2 Quaresima, martedì – mercol – Dicono e non fanno
Signore, dammi l’intelligenza della tua parola e l’osserverò con tutto il cuore
(Salmo 119, 34).
• Dice il Signore: «Perché pretendi di parlare dei miei precetti, di avere sulle tue labbra la mia alleanza, tu che detesti la disciplina e ti getti dietro le spalle le mie parole?… Hai fatto tali cose, e io ho taciuto; hai pensato che io fossi come te. Ti rimprovererò e ti porrò davanti i capi d’accusa »…
Chi offre un sacrificio di lode mi glorifica; a chi ha una condotta integra mostrerò la salvezza di Dio.
(Salmo 50, 16‑17 .21 .23).
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• Signore, tu hai creato gli esseri spirituali che, secondo la loro natura, dovevano partecipare alla tua beatitudine. Ma la risposta che essi ti diedero fu di ribellarsi. Molti tra gli angeli dapprima, e poi anche tra gli uomini si sono levati contro di te per servire ad un altro ideale.
Perché ci hai creati, se non per farci felici? Forse che creandoci avresti potuto aggiungere qualcosa alla tua beatitudine? E come possiamo essere felici, noi, se non servendo a te? Eppure abbiamo preteso di diventare felici in un modo diverso da quello voluto da te: ti abbiamo lasciato per farci una nostra felicità.
Mio Dio, quale contraccambio noi uomini, ed io in particolare, ti diamo col peccato! Che orribile mancanza di riconoscenza è la nostra!
Tu hai su di me dei diritti: ti appartengo completamente, mio Dio. Tu sei il Creatore onnipotente; io sono opera delle tue mani e tua proprietà… l’unico mio dovere è di servirti.
Riconosco, mio Dio, di avere finora dimenticato tutto questo e di continuare a dimenticarlo. Innumerevoli volte ho agito come se fossi padrone di me stesso, comportandomi da ribelle, cercando non la tua ma la mia soddisfazione.
Tanto mi sono indurito da non accorgermi più del mio errore, da non sentire più l’orrore del peccato, da non odiarlo più e da non temerlo come dovrei. Il peccato non produce in me né avversione né ripugnanza: al contrario, invece di indignarmene come di un insulto arrecato a te, mi permetto di scherzare con esso e, pur non peccando gravemente, mi adatto senza grave difficoltà a mancanze più lievi.
Mio Dio, quanto sono paurosamente diverso da quello che dovrei essere!
(J. H. Newman, Maturità cristiana p 299‑300).
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da “Intimità divina”
Roma 1992