10 marzo – Quar.18 – Il padre e i figli
«Padre, ho peccato …; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio» (Lc 15, 21).
· Qual Dio è come te, che perdoni l’iniquità e passi sopra l’empietà… non sia tenace a lungo nella sua ira, ma ami piuttosto la misericordia? Torna ad aver pietà di noi, Signore, a metterti sotto i piedi le nostre iniquità; getta negli abissi del mare tutti i nostri peccati. Mantieni la tua fedeltà… la tua misericordia… come giurasti ai nostri padri fin dai giorni antichi.
(Michea 7, 18‑2o)
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· Chi sono io e come sono? Quale malizia non ebbero i miei atti, o se non gli atti, le mie parole; o se non le parole, la mia volontà? Ma tu, o Signore, sei buono e misericordioso; con la tua mano esplorando la profondità della mia morte, vuotasti dal fondo l’abisso di corruzione del mio cuore. E così io non volli assolutamente più quello che volevo io, ma volli quello che volevi tu.
Io ti amerò, Signore, ti renderò grazie e confesserò il tuo nome, poiché mi hai perdonato malvagità e delitti così grandi. Attribuisco alla tua grazia e alla tua misericordia il dileguarsi come ghiaccio dei miei peccati; attribuisco alla tua grazia anche tutto il male che non ho commesso.
Cosa io non avrei potuto fare, se amai persino la colpa in se stessa? Eppure tutti questi peccati, e quelli che di mia spontanea volontà commisi, e quelli che sotto la tua guida evitai, mi furono rimessi, lo confesso.
Quale uomo conscio della propria debolezza osa attribuire alle proprie forze il merito della castità e dell’innocenza che serba, e quindi ti ama meno, quasi che meno abbia avuto bisogno della misericordia con cui condoni i peccati a chi si rivolse a te?…
Dovrà amarti altrettanto, anzi più davvero di me, poiché vede come da tanta prostrazione di peccati io mi libero ad opera di Colui che… in tanta prostrazione di peccati non lo lasciò avviluppare.
(S. Agostino, Confessioni IX, 1, l; 11, 7, 15)
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da “Intimità divina”
Roma 1992