indole delle nazioni. E così succede che a causa della loro diversità anche in questo campo gli uni si differenziano dagli altri; per cui, per esempio, una cosa che conferisce la massima soddisfazione spirituale ai popoli meridionali, non solo non fa lo stesso effetto sulle popolazioni del Nord, ma diventa addirittura motivo di scandalo; e viceversa. Le nazioni del nord per loro natura sono portate al canto; non è facile trovare qualche nazione dell’oriente, del meridione e dell’occidente simile a loro in questo genere. Dall’antichità sono abituati a raccontare con canti le storie patrie ed anche la stessa dottrina cristiana: essi imparano recitando e cantando ritmicamente in versi i singoli capitoli» (MH VIII 88).
Hofbauer spiega poi nella sua lettera che a San Bennone la gente che si trova in chiesa per la santa Messa comincia spontaneamente a cantare per accompagnare la celebrazione del sacerdote. E difende ancora le Messe cantate (polifoniche): «Non si pensi che in queste regioni avvengano, a causa della musica, delle sconvenienze simili a quelle osservate da stranieri, non senza scandalo, a Roma e in altre città d’Italia. Questa è la verità: quanto più solennemente la Messa è celebrata e quanto più si bada all’armonia degli strumenti tanto più il cuore si riempie di devozione e lo spirito gode le elevazioni».
In queste “Messe cantate” non si troverebbero mai delle manifestazioni tipiche del teatro, come per esempio: stare seduti, voltando le spalle all’altare, per guardare i cantanti e gli orchestrali (che si trovano dietro in alto, accanto all’organo); o applaudire alla fine – chi lo facesse, dalla gente sarebbe subito scacciato dalla chiesa.

Questi erano i pensieri e i ragionamenti di Hofbauer. Cosa avrebbe detto Sant’Alfonso di queste argomentazioni? Certo, erano altre le sue esperienze con la “musica sacra” (e quella eseguita in chiesa)! Il Generale P. Blasucci non disse più niente: Clemente locuto (Clemente ha parlato), causa finita.

1.4 Celebrare il culto divino “con tutti i sensi”
Hofbauer ha attribuito grande valore all’ambiente in cui si celebrava il culto divino: la chiesa doveva essere bene ed abbondantemente adornata di fiori, le vesti per la messa (pianeta, dalmatica ecc.) e le suppellettili liturgiche dovevano essere preziose e ben curate; dovevano essere accese molte candele; certamente tutto questo in modo graduale, distinguendo i giorni feriali da quelli festivi.
Ci dovevano essere nella chiesa quadri dipinti e statue. Tutto questo in contraddizione con le abitudini dell’epoca, orientate, dopo la pomposità del Barocco, verso la sobrietà.
“La liturgia deve essere celebrata con tutti i sensi”. Hofbauer ne era profondamente persuaso: l’occhio deve aver qualcosa da vedere, l’orecchio qualcosa da udire, e il cuore qualcosa da amare, il che lo fa ridere e piangere.

1.5 Confessioni e Consulenza pastorale
Insieme al culto divino i Redentoristi di san Bennone dedicavano molto tempo ed energia alle confessioni dei fedeli ed ai colloqui pastorali (oggi forse si direbbe: alla consulenza pastorale), sempre seguendo la pratica pastorale dell’epoca.
In queste attività potevano collaborare anche quei giovani francesi che erano approdati alla comunità di Varsavia; prima di tutti il padre Joseph Passerat.

1.6 Assistenza spirituale per gli ammalati
La pastorale per gli ammalati, anche negli ospedali e nei lazzaretti, era cosa ovvia per i Redentoristi di Varsavia. C’erano allora tanti ospedali con molti feriti da curare. Le guerre non cessavano mai.
Questo servizio era pericoloso per il contagio del tifo o di altre malattie. Un anno, in pochi giorni, la comunità perdette tre confratelli; ed anche p. Thaddäus Hübl fu vittima del suo impegno nella pastorale degli ammalati: morì di tifo il 4 luglio 1807.

Per assicurare il pane agli orfani San Clemente non esitava a chiedere personalmente l'elemosina. Un giorno in una botola riceva uno sputo in faccia: "Questo è per me! Ora datemi qualcosa per i miei orfani! E le offerte non mancarono!

1.7 Scuole e Orfanotrofio
Ma la liturgia e le altre celebrazioni erano solo una parte dell’attività pastorale di Hofbauer e dei suoi confratelli a Varsavia. Anche l’attività socio-caritativa si estese sempre di più. Hofbauer e la sua comunità hanno investito molte forze e molto denaro a Varsavia nelle scuole e nella direzione di un orfanotrofio.
Essi gestivano una scuola per ragazzi. Questa ha avuto il riconoscimento delle autorità politiche e, in parte, ha ricevuto anche dei sussidi finanziari. Fondarono inoltre una specie di scuola professionale per ragazze, la prima di questo tipo a Varsavia.
I Redentoristi conducevano la gestione di un orfanotrofio. Erano tanti gli orfani, perché molti padri furono uccisi nelle guerre napoleoniche e in altre guerre; e le madri morirono di fame o perdettero la vita per altre cause: sopravissero solo “gli orfani“!
Per tutte queste faticose imprese, che ebbero come conseguenza un forte indebitamento finanziario, Hofbauer e i suoi confratelli non ebbero alcuna “copertura alle spalle” da parte della tradizione redentorista – sappiamo infatti quanto Alfonso de Liguori e, più tardi, anche i Capitoli Generali si sono opposti ad un impegno dei Redentoristi nelle scuole e negli istituti di formazione.
Hofbauer lo sapeva bene, ma egli difendeva la sua attività contro la critica del Governo Generale: “Se noi non manteniamo scuole, qui non abbiamo alcuna chance!” Non ha mai ricevuto aiuto finanziario dalla “Provincia madre”.

Hofbauer è quindi un dissidente? No! Primo: già il Capitolo Generale di Scifelli del 1785, capitolo presieduto dal padre Francesco de Paola, ha inserito fra le attività pastorali della Congregazione anche quella svolta nelle scuole. E, indipendentemente da questo, Hofbauer vide la miseria ed i bisogni dei bambini e non chiese a lungo se qui poteva fare qualcosa: ha semplicemente fatto ciò che nella situazione gli era richiesto.
Una curiosità: l’onorificenza chiamata “Maria-Theresien-Orden” veniva conferita proprio quando un (lodevole) successo (risultato positivo) era stato raggiunto per voluta inosservanza di un comando.

1.8 Collaboratori
Ecco un’altra caratteristica di Hofbauer: nonostante avesse una spiccata personalità e per quanto fosse autonomo nelle decisioni, lui non era un “lottatore solitario”; cercava sempre di trovare “commilitoni”, collaboratori. Anche nella pastorale.
È interessante sapere che egli voleva che gli venissero in aiuto come collaboratrici le Monache del Santissimo Redentore. Scrisse al riguardo al Superiore Generale p. Blasucci (12 giugno 1793) pregandolo di fargli avere il “compendium statutorum nostrarum monialium”, cioè il testo dei loro statuti, insieme all’immagine del loro vestito. E domandò “quale fosse lo scopo del loro istituto e della loro vocazione, e quali fossero gli impegni principali“ (MH VII 37).
Il 31 marzo 1802 chiese di nuovo le Costituzioni delle Suore (VIII 99). E il 10 luglio 1802 comunicò che una candidata si stava interessando dell’Ordine (Louise Adelaide de Bourbon Condé: VIII 100s). Il 27 gennaio 1803 ripetette le richieste (dal Monte Tabor, a Jestetten in Germania: VIII 104).
Hofbauer desiderava avere nel Nord Europa l’Ordine delle Monache del Ss. Redentore perché gli sembrava importante a causa dell’affinità spirituale con i Redentoristi: egli pensava a un loro impegno da assistenti nella cura d’anime (nell’educazione delle ragazze). Ma non ebbe mai una risposta alle sue richieste; così dovette abbandonare l’idea delle suore.

Hofbauer ha fondato anche una cosiddetta “geheime Gesellschaft”, una “società segreta”, una associazione formata di collaboratori nella cura d’anime: erano gli “oblati”. Ciò che contrassegnava questa associazione era l’accentuazione quasi esclusiva dell’apostolato dei laici come compito principale degli oblati. Il loro scopo era la difesa della Chiesa, della fede e della morale contro le nocive correnti del tempo; la santificazione personale invece va intesa come mezzo ed esigenza preliminare (così Johannes Hofer nella sua biografia di Hofbauer, a pagina 87). L’allora Nunzio Apostolico in Polonia, il cardinale Litta comunica nel 1803 che questa comunità era abbastanza diffusa.
Questa associazione ha avuto inizio prima del 1788, appena i missionari del Santissimo Redentore ebbero la chiesa e la casa nella città di Varsavia. Da allora, per via di parecchi viaggi fatti dallo stesso padre Hofbauer, il sodalizio fu propagato, dall’anno 1795 fino all’anno 1802, anche in Germania, a tal punto che un buon numero di oblati si possono trovare in Slesia, Moravia, Boemia ed anche in Svevia, Austria, Carinzia e persino nella Selva Nera ed in Svizzera (MH II 53).
Ma anche a Varsavia il numero degli oblati doveva essere stato notevole. Hofer afferma: “Fu alla congregazione degli Oblati che Hofbauer dovette per la maggior parte i grandi successi della sua opera pastorale. Furono presto presenti in numerose famiglie della città di Varsavia e in tutti i ceti sociali. Gli hofbaueriani continuavano a lavorare secondo i piani di Hofbauer là dove lui stesso non poteva arrivare“ (Hofer, S. 87; MH II 53).

“Come mezzo principale per promuovere il bene, gli oblati avevano il dovere di divulgare buoni libri. Sebbene Hofbauer stesso non abbia mai preso la penna come autore di libri, non aveva certo nessun dubbio sull’importanza della letteratura e della stampa. I suoi confratelli a San Bennone dovevano diligentemente lavorare per redigere traduzioni e nuove edizioni di sicuri libri ascetici. Il Santo osò perfino il tentativo di erigere a San Bennone un piccola tipografia” (ibid.). 

1.9 Pastorale nei Santuari
Cercando la possibilità di una fondazione, Hofbauer da Varsavia si recò spesso nella Germania meridionale. Così insieme a un gruppo di suoi confratelli arrivarono a Triberg, un santuario, luogo di frequenti pellegrinaggi, situato nella Foresta Nera. Egli era affezionato alla cura d’anime da svolgere in questo santuario. Ma non potettero rimanere lì a lungo.
Un’altra sosta di breve durata di Hofbauer e dei suoi amici fu quella vissuta a Babenhausen in Baviera. Anche qui operarono con grande zelo e con molta adesione del popolo tanto che il parroco di Weinried poteva dire: “Datemi quattro Hofbauer per il pulpito e quattro Passerat per il confessionale ed io convertirò interi regni”.

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Per il suo apostolato San Clemente chiedeva ed otteneva collaborazione da laici di ogni estrazione sociale.

(Dal Bollettino della Provincia Redentorista Romana, 2010 maggio)

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