12 maggio – Tempo Pasquale – La preghiera di Maria
O Maria che hai custodito nel cuore i misteri del Figlio tuo (Lc2,19. 51), insegnami a vivere in continua preghiera.
• O Vergine fedele, tu resti notte e giorno in un profondo silenzio, in una ineffabile pace, in una divina orazione che non cessa mai, con l’anima tutta inondata dagli eterni splendori. Il tuo cuore come un cristallo riflette il Divino, l’ Ospite che l’abita, la Bellezza che non tramonta.
O Maria, tu attiri il cielo ed ecco il Padre ti consegna il suo Verbo perché tu ne sia la Madre, e lo Spirito d’amore ti copre con la sua ombra. A te vengono i Tre, è tutto il cielo che s’apre e si abbassa fino a te. Adoro il mistero di questo Dio che s’incarna in te, Vergine Madre.
O Madre del Verbo, dimmi il tuo mistero dopo 1′ Incarnazione del Signore; come passasti sulla terra tutta sepolta nell’adorazione… Custodiscimi sempre in un abbraccio divino. Che io porti in me l’impronta di questo Dio amore.
(Elisabetta della Trinita, Composizioni poetiche 78. 87).
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• O Maria tu sei la creatura dell’attenzione interiore, del perfetto silenzio, dell’intero e consumato ascoltare.
Ti sei fatta povera e umile nel duro lavoro di ogni giorno: sei vissuta laboriosamente nel tempio, affaticata e stanca nella povertà di Betlemme, ti trascinasti povera nelle vie della terra, conoscesti le amarezze e le fatiche del quotidiano lavoro, ma nulla ti separò mai dall’attenzione interiore, dal continuo colloquio interiore, dal silenzioso e continuo ascoltare.
Tu sei la creatura dell’intenso e consumato ascoltare… Ascoltasti la parola del grande annunzio e la ricevesti discreta e serena; ascoltasti i canti degli Angeli sulla culla del tuo Unigenito e li accogliesti umile e lieta; ascoltasti la parola dell’esilio e la seguisti confidente e paziente; ascoltasti la parola che tracciava sopra di te il vasto segno della Croce e l’accettasti forte e generosa; ascoltasti dal Signore la dura parola che non comprendesti e la chiudesti nel tuo cuore, in silenzio, come una gemma preziosa e la difendesti contro tutte le cose della terra, proteggendola con un velo di amarezza accorata e rassegnata insieme in cui si diffondeva già la indicibile tristezza del Calvario.
Tu non perdevi una delle parole… del Figlio, non perdevi una delle parole che pronunziava internamente lo Spirito che t’aveva fatta feconda dell’infinito mistero dell’ Incarnazione. Le ascoltavi e le raccoglievi tutte, o con la sollecitudine devota della figlia verso la grande parola del Padre, o con l’intimità discreta di una sposa verso la parola accesa dello Spirito, o con la tenerezza amorosa della madre verso le parole dolcissime del Verbo fatto in te carne della tua carne.
(G. Canovai, Suscipe Domine p 385‑6).
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da “Intimità divina”
Roma 1992