24 marzo – Quar.32 – Nel mistero di Cristo paziente
O Cristo che hai sofferto per noi, lasciandocene l’esempio, fa’ che io segua le tue orme (1 Pietro 2, 21).
• Ti ho fissato, o Cristo crocifisso, ti ho visto offrirti vittima al Padre per le anime e raccogliendomi in questa grande visione della tua carità, ho compreso la passione d’amore della tua anima e voglio donarmi come te!
Quanto mi rallegro pensando che da tutta l’eternità siamo ‘stati conosciuti dal Padre e che egli vuole ritrovare in noi la tua immagine, o Cristo crocifisso. Oh, come la sofferenza è necessaria perché si compia nell’anima l’opera di Dio! Dio mio, tu hai un desiderio immenso di arricchirci delle tue grazie, ma siamo noi che ne fissiamo la misura, nella proporzione che ci lasciamo immolare da te, immolare nella gioia, nel rendimento di grazie, come il Maestro, dicendo con lui: « Non berrò il calice che il Padre mio mi ha preparato? ». O Maestro, l’ora della passione tu la chiamavi « la tua ora », quella per la quale eri venuto, l’oggetto di tutti i tuoi desideri!
Quando mi si presenta una grande sofferenza o un minimo sacrificio, voglio pensare immediatamente che è la mia ora, l’ora in cui devo dispormi a dare la prova del mio amore a te, Signore, che mi hai « troppo amato ».
(Elisabetta della Trinità, Lettere 112; 272).
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• O dolcissimo Gesù, quali pensieri ti indussero al patire e quale ‘immensa carità avesti nella tua Passione! Ma dimmi, Gesù mio, non potevi ricomprare l’uomo e salvare l’anima mia senza tanto eccesso di amore, con pena più mite e con affetto più moderato? O dolori ineffabili del mio Signore, o amore costante, invitto, incomprensibile. Gesù mio, quando ti potrò riamare quanto devo e bramo?
È certo che per l’avvenire sarà necessario che vivendo sempre muoia… e tuttavia quanto io posso patire in questa vita è sempre meno di quanto spetta alle mie colpe, Anzi è questa la croce di tutte le croci, il dolore di tutti i dolori, l’avere offeso te, mio Dio.
Gesù, mio unico amore, non mi abbandonare; trattami in questa vita come ti piace e con quante croci vuoi: eccomi rassegnato ad ogni tuo volere. Ti chiedo soltanto di non permettere mai che, peccando, mi separi dalla tua grazia.
(B. Enrico Susone, Dialogo d’amore 5‑6 . 17, Vita ed op. p 132‑4 . 156)
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da “Intimità divina”
Roma 1992