26 novembre = Il Signore è il mio pastore
O Signore, tu ristori l’anima mia… prepari davanti a me una mensa (Sal 23, 3.5).
• O Signore, chiedendoti il fervore, ti chiedo tutto ciò di cui posso aver bisogno e tutto ciò che tu puoi darmi: è infatti il culmine di ogni dono e di ogni virtù e condizione di autentica e piena vita spirituale.
Ad ogni virtù il fervore conferisce fascino e grandezza, mentre continuamente la protegge e la rende più pura. Chiedendoti il fervore ti chiedo energie spirituali autentiche, coerenza e perseveranza; ti chiedo la forza di rinunziare a tutti i motivi umani e il puro desiderio di piacere a te; ti chiedo la fede, la speranza e la carità nel loro grado più alto.
Chiedendoti il fervore, ti chiedo che tu mi liberi dalla paura degli uomini e dal desiderio delle loro lodi; ti chiedo il dono della preghiera perché essa mi può consolare; ti chiedo una leale consapevolezza del mio dovere, che derivi da un amore generoso per te; ti chiedo santità, pace e gioia.
Chiedendoti il fervore ti chiedo lo splendore dei cherubini, la fiamma d’amore dei serafini e la purezza dei santi. Chiedendoti il fervore, sintesi di tutti i doni, ti chiedo tutto ciò che mi manca. Se appena avessi il fervore del cuore, nulla costituirebbe per me un ostacolo, nulla sarebbe difficile.
Mio Dio, chiedendoti il fervore è te che chiedo, nulla meno di te, che ti sei donato a noi completamente. Penetra nel mio cuore con la tua essenza e con la tua persona e, riempiendolo di te, riempilo di fervore. Tu solo puoi colmare l’anima dell’uomo e tu stesso ne hai assunto l’incarico. Tu sei la viva fiamma che sempre arde di amore per l’uomo: entra nel mio intimo e accendilo, perché come te possa ardere di amore.
(J. H. Newman, Maturità cristiana p 278)
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• O nutrimento senza sapore! O sapore senza gusto! O gusto senza cibo! O cibo d’amore del quale sono nutriti gli angeli, i santi e gli uomini! O cibo beatifico, chi ti gusta non sa che bene esso sia! O vero cibo che soddisfi il nostro appetito, tu estingui ogni altro appetito!
Chi gusta di questo cibo si stima beato, essendo ancora in questa vita nella quale tu, o Dio, non ne mostri che una piccola stilla: se tu ne dimostrassi un poco di più, l’uomo morrebbe in quell’amore tanto sottile e penetrante, e lo spirito se ne accenderebbe così che il debole corpo ne sarebbe consumato.
O celeste amore, o amore divino,… io resto vinta e superata!
(S. Caterina da Genova, Dialogo, Opere p 185)
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da “Intimità divina”
Roma 1992