4 Quaresima, mercoledì – La via della vita.
Signore, tu cambi la sofferenza in festa; la rinuncia in risurrezione di vita (Salmo 30, 12; Gv 5, 29).
• O Signore, essere tuo discepolo significa essere tutto tuo, appartenerti pienamente, esserti perfettamente unito, formare con te una cosa sola, non vivere più, ma essere tu a vivere in noi, significa l’unione perfetta con te. Oh! mio Dio, come devo desiderare di essere tuo discepolo: è la più grande gloria ch’io possa procurarti: « La gloria di Dio è che voi diventiate miei discepoli e portiate frutto »; ed è anche il mio più grande bene…
O Signore, aiutami a fare ciò che per questo è necessario… Rinnegare se stesso per seguirti, che cosa significa? Significa dimenticarsi, fare astrazione da sé, non occuparsi di sé più che se non si esistesse; allora non si ha più né interesse, né tornaconto, né gusto, né volontà, né altro; si cessa di essere, non ci si occupa minimamente di sé… ci si dimentica completamente.
Ma, o Signore, se non cerco più il mio bene, non cercherò allora assolutamente più nulla?… Questo cuore, questa mente vuoti di sé, resteranno così vuoti?… No, nemmeno per un istante. Se mi vuoto di me è per essere riempito di te, Dio mio; se mi dimentico di me è per non pensare più ad altro che a te.
(C. De Foucauld, Meditazioni sul Vangelo, Op. sp. p 231).
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• O Signore, il cristiano è un tuo seguace. $ assistito dalla tua grazia, ma col tuo esempio, gli è necessaria la sofferenza. Signore, un religioso, un sacerdote, un cristiano deve essere l’amico della croce. Camminando nella tua luce, terrò continuamente presente il pensiero che quaggiù non abbiamo né tempo né posto per cercare la soddisfazione e il piacere.
Muovendomi da cristiano verso l’eterna felicità, non riuscirò mai a trovare la felicità in questa valle di lacrime. Eppure, o caro Maestro, i nostri pensieri a volte son confusi; stiamo nell’aspettativa per trovare qualche compiacenza personale, per sentire paroline di lode, per godere un pochino di stima, per ottenere qualche amicizia nel nostro ambiente, per gustare qualche consolazione o qualche dolcezza nella preghiera.
Signore, dammi la consolazione e la soddisfazione, se servono alla mia salvezza, ma soprattutto dammi l’amore e il gusto della mortificazione e della croce.
(E. Poppe, Intimità spirituali p 16‑7)
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da “Intimità divina”
Roma 1992