20 marzo – Quar.28 – Forza sanante e vivificatrice
O Signore, potente verso di noi è la tua grazia; la tua fedeltà perdura in eterno (Salmo 117,2).
• Sii tu benedetto, o mio Creatore e mio Signore! Non ti sdegnare se io parlo a te come un ferito parla al medico, come uno che soffre parla a colui che lo può consolare, come un povero al ricco provvisto abbondantemente di ogni bene.
Il ferito dice: O medico, non disprezzare me, che sono ferito, perché tu sei mio fratello. O tu, che sei il consolatore più buono, non disprezzarmi perché sono nell’ansia, ma dona al mio cuore il riposo e concedi ai miei sensi la consolazione.
Il povero dice: O tu, che sei ricco e di nulla hai bisogno, guarda a me, che sono molto indebolito dalla fame; rivolgi a me il tuo sguardo, perché sono nudo, e donami delle vesti affinché io possa riscaldarmi.
Perciò, così io ti supplico: O Signore, onnipotente ed ottimo, io guardo attentamente le piaghe dei miei peccati, dai quali sono stata ferita fin dall’infanzia; io piango perché il tempo è trascorso inutilmente. Le forze mie non sono sufficienti per sostenere la fatica perché si sono esaurite nella vanità.
E poiché tu sei la fonte di ogni bontà e misericordia, ti scongiuro di aver pietà e misericordia, ti scongiuro di aver pietà di me. Tocca il mio cuore con la mano del tuo amore, perché tu sei il medico ottimo; consola la mia anima perché tu sei il consolatore buono.
(S. Brigida, Le celesti rivelazioni p 368)
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• Ponimi, o mio Dio, nella nudità in cui si gusta il tutto, fammi lo spirito e la memoria vuoti di tutto il creato affinché io gusti solo te… o meglio non ti gusti, ché questa è parola sensibile, ma sia in quel vuoto, in quel nulla aspro, solenne, misterioso in cui è il tutto che sei tu, cui l’anima aspira e geme per unirsi.
O mio Dio, io non so dirmelo, ma io muoio dalla sete dell’unione e io so che solo in purezza tu ti unisci…
La tua parola mi resta martellante nell’aníma: « non portate nulla », e io sento di portare troppo e questo mi dà una tristezza che sarebbe disperazione se io non sapessi che tu poi soccorri in misericordia chi ti cerca.
(G. Canovai, Suscipe Domine p 320‑I)
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da “Intimità divina”
Roma 1992